Parte il progetto per la ricostruzione

Dieci anni per mettersi alle spalle l'incubo della guerra e del terrorismo. L'Iraq guarda al 2027: orizzonte entro cui la ricostruzione del Paese dovrà essere completata, anche grazie agli stanziamenti internazionali. L'obiettivo è stato al centro di un conferenza svoltasi a Kuwait City, alla presenza di politici, diplomatici e potenziali investitori. 

La piattaforma

Per dare fiducia a questi ultimi il ministero della Pianificazione ha messo in piedi una “piattaforma dati della ricostruzione“. Il Segretario generale del Gabinetto del governo di Baghdad, Mahdi Al Alak ha tracciato i principi generali della strategia: “Amministrazione trasparente, scelte condivise, coinvolgimento della popolazione locale e ricostruzione della società nazionale per superare i conflitti e ottenere una pace per una stabilità duratura. Abbiamo una visione chiara per questa nostra missione e la nostra scadenza è per il 2027″. Se l'Iraq, ha aggiunto, “non avesse avuto la guerra con l'Isis, avrebbe indicatori ben più alti oggi per quanto riguarda lo sviluppo sociale“. Con la piattaforma “ogni investitore potrà seguire in diretta, in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo, lo stato del proprio investimento e lavori i lavori fatti”, ha spiegato Hussein Ali Dawood, direttore generale della Pianificazione di Baghdad. “La piattaforma mostra casa per casa la situazione attuale e fornirà gli aggiornamenti in futuro”. 

Il conto

Secono Qusay Abdulfattah, funzionario del ministero della pianificazione di Baghdad, per rimettere in piedi l'Iraq servono 88,2 miliardi di dollari: 22,9 nell'immediato e 66,3 per il medio termine. Il governo ha affidato a un gruppo di oltre mille esperti l'incarico di quantificare i danni, che nelle varie province del Paese sono stati di oltre 45 miliardi, 14 persi dalla Difesa e circa 10 dalle banche e dal settore finanziario. Nel totale i danni superano i 107 miliardi. Di questi, 16 miliardi per le abitazioni distrutte (oltre 147mila). Nel settore del petrolio sono andati in fumo almeno 7 miliardi, e altri quattro tra sanità e istruzione.

Sfollati

Oltre al costo economico della guerra c'è anche quello sociale, legato la numero di sfollati. “Siamo riusciti a fare rientrare nelle proprie case metà degli sfollati – ha spiegato Al Jumaili -. E contiamo di arrivare all'85% entro il 2018“. A piegare l'economia dell'Iraq però non è stata solo la guerra ma anche il crollo del greggio: “Come sapete la nostra economia si basa essenzialmente sul petrolio e questo negli ultimi anni ha avuto un grande crollo di prezzi che ha avuto pesanti effetti sui nostri bilanci”. Al Jumaili, ricordando il coraggio degli “iracheni che hanno dato la vita per vincere lo Stato islamico“, ha osservato che quella del terrorismo internazionale è una minaccia a tutti gli Stati e che “la stabilità dell'Iraq rappresenta la stabilità di tutta l'area“. L'esponente di governo ha quindi invitato a investire, assicurando che l'amministrazione ha messo in campo diverse strategie per rassicurare gli investitori. “Questa conferenza è il primo passo per ridare speranza al nostro Paese“.