#SOSteniamoci. Nessuno si salva da solo. Intervista a Mario Bettucci

Intervista di Interris.it a Mario Bettucci, presidente del Centro di Ascolto e di Prima Accoglienza, organizzazione di volontariato della diocesi di Macerata. "Non abbandoniamo nessuno".

“E’ stato attivato il progetto “#SOSteniamoci: nessuno si salva da solo”. In parallelo agli aiuti arrivati ai comuni per il ‘bonus spesa‘”, spiega a Interris.it Mario Bettucci, presidente del Centro di Ascolto e di Prima Accoglienza. Organizzazione di volontariato della diocesi di Macerata. Si tratta di “un intervento rivolto prevalentemente alle famiglie residenti nel territorio. Oltre ad altre iniziative di singole associazioni poi confluite nello stesso progetto comunale. E sono proseguiti, anche se in forma ridotta, i sostegni alimentari dell’Emporio della Solidarietà della Caritas Diocesana di Macerata”.

“Non si abbandona nessuno”

Il Centro di Ascolto e Prima Accoglienza è un’associazione che nasce nel 1989 a Macerata. Su iniziativa del vescovo di Macerata, monsignor Tarcisio Carboni. E che raccoglie l’ispirazione generata dalla Caritas della diocesi. Per intraprendere un’attività di servizio ai disagiati. Per cercare di offrire un pasto ed un luogo dove trascorrere la notte, vennero prima utilizzati gli ex locali del seminario vescovile. Poi nel 1996/1997 venne ristrutturata una vecchia carrozzeria. Questo locale non permetteva però l’accoglienza di molte persone. Con la caduta del regime comunista sbarcarono in Italia più di 4000 albanesi. E così venne messo a disposizione il campo sportivo di Madonna del Monte. E si riuscì ad ospitare più di 180 senza tetto. L’associazione costituisce un punto di riferimento. Informazione, accoglienza e ristoro. Poi presa in carico e orientamento per una destinazione ulteriore. Per tutti coloro che versano in condizione di grave disagio. Con un obiettivo. Alleviare o sanare le situazioni di difficoltà ed emarginazione. Povertà, ingiustizia e sofferenza.  Negli ultimi anni il Centro ha costituito un servizio di accoglienza. Per donne sole con o senza figli.In Italia si registra  un drammatico aumento della povertà a seguito della pandemia. Come sta vivendo il suo territorio questa situazione? Come il Centro di ascolto e di accoglienza intercetta questo disagio?

“Durante il lockdown abbiamo tenuto chiusi la mensa e l’ascolto in presenza. Dopo il lockdown abbiamo ripreso l’ascolto. Su appuntamento in condivisione con la Caritas Diocesana. In modo da dare risposte più efficaci. Partendo da maggiori risorse disponibili. L’aumento dei bisogni è emerso particolarmente durante il lockdown. In quei mesi abbiamo intercettato telefonicamente le necessità contingenti delle famiglie. In particolare di persone singole e straniere”.E ora?

“Con la ripresa dell’attività quasi ordinaria ancora non siamo in grado di fare un bilancio. Sull’effettivo aumento delle povertà. Prevedendo e auspicando una ripresa delle attività produttive post ferie estive”.Come ha ricordato più volte il Papa, non basta affrontare l’emergenza generale straordinaria. A essa si sommano tante emergenze individuali ordinarie. Nella sua esperienza quotidiana, quali fasce di popolazione sono maggiormente colpite?

“L’emergenza sanitaria nel nostro territorio ha aumentato le problematicità di chi già era in difficoltà. In particolare ha colpito in modo maggiormente critico i migranti. Per esempio i richiedenti asilo fuoriusciti dai progetti di accoglienza. Coloro che sopravvivevano con piccoli lavori in nero. E che nel lockdown non vi potevano accedere. Lavoratori del settore ‘intrattenimento’. Ad esempio dipendenti di locali notturni, anche con figli. Studenti universitari stranieri che non riuscivano a entrare dai loro paesi, anch’essi in lockdown. Nuclei familiari monoreddito in cui la cassa integrazione non è stata versata in tempi adeguati”.Un milione di nuovi poveri in Italia a causa del coronavirus. E’ più difficile trovare risorse per l’assistenza in un quadro di generale impoverimento. O la generosità collettiva aumenta di pari passo con la gravità della situazione?

“La generosità collettiva si attiva nell’immediato. Ma è limitata nel tempo. Perciò in un quadro di generale impoverimento è più difficile trovare risorse per l’assistenza. Le persone sono disposte ad aiutare gli altri in un periodo difficile. Ma la generosità non è illimitata. Vanno costruiti percorsi di accompagnamento. Di fuoriuscita dalle situazioni di povertà contingenti. Quindi servono fondi strutturali (e non ‘una tantum’) utili per una progettualità nel lungo periodo”.Il contrasto ai danni provocati dall’emergenza sanitaria può essere terreno di incontro e sinergia tra le diverse realtà assistenziali?

“Sì, il contrasto all’emergenza sanitaria potrebbe diventare incontro e sinergia. Tra diverse realtà assistenziali. Se gli intenti e gli obiettivi da raggiungere sono gli stessi. Condividendo anche le medesime modalità di aiuto. Non basta dire ‘aiutiamo chi è in difficoltà’. Bisogna anche dire ‘come li aiutiamo’. Un mero assistenzialismo non è utile per fuoriuscire da una situazione di disagio. Può dare supporto per i bisogni primari. Ma non basta per attivare la persona. Per risollevarsi un individuo necessita di un lungo percorso di affiancamento e supporto. A volte faticoso anche per gli stessi operatori”.In che modo la pandemia può essere l’occasione per rafforzare le reti di solidarietà a sostegno delle fasce più deboli della popolazione?

“La pandemia può essere una valida occasione per rafforzare le reti di solidarietà. E’ nelle emergenze, infatti, che si amplifica la sinergia delle risorse messe a disposizione. Diventando maggiormente efficace e fruttuosa. Nell’ordinarietà ognuno cerca di fare il massimo. A volte con risorse limitate”.E nell’emergenza?

“Nell’emergenza con risorse limitate si può fare poco. Ed ecco che quel poco può diventare tanto. Se messo in rete con altre possibilità. Il vero obiettivo sarebbe rendere stabile la rete. E potenziarla nelle emergenze. Ma in linea generale sembra che ogni realtà, anche la più piccola, faccia fatica. Nessuna vuole rinunciare anche ad una parte della propria essenza. Per aprirsi ad un lavoro di rete”.All’interno della sua comunità si sono attivate in pandemia forme di aiuto ai più bisognosi?

“Sì. In piena pandemia sono state attivate forme di aiuto ai più bisognosi. Sia da parte di enti pubblici. Sia da parte di enti del terzo settore. Alcune più strutturate altre più estemporanee. Per il nostro centro abbiamo un piano. In collaborazione con il comune di Macerata e con la Protezione Civile, è stato avviato un progetto chiamato “#SOSteniamoci. Nessuno si salva da solo”.  Grazie ad esso sono stati distribuiti pacchi di viveri. Un aiuto alle persone che si trovavano in difficoltà alimentare”.Può farci un esempio?

“I pacchi sono stati realizzati con prodotti donati dalle persone che facevano spesa. Nei supermercati che hanno aderito all’iniziativa. Questa iniziativa ci ha dato una possibilità rilevante. Intercettare anche quelle fasce di persone che in situazioni ordinarie non avremmo mai incontrato. Perché poste oltre la soglia limite della povertà ma vicine ad esso. L’emergenza sanitaria e di conseguenza socio-economica ha cambiato la situazione. Spostando questi nuclei familiari dentro il limite della povertà relativa”.