Trivelli: “La società non offre sicurezze sul futuro e i ragazzi scelgono di non scegliere”

L’intervista di Interris.it allo psicologo clinico e sociologo Giulio Trivelli, esperto di dipendenze sull'abuso da parte dei giovani di psicofarmaci senza prescrizione medica

Sempre più giovani e giovanissimi in cerca di un “aiuto” chimico per ottenere un risultato o per raggiungere una condizione che li faccia sentire a proprio agio in un contesto di riferimento oramai globalizzato.  E’ quasi raddoppiata, nel giro di un anno, la percentuale dei ragazzi e delle ragazze tra i 15 e i 19 anni che hanno assunto psicofarmaci senza prescrizione medica, secondo quanto è emerso dallo studio dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc) ESPAD®Italia (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs), condotto nel 2022 su un campione rappresentativo di studenti delle scuole superiori italiane. “Fino agli anni Ottanta l’assunzione di sostanze con un’azione psicotropa poteva essere il tentativo di dare una risposta a un disagio esistenziale, oggi è invece diventata razionale rispetto a uno scopo: prendo una certa sostanza perché in questo momento ho bisogno di compensare quella che ritengo, in quel momento, una mia deficienza, una mia mancanza”, spiega a Interris.it Giulio Trivelli, psicologo clinico e sociologo esperto di dipendenze e disagio giovanile.

I numeri

Quasi l’11% degli adolescenti e dei neomaggiorenni, circa 300mila studenti delle scuole medie superiori, nell’anno appena trascorso ha assunto psicofarmaci senza prescrizione medica, riporta lo studio del Cnr. Nel 2021 era stato il 6,6%. Nella maggior parte dei casi si tratta di farmaci per dormire, seguiti da quelli per l’attenzione o l’iperattività, oltre che da quelli per le diete o per regolarizzare l’umore. La ricerca evidenzia anche l’accessibilità di questi medicinali per i ragazzi. Il 16% degli studenti è a conoscenza dei luoghi dove possono procurarseli: quasi il 50% sa di poterli trovare in casa propria, il 18,7% nell’abitazione degli amici, così come su Internet (29%) o su un mercato fisico.

Nps e smart drugs

Venendo al tipo di psicofarmaci utilizzati al di fuori della prescrizione medica, e quindi senza un controllo, lo studio Espad rileva farmaci per dormire, utilizzati in misura maggiore dalle ragazze (10,8%) rispetto ai loro coetanei (4,9%), quasi il 3% ricorre ai per farmaci per l’attenzione o per l’iperattività e su una simile percentuale si assesta anche l’assunzione di medicine per regolarizzare l’umore e per le diete, anch’esse usate più dalle ragazze (quasi il 4%) rispetto ai ragazzi 1%. “I tempi si evolvono e così anche le sostanze assunte”, continua Trivelli, “l’azione psicotropa è cercata per un uso ‘funzionale’, si vuole un tipo di effetto per l’esigenza del momento. Per questo, i giovani ricorrono alle New psychoactive substances (Nps), tra cui gli psicofarmaci, una commistione di medicine assunte senza prescrizione che si possono trovare anche in casa propria, così come le cosiddette smart drugs, che possono essere vendute legalmente perché non sono presenti nelle tabelle legislative che distinguono tra le sostanze psicoattive e quelle che non lo sono”.

Due grandi dicotomie

A confermare le parole dell’esperto, lo studio del Cnr illustra che l’uso di psicofarmaci senza prescrizione da parte dei teenager – oltre che essere più frequente (dall’1,1% del 2021 all’1,9% del 2022) – è da questi ultimi ritenuto utile per raggiungere uno scopo, soprattutto tra le giovani. E’ infatti diminuita, dal 10% al 5%, l’assunzione per lo “sballo”, mentre quasi la metà del ragazzi (49%) prende questi farmaci per migliorare le proprie prestazioni scolastiche e il 64% per perfezionare il proprio aspetto fisico. “L’offerta farmacologica è talmente tanto raffinata, sottile e specifica che ognuno può andare a cercare quello che ritiene gli ‘serva’ in base a quello che offre il mercato”, sottolinea Trivelli. Lo psicologo poi riflette su quali possono essere i motivi che spingono i giovani e giovanissimi a fare uso di queste sostanze e quali sono gli scopi, i risultati e gli obiettivi a cui si sentono di volere o dovere arrivare. “Oggi Il mondo è polarizzato in due grandi dicotomie: la prima è che tutto quello che poteva essere un asset valoriale, un cardine per la società, è stato completamente messo in discussione, anche lo stesso ruolo del genere umano sul pianeta ora richiede un nuovo modo di pensarsi, un nuovo paradigma di valutazione; la seconda, opposta alla precedente, è una ricerca della perfezione che ha raggiunto limiti che non conoscevamo prima nell’evoluzione della nostra specie”, spiega Trivelli. “Riguardo la prima dicotomia, noi adulti viviamo lo sconcerto di un mondo che cambia mentre per i giovani e i giovanissimi è già questa la loro realtà. La società non offre più assicurazioni sul futuro e loro, nell’infinità di scelte possibili, scelgono di non scegliere, di fronte alla mancanze di sicurezze”, continua. “In merito alla seconda, un’inedita ricerca della perfezione, il cambiamento è avvenuto nei termini di ‘universo di misurazione’”, spiega Trivelli. “Se prima la sana competizione, il confronto, erano contenuti in un universo relativo a quella che poteva essere la percezione di ciascuno di noi, oggi è globale. Se apro Instagram e vedo che una ragazza dall’altra parte del mondo ha decine di milioni di followers, a livello neurocognitivo nel mio cervello scatta un’enorme frustrazione. La nuova ordinarietà è l’essere straordinari, per cui se io sono ‘normale’ non vado bene e allora cerco i modi per diventare a mia volta straordinario”, chiarisce. “Si vogliono raggiungere obiettivi disfunzionali, l’ottenere e il fare superano l’essere”.

L’alleanza tra millennials e Gen Z

Com’è possibile aiutare questi ragazzi e ragazze, per fargli capire che non devono andare a cercare “aiuti” senza alcun controllo per poter raggiungere degli standard disfunzionali? “I giovani non sanno più cosa significhi utilizzare le emozioni come bussole nella vita, hanno chiuso i ‘rubinetti’ delle loro emozioni e tendono all’ipercognitivizzazione”, spiega lo psicologo. “Serve una nuova alleanza sociale tra i millennials, gli adulti nati tra gli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta, e i giovanissimi della Generazione Z, i nati tra la fine degli anni Novanta e la prima decade degli anni Duemila, per svolgere un lavoro incredibilmente facile quando forse il più difficile al mondo: ascoltarli, essere recettivi e restituire loro le competenze emotive”, afferma Trivelli.