Caracas piomba di nuovo nel buio

Di nuovo blackout in Venezuela, a 20 giorni dal buio assoluto che cinse Caracas e altre città per diversi giorni, dando adito a sospetti e ipotesi di sabotaggio. Al momento non sono chiare le cause del nuovo incidente ma, secondo quanto riferito dai cittadini via social, almeno una ventina di quartieri della capitale sono rimasti coinvolti, segnalando problemi anche gli Stati di Barinas, Mérida, Vargas, Sucre, Anzoátegui, Aragua, Carabobo, Falcón, Miranda, Nueva Esparta, Lara, Portuguesa, Cojedes, Zuliae Táchira. K.o. anche internet e i cellulari, così come metropolitane, semafori, lampioni e altri mezzi a energia elettrica. Una nuova oscurità che ha dunque avvolto la capitale e altre regioni, riportando il clima in Venezuela a livelli critici per la popolazione.

La questione russa

Un nuovo episodio che si inserisce in un momento di particolare tensione dopo “la recente incursione militare russa in territorio venezuelano” avvenuta, come spiegato dall'Organizzazione degli Stati americani (Osa), senza la necessaria autorizzazione dell'Assemblea nazionale. Un'operazione che, secondo l'Osa, è avvenuta “in appoggio ad un governo illegittimo” e i militari che l'hanno compiuta “sono uno strumento di intimidazione repressiva nel contesto di una transizione democratica guidata dal presidente incaricato Juan Guaidó”. Un episodio che non ha mancato di irritare gli Stati Uniti, con il segretario di Stato Mike Pompeo che si è intrattenuto a lungo al telefono con il ministro degli Esteri russo, Sergeij Lavrov, utilizzando toni stizziti sullo sbarco all'aeroporto di Maiquetia di un Antonov AN-124 e un aereo passeggeri Ilyushin con a bordo 99 persone, comprensive di assistenti militari e di materiale bellico per diverse tonnellate. Un modo di fare che, secondo gli Stati Uniti, rappresenta una continua ingerenza russa in un territorio fortemente instabile come è ora il Venezuela. Non è un caso che, come 20 giorni fa, le autorità venezuelane hanno parlato del blackout come un deliberato attacco per minare ulteriormente l'equilibrio del Paese.