Referendum Turchia, Erdogan vince di misura ma l’opposizione grida al broglio

Recep Tayyip Erdogan ha vinto. Il referendum costituzionale sul presidenzialismo, voluto dal leader turco, ha spaccato la Turchia ma, alla fine, il vantaggio accumulato dal “Sì”, apparso rassicurante già alcune ore fa, ha confermato la vittoria: secondo i dati diffusi da Andalou, infatti, la percentuale dei favorevoli alla riforma sarebbe attorno al 51%, mentre i “No” si fermerebbero al 48%. Sono stati 55 milioni i cittadini chiamati alle urne nei vari seggi della Turchia (per un’affluenza dell’84%), mentre un altro milione e più (1,3) ha espresso il proprio parere in terra straniera. Una quota che, in un referendum senza quorum e a maggioranza semplice, costituisce un apporto fondamentale. L’affluenza alle urne della popolazione emigrata ha toccato la cifra record del 43%. Gli scrutini per questa parte della popolazione sono ancora in corso: spogliate, finora, il 30% delle schede.

Erdogan: “Popolo incamminato verso il futuro”

Erdogan ha votato nel pomeriggio, in una scuola media di Istanbul. Con la sua vittoria, in sistema di maggioranza semplice, la sua permanenza al potere potrebbe prolungarsi praticamente a vita, protraendo il suo ruolo alla guida del Paese in una sorta di superpresidenzialismo (con ridimensionamento anche dei ruoli del parlamento), addirittura fino al 2034: “Questa è una scelta per il cambiamento e la trasformazione del sistema amministrativo – ha spiegato ai cronisti presenti all’uscita del seggio -. Dio volendo, questo pomeriggio il nostro popolo si incamminerà verso il futuro attraverso la scelta che ci aspettiamo venga fatta”. Durante le votazioni, 8 persone ricercate sono state arrestate dopo essersi recate nei rispettivi seggi elettorali, tra le province di Adana, Malatya e Trebisonda. Secondo quanto riportato, 5 di loro sarebbero ricercati in quanto sospettati di intrattenere legami con il Pkk curdo, mentre i restanti 3 sarebbero affiliati alla presunta rete golpista di Fethullah Galen. Un grave episodio di violenza si è registrato nella provincia di Diyarbakir, dove tre persone sono morte a seguito di uno scontro a fuoco avvenuto appena fuori la sede di un seggio. Ad avviare la sparatoria, stando a quanto riportato, sarebbe stato il figlio del capo villaggio di Yabanardi, tratto in arresto assieme al fratello. La discussione sarebbe stata dovuta a divergenze politiche.

I dubbi dell’opposizione

E’ in via di definizione, dunque, l’attesissimo referendum costituzionale turco, accompagnato da una campagna di promozione infuocata, in Turchia come nei Paesi esteri. Particolarmente calda, nelle scorse settimane, la situazione nei Paesi Bassi, con i quali si è sfiorato uno scontro diplomatico dopo il divieto imposto da L’Aja al ministro, Mevlut Cavusoglu, di tenere comizi in territorio neerlandese. Una situazione speculare si era registrata anche in Germania, dove la comunità turca gode di un’alta percentuale di immigrazione. Nonostante il netto vantaggio del “Sì”, però, non si ferma il fermento dell’opposizione che, nelle prossime ore, potrebbe rimettere in discussione la legittimità delle votazioni. Secondo quanto riferito, una dichiarazione apparsa sul sito della commissione poco prima della chiusura delle urne, avrebbe riferito del conteggio di alcune schede non timbrate dai funzionari, segnalate da diversi votanti. Tali schede, in passato considerate nulle, sarebbero state comunque conteggiate a seguito del cambiamento delle regole elettorali comunicato dal Consiglio elettorale supremo turco (Ysk), il quale le ritiene valide a meno che non venga provata la loro contraffazione. Una circostanza che, secondo Bulent Tezcan, vicepresidente del partito Chp, il principale all’opposizione, avrebbe “consentito la frode nel referendum”. Le schede contestate sarebbero il 37%.