Due nuove cure per l’Ebola salvano il 90% dei pazienti

Arriva una speranza per i malati di ebola della Repubblica Democratica del Congo. Il paese centrafricano, che ha visto morire nell’ultimo quasi 1.900 persone, come riporta l’Organizzazione mondiale della sanità, per l’epidemia del virus, è stato infatti laboratorio per quattro nuovi trattamenti di cui due – quelli dichiarati efficaci dopo i test preliminari – hanno consentito di abbassare il tasso di mortalità dei pazienti colpiti dall’infezione fino al 90% circa. In un caso la mortalità è stata ridotta fino al 6%, nell’altro all’11%. I promettenti risultati derivano dall’aver preso in cura soggetti che hanno contratto la malattia, che si può trasmettere attraverso i fluidi corporei, da pochi giorni. Le due nuove terapie, fanno sapere l’Oms, il National Institute of Health e Jean Paul Mayembe, direttore dell’Istituto di ricerca del Congo, saranno usate per curare tutti i casi nel paese.

L’epidemia

Ebola è un virus identificato nel 1976 che nei soggetti colpiti causa vomito, febbri, disturbi intestinali, disidratazione, emorragie interne fino ad essere mortale. Secondo l’Oms in un solo anno, dall’agosto 2018, l’infezione ha ucciso 1.891. I casi di  Ebola in Congo, scrive il Guardian, sarebbero 2.800. Si tratterebbe la seconda ondata più grave di sempre dopo quella che tra il 2014 e il 2016 ha mietuto 10mila vittime nell’Africa occidentale, come scrive Il Post. Fino alla scoperta di queste nuove cure, uno dei maggiori ostacoli al contrasto dell’epidemia è stata la sfiducia nelle medicina da parte delle comunità colpite. Il Guardian, citando Muyembe, scrive che oltre il 70% dei malati moriva. Vedere i propri cari entrare nei centri dei trattamenti e non uscirne vivi non ha contribuito a diffondere l’adesione alle cure nella popolazione. Ebola era vissuta come una condanna a morte.

I trattamenti

“Da adesso non diremo più che l’ebola è incurabile. Questi progressi salveranno centinaia di vite”, afferma Muyembe. All’inizio i test effettuati negli Stati Uniti dall’Oms e dell’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive americano hanno riguardato i trattamenti di quattro aziende farmaceutiche: lo ZMapp della  Mapp Biopharmaceutical, già usato per le epidemie di ebola in Sierra Leone, Liberia e Guinea; il Redesimvir della Gilead Sciences; il REGN-EB3 delle Renegeron Pharmaceuticals; il mAb-114 sviluppato dall’Istituto americano e distribuito dalla Ridgeback Biotherapeutics. I primi due sono stati scartati per i tassi di mortalità sia tra i pazienti da malati da poco, 24% nel caso del ZMapp e 33% in quello del Redesimvir, che in quelli infetti da giorni, entrambi oltre il 50 %. Gli altri sono quelli che hanno ridotto fino al 90% e oltre la mortalità, dell’11% il mAb-114 e del 6% il REGN-EB33 in chi aveva solo di recente contratto l’infezione, del 34% e del 29% in chi era malato da più tempo.