L'attacco di Gandhi contro Modi

E'bastata una lettera di quattro pagine perché Rahul Gandhi confermasse le sue dimissioni. E così, il Congresso nazionale indiano (Inc) ha perso il suo leader. Ma non basta. Nelle pagine della missiva, emerge un'amara analisi del quadro politico indiano: l'India è, infatti, vista come un Paese che arretra dal punto di vista dell’indipendenza delle istituzioni e che sta perdendo il suo pluralismo. La causa, per Gandhi, sta nel Primo ministro indiano, Narendra Modi, tra i maggiori responsabili di tale “frenata”:”La responsabilità è cruciale per la futura crescita del nostro partito. È per questa ragione che mi sono dimesso da presidente del Congresso. La ricostruzione del partito richiede decisioni dure e molte persone dovranno assumersi la responsabilità del fallimento del 2019″ ha scritto. Quale presidente uscente, Ghandi non può indicare un nome. Lo stesso ha, invece, indicato come corretto che fossero altri a sceglierlo: “Il nostro è un partito con un’antica storia ed eredità, una storia di lotta e dignità che rispetto profondamente. È intrecciato nel tessuto dell’India e confido che il partito prenderà la decisione migliore su chi possa guidarci con coraggio, amore e fedeltà“. 

Ghandi vs Modi

Per l'ex leader, la politica del primo ministro e del suo partito (Bjp) è improntata sulla chiusura al dialogo e su campagne d'odio: “Laddove vedono odio, io vedo amore. Quello che loro temono, io l'abbraccio”. Per Gandhi, la posizione del governo è in netto contrasto con l'idea di un'India tollerante, così come contemplata dalla Costituzione: “L’attacco al nostro paese e alla nostra amata Costituzione che sta avendo luogo è concepito per distruggere il tessuto della nostra nazione – aggiunge Ghandi. Nonostante le elezioni lo abbiamo visto come sconfitto, il politico ha assicurato la continuità del suo impegno: “Abbiamo combattuto una forte e dignitosa campagna elettorale. La nostra è stata una campagna di fratellanza, tolleranza e rispetto per tutti i popoli, le religioni e le comunità dell’India. Personalmente ho combattuto il primo ministro, e le istituzioni che hanno conquistato con tutto me stesso. Ho combattuto perché amo l’India. E ho combattuto per difendere gli ideali su cui l’India è stata costruita. Talvolta mi sono battuto completamente da solo, e ne sono estremamente orgoglioso”.

Il giudizio sulle elezioni

Nella lettera, il politico non risparmia le sue riserve in merito alle elezioni, “una battaglia non combattuta ad armi pari” a detta sua, perché non è stata rispettata la neutralità delle istituzioni del Paese. Ghandi non ha mancato di sferzare anche la stampa indiana, il sistema giudiziario e la stessa commissione elettorale. “Non abbiamo combattuto contro un partito politico nelle elezioni del 2010. Abbiamo combattuto invece contro l’intera macchina dello Stato indiano, ogni istituzione è stata schierata contro l’opposizione. Ora è evidente che la nostra amata neutralità istituzionale non esiste più in India”. Sotto accusa, la forza paramilitare di destra, nazionalista indù, cui fa capo il Bjp, che ha, così, raggiunto il suo obiettivo dichiarato: “La conquista della struttura istituzionale del paese”. Per Gandhi prevede che la “conquista del potere si realizzerà con livelli inimmaginabili di violenza e dolore per India” e  a pagarne le conseguenze saranno soprattutto “gli agricoltori, i giovani disoccupati, le donne, le comunità tribali, i dalit e le minoranze”. Gandhi auspica che “la nazione indiana deve unirsi per rivendicare e far risorgere le nostre istituzioni. Lo strumento di questa resurrezione sarà il partito del Congresso. Per svolgere questo importante compito il partito del Congresso deve trasformarsi radicalmente. […] Non sconfiggeremo i nostri avversari senza sacrificare il desiderio di potere e combattere una battaglia ideologica più profonda”.