A Minsk si annuncia il cessate il fuoco. Ma l’Alleanza spinge sulle sanzioni

Minsk si è conclusa, il cessate il fuoco è stato annunciato e le sanzioni nei confronti della Russia, secondo quanto affermato dalla Merkel a margine dell’incontro di Newport, potrebbero essere sospese. Ma solo “se la tregua tiene”. All’incontro tenutosi nella capitale bielorussa è stato decretato lo stop delle operazioni offensive e il ritiro delle truppe governative da gran parte delle regioni orientali di Donetsk e Lugansk. Ma anche se la diplomazia ha posto su tavolino una pace che vuole essere duratura, questa notte si sono verificati alcuni scontri sia nella roccaforte civile di Donetsk, in cui sono morte cinque persone, sia nella strategica città di Mariupol.[cml_media_alt id='2638']minsk[/cml_media_alt] Alla riunione di Minsk è stata anche affrontata la risoluzione dei 7 punti posti ieri da Putin per la stabilizzazione dei rapporti con l’Ucraina, tra cui lo scambio di prigionieri e la supervisione internazionale del processo nell’ambito di un piano di pace per tappe che potrebbe uscire dalla riunione.

Nel frattempo il secondo dei due giorni a Newport è andato avanti, e mentre i rappresentanti dell’est Europa si accordavano per la tregua, i leader dell’Alleanza Atlantica riaffermavano con forza il pieno sostegno all’Ucraina con lo scopo di prevenire ulteriori scontri e tensioni: sono state confermate da Ue e Usa le sanzioni contro Putin che, come già spiegato dalla cancelliera tedesca, potrebbero esser sospese nel caso dell’effettivo cessate il fuoco tra i due paesi.  La Nato ha approvato il piano di rafforzamento delle difese dell’Alleanza nell’Europa orientale; secondo quanto si apprende dalle dichiarazioni del segretario generale Rasmussen, la risposta agli attacchi russi include la creazione della già annunciata punta di lancio, includente le cosiddette “spearhead”, forze di intervento immediato che avranno cinque basi-deposito nei paesi baltici Polonia e Romania e che saranno “molto reattive” e di presenza continua sul territorio.

L’unico per ora a ufficializzare il contingente da inviare per dare corpo alla propria partecipazione nella difesa dei paesi ex sovietici è stato il Regno Unito, che ha annunciato la disposizione di 1000 soldati, che equivalgono al circa 25% delle forze totali necessarie.

Il secondo giorno di summit è stato intenso anche per quanto riguarda i rapporti dell’Alleanza con lo Stato Islamico, che proprio oggi ha subito un duro colpo a causa dell’uccisione del suo dirigente, Abu Hajr al Suri. “Siamo uniti nella condanna di questi atti barbarici e questi terroristi devono stare attenti – ha affermato Cameron durante il vertice – le loro minacce otterranno solo il risultato di armare la nostra determinazione per difendere i nostri valori”.  L’Occidente è dunque deciso: l’alleanza contro i jihadisti è assodata e da oggi saranno disponibili forze anche per contrattaccare la fazione estremista mediorientale; a dare il proprio sostegno si è reso disponibile anche l’ayatollah iraniano Khamenei la disponibilità a interagire anche con i militari Usa.

La Nato continuerà a sostenere l’Afghanistan anche dopo il ritiro dei Caschi blu previsto per dicembre, ma la tipologia del suo intervento sarà differente da quella fino ad oggi adottata: la nuova missione non sarà di combattimento, ma di addestramento. A partire dal prossimo anno, infatti, le forze afghane saranno consigliate, assistite ed addestrate, e insieme all’aiuto militare saranno dati anche sostegni di tipo economico, con nuovi impegni finanziari per sostenerle fino alla fine del 2017. Riaffermato anche l’impegno per un paternariato duraturo Nato-Afganistan., che fornirà un quadro di riferimento per le consultazioni politiche e la cooperazione pratica: “E’ già in atto – ha affermato Rasmussen – e siamo determinati a rafforzarlo”.

Gli stati dell’Alleanza si impegneranno a investire di più nella difesa. Chi spende almeno il 2% del Prodotto interno lordo, secondo quanto emerge dalla dichiarazione conclusiva del vertice dellAlleanza atlantica, conferma il livello di investimenti anche per il futuro. Mentre chi attualmente dedica meno del 2% del Pil per la difesa, si impegna “a fermare il calo della spesa”, ad “aumentare gli investimenti in termini reali quando il Pil crescerà” e a “puntare verso il livello del 2% entro dieci anni per raggiungere gli obiettivi indicati dalla Nato e colmare le carenze di capacità dellAlleanza”.