Sindrome di Down: è tempo di dire basta ai pregiudizi

L'intervista di Interris.it a Martina Fuga vice presidente di CoorDown che combatte per l'autonomia delle persone con sindrome di Down

CoorDown
A sinistra Martina Fuga. Foto Ufficio Stampa CoorDown

Quando si parla di persone con sindrome di Down ci sono ancora stereotipi e pregiudizi che compromettono la loro inclusione sociale e la loro vita scolastica e lavorativa. Eppure, ad oggi le persone con sindrome di Down hanno conquistato una maggiore autonomia e con un mirato inserimento possono ottenere ottimi risultati professionali.

Interris.it ha intervistato Martina Fuga, vicepresidente di CoorDown, coordinamento nazionale delle associazioni delle persone con sindrome di Down, organismo ufficiale di confronto con tutte le istituzioni per quanto riguarda le problematiche e i diritti delle persone con questa sindrome. 

Martina Fuga è madre di Emma, una ragazza di 18 anni con sindrome di Down e  quotidianamente è impegnata in campagne di comunicazione per sfatare tutti i pregiudizi e le basse aspettative che circondano le persone portatrici di questa sindrome.

L’intervista

Martina, è un luogo comune pensare che le persone con sindrome di Down siano tutte uguali esteticamente e caratterialmente. Qual è la realtà?

“La sindrome di Down è una condizione genetica che ha differenti effetti sulle persone. Ciascuna di esse infatti può avere uno sviluppo diverso, sia fisico che intellettivo, e se alcune caratteristiche fisiche possono essere ricorrenti, come alcuni tratti somatici, per moltissimi altri aspetti sono molto diversi. Le persone con sindrome di Down possono nascere perfettamente sane o possono avere delle patologie connesse alla sindrome, come alcune cardiopatie o difficoltà del linguaggio”.

Possiamo sfatare il “mito” che le persone con sindrome di Down sono incapaci di avere rapporti di amicizia, di fidanzamento o di matrimonio?

“Lo stereotipo più diffuso che dobbiamo combattere ogni giorno è che le persone con la sindrome di Down siano degli ‘eterni bambini’. Questa visione che li considera delle persone con dei bisogni speciali li isola e non permette loro di essere visti con bisogni e sogni da adulti. Le persone con la sindrome di Down hanno lo stesso diritto degli altri di coltivare amicizie, di avere dei rapporti amorosi e di vivere la propria sessualità. Nonostante oggi ci siano tante storie di coppie Down che vivono la propria vita con pienezza e felicità, ci troviamo ancora a dover abbattere molti pregiudizi”.

Una persona con sindrome di Down può condurre una vita lavorativa?

Essere indipendenti, avere un proprio reddito, apprendere nuove competenze, conoscere nuove persone e sentirsi apprezzati è fondamentale per chi ha una disabilità intellettiva. Ogni persona con la sindrome di Down ha la capacità di lavorare secondo le sue possibilità. L’obiettivo della società dovrebbe essere quello di  trovare un ruolo che si adatti ad ogni individuo, in modo da poter svolgere il proprio lavoro con successo. Dal 2021, quando abbiamo lanciato la campagna The Hiring Chain, per sensibilizzare sul tema dell’inclusione lavorativa, oltre 1000 aziende di tutto il mondo hanno contattato CoorDown per chiedere informazioni o con l’intenzione di assumere una persona con la sindrome di Down. In Italia con oltre 35 aziende è stata avviata una collaborazione e in molti casi i tirocini si sono trasformati in assunzione”.

Una persona con sindrome di Down può condurre una vita indipendente?

“Oggi ci sono molte storie di ragazzi e adulti con sindrome di Down che, grazie al fondamentale supporto delle famiglie e della comunità nella quale vivono, riescono a realizzare, ciascuno secondo le proprie possibilità, una personale dimensione di autonomia. Per raggiungere l’indipendenza bisogna iniziare un percorso fin da piccoli, per esempio è necessario imparare la cura della persona e degli spazi abitativi, l’uso del denaro, l’autonomia negli spostamenti in città con i mezzi pubblici e la gestione della cucina in sicurezza”.