I Repubblicani: “Nessuna prova di collusione”

Nessuna collusione fra i russi e l'entourage di Donald Trump durante le presidenziali del 2016. Una conclusione alla quale la Commissione intelligence della Camera è giunta gettando quelle che di fatto sono le basi per la chiusura dell'inchiesta. Un sorta di paradosso, in quanto l'orientamento della commissione fa eco all'allargamento del filone d'indagine in mano al procuratore speciale Robert Mueller, anche se su binari diversi. Secondo i Repubblicani, i russi avrebbero interferito nella campagna elettorale ma non vi sarebbero prove a supporto della tesi che vuole in questo atteggiamento un favoritismo nei confronti dell'allora candidato Trump a discapito della rivale Hillary Clinton.

Conaway: “Nessuna traccia di collusione”

L'inchiesta della Commissione è durata circa un anno, il tempo necessario per tentare di raccogliere indizi e prove a supporto di quella che, a questo punto, resta solo un'ipotesi legata all'eventuale favoritismo di Vladimir Putin verso l'attuale inquilino della Casa Bianca: “Non abbiamo trovato prove di collusione – ha spiegato il rappresentante Mike Conaway -. Abbiamo trovato forse qualche giudizio negativo, incontri inappropriati ma non abbiamo trovato alcuna traccia di collusione o di qualcosa che le persone stavano effettivamente facendo, oltre a prendere parte a una riunione alla quale non avrebbero dovuto partecipare o trovarsi semplicemente inavvertitamente nello stesso edificio”. Secondo quanto riportato dalle testate americane, il rappresentante Conaway avrebbe affermato che la Commissione ha concluso interrogatori e indagini, preparando un dossier di 150 pagine da consegnare ai Democratici per la revisione.

L'indagine

Per quanto riguarda la posizione di Mueller in merito al Russiagate, nonostante i numerosi indizi raccolti dall'altro filone dell'inchiesta, Conaway non si è espresso limitandosi a specificare che la posizione dell'entourage presidenziale sia limitata a “errori di giudizio” nel partecipare a meeting e incontri con rappresentanti del governo russo. In totale, le persone ascoltate dalla Commissione sono state 73, ivi compresi nomi di spicco dello staff del candidato prima e del presidente poi, come Jared Kushner (consigliere e genero di Trump) ma anche Steve Bannon, suo ex braccio destro e uomo chiave della campagna elettorale del Repubblicano. In sostanza, seppure il governo russo avesse effettivamente interferito in qualche modo con le elezioni, non lo avrebbe fatto comunque per dare il suo sostegno al Tycoon. Ulteriori indizi arriveranno, probabilmente, dal fascicolo d'inchiesta in mano a Mueller.