IL GIALLO DEL TESORO DI GHEDDAFI, SVANITI 13 MILIARDI DI DOLLARI

Non è una storia di pirati ma c’è comunque di mezzo un tesoro. Quello di Muhammar Gheddafi, ex dittatore libico, ucciso nel 2011 durante la rivolta sostenuta dai raid francesi. Un fondo sovrano da 67 miliardi di dollari, diventato protagonista di un giallo internazionale. Alla morte del colonnello circa il 20% del conquibus è sparito, come se non fosse mai esistito. E non parliamo di bruscolini, ma di 13 miliardi di dollari che erano stati affiati alla Libyan Investment Authority (Lia). A dare conto del thriller è stato il presidente “legittimo” di Lia, Hassan Bouhadi, in un’intervista al sito internet “Arabian Business”. Nel 2012 il fondo libico aveva incaricato la società di consulenza statunitense Deloitte di effettuare un’analisi di tutti i suoi asset, inclusi quelli all’estero. La relazione è stata completata nel 2013 e dalle poche notizie al riguardo è trapelato che il valore complessivo della cosiddetta “eredità” di Gheddafi equivale appunto a 67 miliardi di dollari, il 22mo maggiore fondo del mondo. Secondo Bouhadi, tuttavia, gli esperti di Deloitte sono riusciti a valutare solo l’80 per cento del patrimonio totale. “C’è bisogno di più tempo per valutare e verificare” tutti gli asset, ha detto Bouhadi.

La Lia è stato istituita nel 2006 per investire e diversificare le finanze del paese e vanta interessi, tra gli altri, in grandi gruppi tra cui Pearson, General electrics, Vodafone, Unichem, Arancione, Finmeccanica, UniCredit e Siemens. All’epoca delle primavera arabe, tuttavia, il fondo e’ stato spesso utilizzato come linea di credito per gli interessi di Gheddafi. La contabilità della Libyan Investment Authority è sempre rimasta appannaggio dei fedelissimi del colonnello fino all’audit di Deloitte. L’elevata complessità della struttura degli investimenti e gli episodi di corruzione che si sono probabilmente verificati nel periodo che ha preceduta la caduta di Gheddafi rendono molto difficile stimare l’effettivo valore degli asset di Lia.

Il fondo libico ha una partecipazione dell’1,2-1,3 per cento all’interno di UniCredit, ma la quota libica sale almeno al 4 per cento se si considerano anche le azioni di Central Bank of Libya (Cbl), guidata dal governatore Saddek Omar al Kaber. Il presidente “legittimo” Bouhadi ha preso parte alcune settimane fa ai colloqui del premier di Tobruk, Abdullah al Thani, con il premier maltese, Joseph Muscat, e ha rilasciato delle dichiarazioni alla stampa locale in cui ha annunciato la possibilità di investire nell’isola, sottolineando a più riprese la “neutralità” della sua istituzione. “La nostra struttura è immune ai disordini politici in Libia e alle azioni di coloro che cercano di minare il nostro lavoro. Il nostro board rappresenta tutta la Libia e abbiamo continuato a incontrare tutte le parti in causa, sia nel 2014 che nella prima metà del 2015. L’impegno del nostro mandato è molto chiaro e il nostro quadro istituzionale è intatto”.

Dietro queste dichiarazioni si cela una serrata lotta di potere tra le fazioni libiche per mettere le mani sui miliardi del defunto colonnello Muammar Gheddafi. Fino a poche settimane fa, infatti, la leadership di Bouhadi, appoggiato dal governo di Tobruk, era contesa da Abdulrahman Benyezza: è stato quest’ultimo e non Bouhadi a prendere parte all’assemblea di UniCredit del 13 maggio scorso come rappresentante dei soci libici insieme al governatore della Cbl, al Kaber. Se Benyezza ha recentemente rinunciato ad ogni pretesa sulla guida del Lia, il suo predecessore Abdulmagid Breish sostiene ancora di essere il legittimo presidente del fondo, citando una sentenza della Corte d’Appello della Libia. “Sono consapevole che durante la mia assenza altre persone hanno tentato di prendere il controllo del Lia, cercando di sfidare l’indipendenza e la neutralità dell’istituzione. Queste persone hanno creato degli uffici senza autorizzazione e utilizzano il denaro ottenuto illegalmente: prenderemo delle azioni legali contro di loro”, ha detto Breish al “The Telegraph”.

Nonostante le turbolenze in patria, il fondo libico ha presentato due cause multimilionarie contro Goldman e SocGec, rispettivamente del valore di 1,2 miliardi e 2,3 miliardi di dollari. Lia accusa sostanzialmente Goldman di aver ingannato nel 2008 i funzionari libici investendo 1,2 miliardi di dollari in complicate operazioni su derivati, rivelatisi poi senza valore, incassando peraltro lauti compensi per delle consulenze. S