Arabia saudita, oltre le mille frustate il blogger Raif Badawi rischia la pena di morte

Raif Badawi, il blogger saudita condannato a 10 anni di prigione ,mille frustate e 196 mila euro di multa per aver “offeso l’Islam” rischia di essere condannato a morte. E’ stata sua moglie Ensaf Haidar a dare la notizia, parlando al giornale britannico ‘Indipendent’.

Il tribunale infatti vorrebbe riprocessarlo per apostasia, e nel caso in cui l’accusa venga confermata, il codice prevede la pena capitale. Il caso di Badawi, arrestato per aver messo in discussione il ruolo della religione in Arabia Saudita e per aver cliccato “mi piace” su una pagina Facebook di cristiani, costretto a subire 50 frustate a settimana, ha attirato l’attenzione di Amnewsty International e di altre associazioni umanitarie.

La moglie, che da gennaio si è traferita in Canada con i 3 figli, ha dichiarato che le condizioni del marito sembrano aggravarsi sempre di più in quanto dal giorno dell’arresto soffre di una importante ipertensione.

Il giovane 30enne aveva aperto il forum online “Free saudi liberals” nel 2008 e nello stesso anno venne fermato dalla polizia per la prima volta. Rilasciato dopo pochi giorni Badawi verrà ammanettato definitivamente nel giungo 2012 per aver criticato alcune figure religiose.

Il primo settembre 2014 la Corte d’Appello di Gedda ha confermato la condanna definendo i 10 anni di carcere, la multa da pagare e la folle pena di ricevere 50 colpi di frusta ogni venerdì sino al 22 maggio. Pratica che dopo la prima sessione di torture il 9 gennaio è stata momentaneamente sospesa per motivi di salute.

Il XXI secolo definito come l’era della comunicazione in cui attraverso i media e internet il pensiero dell’uomo non ha più alcuna barriera e può giungere in qualsiasi parte del mondo in qualunque momento, permettendo a chiunque di ‘dire la sua’ sembra rivelare un rovescio della medaglia. Al diritto di espressione segue un rigido e capillare controllo di quanto viene “condiviso” e pensato, sino alle estreme conseguenze che imbavagliano, anzi, condannano la libertà di parola.

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