Una notte con gli ultimi: il Capodanno “alternativo” dei giovani milanesi

L'intervista di Interris.it a don Marco Fusi, che racconta come i ragazzi della pastorale giovanile della diocesi trascorreranno l'ultimo dell'anno

capodanno
A sinistra don Marco Fusi- Foto di Barbara A Lane da Pixabay

Il Capodanno è un momento molto atteso tra i giovani. Non tutti però optano per la tradizionale festa e in molti decidono di trascorrere la notte di San Silvestro in un modo che può essere definito alternativo, partecipando ad iniziative di preghiera oppure di servizio, alternando momenti di svago e di divertimento ad altri di riflessione.

L’intervista

Interris.it ha intervistato don Marco Fusi, responsabile della pastorale giovanile di Milano che ci ha parlato delle proposte che la sua diocesi ha pensato e offerto ai propri ragazzi per l’ultima notte del 2023.

Don Marco, quali sono le alternative che quest’anno date?

“Per chi vuole trascorre la notte con gli ultimi c’è la possibilità di viverla presso la casa della carità di Lecco, che ospita ragazzi con disabilità e persone in situazioni di povertà. Chi invece vuole un’esperienza di fede e di preghiera c’è il pellegrinaggio di Taizè che quest’anno si terrà a Lubiana, o la possibilità di andare ad Assisi per festeggiare in fraternità con i frati francescani. Un’altra opportunità è quella di trascorrere un capodanno di luce, all’insegna della condivisione e della creatività, a Lignano Sabbiadoro con don Alberto Ravagnani”.

Cosa significa scegliere di trascorre il Capodanno sporcandosi le mani per gli altri? 

“Moltissimo perché offre ai giovani la preziosa opportunità di comprendere di essere un valore importante per chiunque incontrino sul proprio cammino. Le nuove generazioni nutrono il forte desiderio di dare il proprio contribuito a questa umanità e questo donarsi agli altri li fa riconciliare con con se stessi e con la propria vita fatta anche di molte fatiche e di momenti di fragilità”.

Ci sono molti giovani che non riescono a comprendere tutto ciò. Cosa si dovrebbe fare per loro?

“Io credo che tutti i ragazzi sono un po’ combattuti, da una parte vorrebbero fare qualcosa per gli altri, dall’altra sono tirati verso se stessi. Il modo più idoneo per attirare questi giovani, ancora immobili, è l’esempio di tanti coetanei che hanno compreso che la via maestra che porta alla pace interiore è quella di mettersi a servizio dell’altro con luce, chiunque esso sia, e di provare a donare la propria vita”.

Secondo lei che cosa frena un giovane?

“La maggior parte di loro sono vittime di un torpore iniziale dovuto alle pensanti aspettative che la società e gli adulti ripongono sulle loro fragili spalle. I giovani spesso si sentono inadeguati e piuttosto di agire e di fallire, preferiscono starsene fermi nella propria comfort zone”.

Dalle sue parole risulta che i nostri giovani siano altruisti. Pensa sia un fenomeno temporaneo?

“I ragazzi si commuovono e si entusiasmano molto facilmente. Gli eventi che accadono attorno a loro li interrogano, li cambiano e li spingono a scendere in campo per dare il proprio contributo. Allo stesso tempo ci accorgiamo però che i giovani rendono di più nelle azioni a breve a termine, mentre si perdono nei progetti a lunga durata, ovvero nel perseverare nella fatica del servizio. Per questo motivo hanno bisogno di continui stimoli e di modelli vivi”.