Ecco dove si sperimenta il lavoro killer

Il modello “996” è nato, di recente, in Cina e prevede 12 ore lavorative (dalle 9am alle 9pm) per 6 giorni alla settimana, per conseguire il massimo della produzione e del profitto. Manager e dirigenti del Paese asicatico lavorano senza le giuste pause e presentano situazioni di stress, rischio di infarto, irritabilità, stanchezza fisica e mentale.

Superlavoro e ipocrisia

In passato gli imprenditori si guardavano bene dal credere e professare, di fatto, le loro teorie sul superlavoro, conducendo una vita agiata nel pieno relax. Questa “novità” cinese si contraddistingue per l’assimilazione del principio da parte degli imprenditori stessi, sino al punto di precipitare nel baratro psicofisico. Tale disagio si ripercuote, quindi, sia sull’anello debole della catena che su quello forte.

L’onda lunga di questa regola produce effetti negativi anche in altri ambiti; in un’epoca di società “liquida”, gli imprenditori occidentali si tengono, comunque, a dovuta distanza dall’osservanza dei principi che annunciano, riservandoli esclusivamente ai dipendenti.

Lode al modello

I magnati cinesi Jack Ma e Robert Liu (uno leader di Alibaba l’altro di Jd.com, multinazionali del commercio elettronico), nonostante siano concorrenti sul mercato, hanno celebrato, in una sorta di “cartello motivazionale”, le lodi del “996”, asserendo come questa sia l’unica via per lo sviluppo e per l’affermazione individuale, sociale ed economica, e si vantano di esserne i primi osservanti.

Dignità azzerata

Si tratta di una regola fredda già nella sua essenza, riducendo a mera espressione numerica la condizione lavorativa, privandola di ogni forma di rispetto, semplificandola ai minimi termini di dignità. Nell’epoca moderna, sia per creare un’immagine vincente sia per assuefazione, il tempo tende a essere sempre occupato od occupabile a discapito di quello libero, considerato inutile.

Critiche

Non tutta la Cina la pensa allo stesso modo: infatti, da più parti, si considera la pericolosa deriva e si cerca di frenare, ignorando la folle proposta del 996. La morte, nel 2016, di Zhang Rui, supermanager di Doctor Chunyu (colosso della tecnologia medica), avvenuta a soli 44 anni per eccesso di carichi professionali, ha lasciato impietrititi tutti, anche molti sostenitori del superlavoro.

Il riferimento di coloro che contrastano i grandi magnati cinesi è 996.ICU-Github; Icu è il sarcastico acronimo di “intensive care unit” che rimanda direttamente alle conseguenze: quelle del reparto ospedaliero di terapia intensiva. La rivolta contesta tutte le affermazioni entusiastiche e il vanto dei primati di resistenza al sonno dei grandi imprenditori a sostegno del 996.

La direttiva

L’Unione Europea ha approvato, lo scorso 4 aprile, una direttiva riguardante il work-life balance, per la conciliazione tra vita professionale e privata, eliminando le discriminazioni lavorative di genere tra uomini e donne. Si tratta di un tema molto complesso, in cui è necessario salvaguardare il giusto equilibrio tra salute, riposo e ambizioni professionali, soprattutto in un’epoca altamente tecnologica, in cui il social networking e lo smart working hanno allentato la classica separazione fisica e spaziale tra lavoro e vita privata.

Equilibrio

In seguito ai gravi casi di cronaca, gli stessi manager rampanti hanno iniziato a comprendere come (anche in una loro ottica di tornaconto aziendale), il giusto bilanciamento del carico lavorativo si traduca in un beneficio per il dipendente (più produttivo, motivato e meno malato) e, di conseguenza, per tutta l’impresa. Non esiste una misurazione matematica del work-life balance ma la lenta sostituzione che avviene nei vocabolari aziendali, per questa formula contro quella del 996, è il simbolo di un’epoca che cambia e che, sebbene per obiettivi prettamente aziendali e non sempre filantropici (l’auspicio è l’autoconvincimento degli imprenditori), si risolve, comunque, in una condizione migliore per il lavoratore.

La riflessione

Situazioni di sfruttamento sono tuttora presenti, purtroppo, in quasi tutto il mondo, specie nei Paesi in via di sviluppo (in cui i carichi di lavoro rimangono enormi a fronte di tutele pressoché inesistenti). L’obiettivo deve essere quello di giungere a una condizione di rispetto e tutela per tutti i lavoratori. Nuove “idee” sul concetto di lavoro e sulla sua quantità devono far riflettere: ancorché presentate in modo filantropico per illudere su un miglioramento economico generale, anche per il lavoratore, finiscono per dimostrare la propria natura ingannevole. La speranza è che tali teorie, sconfessate, nei fatti, da conseguenze psicologiche e fisiche, siano scongiurate ab initio. Va ricordato come coniugare salute del lavoratore e produttività sia possibile. La Germania, infatti, pur essendo collocata dall’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) agli ultimi posti nella classifica di ore lavorate annualmente, è al vertice in materia di produttività, di salvaguardia del tenore di vita, di occupazione, benessere e salute; il tutto senza estremizzazioni dell’orario lavorativo.