Senza sicurezza lavorare uccide

Non una ricorrenza formale, ma un’autentica mobilitazione delle coscienze per “ricordare le vittime del lavoro, facendo memoria per il loro sacrificio e perché gli infortuni sul lavoro siano sempre più neutralizzati da una consapevolezza diffusa di sicurezza. Domenica 13 ottobre viene celebrata in tutta Italia, sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, la 69° Giornata nazionale per le vittime degli infortuni sul lavoro.

Le cifre-choc di un’emergenza dimenticata

599 morti sul lavoro nei primi sette mesi del 2019. Allarme in Lombardia e Puglia. I 50enni sono i più colpiti e nel centro-sud mancano i controlli. La precarietà provoca più infortuni: salgono gli incidenti nei trasporti, nei cantieri e nei campi.  Insomma cresce la strage silenziosa e sempre più aziende in crisi risparmiano sulla sicurezza. L’Inail rende noto che le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’istituto tra gennaio e agosto sono state 416.894 (-0,4% rispetto allo stesso periodo del 2018), 685 delle quali con esito mortale (-3,9%). In aumento le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 41.032 (+2,0%). Nei dati 2018 rientrano le vittime delle tragedie avvenute in Puglia e in Liguria. “Una giornata come questa interessa da vicino Anla (Associazione nazionale lavoratori anziani) anzi è parte della sua quotidianità perché Anla nasce dal lavoro di generazioni di italiani e se ha nelle imprese socialmente responsabili e nel volontariato i suoi pilastri, lo deve anche e soprattutto a quella cultura del lavoro che la permea profondamente”, spiega il presidente nazionale di Anla, il senatore Edoardo Patriarca. Non si può morire ancora di lavoro nel terzo millennio. Non si possono ancora contrarre patologie di origine professionale. La nostra Repubblica, democratica cioè di ognuno di noi, è fondata sul lavoro, e il lavoro fonda la possibilità di una dignità, di una collocazione nella società, di creare famiglia”.

Il senso del lavoro

Che cosa è il lavoro per le donne e gli uomini? “Il lavoro è un progetto della persona, deve essere degno per dare la possibilità alle persone di crescere e di vivere in felicità, è una possibilità di partecipazione alla costruzione del Bene Comune e a far sì che il nostro Paese possa continuare a crescere con coesione e solidarietà, con uno sviluppo sostenibile attento all’ambiente – osserva Patriarca -. Questo è il lavoro. C’è la necessità di regole certe, di normative aggiornate e stringenti per la tutela dei lavoratori, di una strategia globale da parte di più agenzie dello Stato per diffondere la consapevolezza della sicurezza sul luogo di lavoro”. E aggiunge il presidente di Anla: “Nel maggio scorso in un convegno al Senato abbiamo ricordato i nostri 70 anni dalla fondazione con un convegno. Ma non vogliamo retoriche celebrazioni: ricordare significa fare memoria del passato per migliorare il presente e il tema da noi scelto per questa nostra ricorrenza, un nuovo umanesimo per una vita in pienezza, ci spinge a volere sempre di più un lavoro che cambia e migliora la qualità della vita e che non può che essere al centro di un nuovo umanesimo. Il lavoro è per la vita e non può provocare malattie e menomazione alle persone né tanto meno la morte”. Perciò, sostiene Patriarca, “ricordiamo le vittime del Lavoro. Facciamone memoria per il loro sacrificio e perché gli infortuni sul lavoro siano sempre più neutralizzati da una consapevolezza diffusa di sicurezza. Ci vogliono anche testimoni disposti a incontrare le giovani generazioni per trasmettere loro passione e ragione verso il lavoro e i volontari di ANLA sono in questo senso impegnati oggi come allora perché il lavoro sia un sì pieno alla vita e non una concausa di morte”.

Per fare rete contro l’indifferenza

L’associazione nazionale lavoratori anziani d’azienda nasce nel 1949 ed è diffusa su tutto il territorio nazionale. Vi aderiscono anche gruppi aziendali a dimensione nazionale e di realtà industriali grandi e piccole. “Ha come obiettivo primario la tutela della dignità e degli interessi dei lavoratori anziani, una accresciuta valorizzazione del loro ruolo nell'ambito aziendale e della società civile unitamente alla diffusione dei valori spirituali e sociali del lavoro quali la fedeltà, l'esperienza e la professionalità, e opera per rafforzare i rapporti intergenerazionali e fornire servizi di supporto ai propri tesserati favorendone la socializzazione e l’aggregazione – specifica Patriarca -. I campi d'azione di Anla riguardano ricerche, studi, convegni, proposte di legge, petizioni popolari, convenzioni di carattere sanitario, assicurativo, finanziario, commerciale. azioni di volontariato a favore di anziani soli o disabili, consulenza fiscale, pensionistica, condominiale”.  I volontari di Anla sono particolarmente attivi sul territorio nazionale per quanto riguarda il volontariato. Per esempio in Emilia, dove  assicurano il trasporto di persone in attesa di dialisi dall’abitazione all’ospedale di Bologna e viceversa e nelle Marche, dove i volontari effettuano attività di clown-animazione nelle Rsa e nei reparti di oncologia pediatrica della regione.

Le cause del’ecatombe

Sempre più spesso i sindacati denunciano lacune organizzative, strumentali, formative su vigilanza e prevenzione. Asfissiato. Tranciato. Incastrato. Questo è il vocabolario violento e puntuale delle morti sul lavoro. “Venti vittime solo ad agosto. Se si vuole fare una media, sono quasi tre croci al giorno- ricostruisce la Stampa-. Di lavoro si continua a morire, e quest'anno va anche peggio. Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all'Inail tra gennaio e luglio sono state 378.671, di cui 599 con esito mortale. Conteggiati anche i 167 morti nel tragitto casa-lavoro, sono in aumento del 2 per cento”. Salgono di quasi il 3 per cento anche le patologie di origine professionale, con 38.501 denunce. Nel 2018 le vittime sono state 703, oltre 1.450 se si considerano quelli “in itinere”. Più del 10 per cento sul 2017. Quelli dell'Inail sono dati parziali, che da soli non riescono a dare l'idea di quel che accade ogni giorno. “Quello degli incidenti dei cosiddetti rider è un bollettino di guerra, che nessuno tiene- documenta il quotidiano diretto da Maurizio Molinari-. Sono esclusi dai numeri dell’Inail carabinieri, poliziotti, vigili del fuoco, volontari della protezione civile, sportivi, giornalisti e personale di volo. Quanti sono i morti delle forze dell’ordine? Difficile dirlo”. Nell’elenco delle “vittime del dovere” tenuto dal Ministro dell'Interno, si tiene conto solo dei casi in cui si ha diritto a un'indennità. Non a tutti cioè viene riconosciuto un risarcimento. A febbraio di quest'anno il Viminale  ha istituito un osservatorio permanente interforze per monitorare il fenomeno. Ma c’è anche un altro numero, incalcolabile, sommerso. Impossibile sapere quanti sono i lavoratori vittime di infortuni, ma senza un contratto regolare. Tra le battaglie che le associazioni portano avanti da anni, c’è anche quella per eliminare la definizione più odiosa: “morti bianche”. Un incidente mortale è bianco, perché non c’è una mano direttamente responsabile. E invece i responsabili ci sono, e vanno perseguiti e condannati.

I rischi dell’outsourcing

Quando l'economia è in crisi, si muore ancora di più. E’ matematico. Secondo l’Osha, l'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, l’uso di più contratti di lavoro precari, la tendenza verso una produzione snella e il ricorso all’outsourcing (cioè l’uso di imprese esterne per svolgere il lavoro) incidono negativamente sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. “I lavoratori con contratti precari tendono a svolgere i lavori più pericolosi a lavorare in condizioni peggiori e a ricevere meno formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro- attesta la Stampa-. Il presidente dell’Istat, Massimo De Felice due anni fa presentò l’algoritmo della sicurezza: una sorta di bollino blu per le imprese virtuose con un basso indice di infortuni e un alto livello di sicurezza”. Una bella idea. Ma un’infinità di denunce, appelli e propaganda segue la notizia di ogni morte per poi sfumare nel silenzio. Risultati? Pochi, quasi nulli. Si alza la voce, poi si resta in silenzio ad aspettare il prossimo infortunio letale sul lavoro.