Bufacchi: “Lo sport deve dare la possibilità di sognare”

L'intervista di Interris.it a Giuliano Bufacchi, commissario tecnico della nazionale di pallacanestro per atleti con sindrome di Down, in occasione della vittoria ai Trisome Games contro la Turchia

Trisome Games Pallacanestro (© Fransesini/Fisdir)

Dal 19 al 26 marzo scorso, ad Antalya, in Turchia, hanno avuto luogo i Trisome Games 2024, un’edizione molto sentita, che ha visto la partecipazione di 450 atleti provenienti da 32 diversi Paesi nei quali, la Nazionale di Basket con Sindrome di Down, dopo aver già trionfato in diversi Europei e Mondiali, ha ottenuto una grande vittoria nella finale contro i padroni di casa battendoli con il punteggio di 18 a 17. Interris.it, in merito a questa esperienza di sport e vittoria e al significato più profondo di inclusione attraverso la pratica di attività sportiva a livelli elevatissimi, ha intervistato Giuliano Bufacchi, commissario tecnico della nazionale di pallacanestro per atleti con sindrome di Down.

Trisome Games Pallacanestro (© Fransesini/Fisdir)

L’intervista

Commissario Bufacchi, in base alla sua esperienza, che valore ha il basket come sport inclusivo per le persone con sindrome di Down?

“In Italia, l’esperienza di fare dello sport di squadra in generale su questo versante, è iniziata nel 2017 con il calcio ed in seguito con la pallacanestro. In passato si pensava che, sia per le persone con sindrome di Down e con ritardi cognitivi in generale, lo sport di squadra non fosse indicato e, di conseguenza, si è sempre lavorato su discipline sportive individuali come ad esempio il nuoto, l’atletica o il tennis da tavolo. Ciò era obiettivamente più semplice e c’erano meno fattori esterni che coinvolgono l’atleta. Nella pallacanestro invece, questi ultimi, sono di più: la palla, l’avversario e il compagno di squadra. Quindi, si pensava che fossero più complessi da mettere insieme. Provandoci e lavorando invece, si è visto che non è così. Lo sport è inclusione per antonomasia. Oltre al discorso tecnico e tattico, c’è l’importanza di fare gruppo e dello stare insieme, in campo e fuori dal campo e di autonomia. Quando si partecipa a degli eventi non c’è la famiglia o l’assistenza sociale, ma è presente la squadra, il gruppo e lo staff di tecnici. È un’esperienza che va al di fuori dalla comfort zone e aiuta nella vita di tutti i giorni”.

In Turchia recentemente siete stati protagonisti di una importante vittoria ai “Trisome Games”. Che sensazione avete provato? Quali sono stati tratti salienti del vostro percorso verso il successo?

“Questa squadra, da quando è nata, ha vinto tutte le competizioni internazionali, europei e  mondiali fino a giungere ai ‘Trisome games’. Quest’ultima, per i ragazzi con sindrome di Down, è equivalente alle paralimpiadi ed hanno una valenza di titolo mondiale. Vincere è bello ma, dietro a tutto ciò, c’è un lavoro di crescita tecnica e di avvicinamento alla pallacanestro, con l’introduzione del regolamento Fiba. Il successo riportato quest’anno è stato il più duro di tutti: giocavamo fuori casa, la Turchia è una squadra fortissima, il palazzetto era gremito e, per la prima volta, avevamo dei tifosi contro. Questo ha fatto sì che, con grande sorpresa, abbiamo dovuto testare anche la tenuta mentale dei ragazzi che, in quell’ambiente in quella situazione particolare, non era per nulla scontata. Sono stati forti anche da quel punto di vista e, tutto ciò, è stato frutto del lavoro svolto in questi anni. Li abbiamo abituati a gestire le tensioni, a competere ad un certo livello e ad essere gruppo nei momenti di difficoltà. Si sono coesi come gruppo e si sono dati manforte l’uno con l’altro. Tale passo che, per una squadra normodotata, potrebbe essere la normalità, per noi è stata una sorpresa. Significa che abbiamo reso autonomi i ragazzi nell’affrontare una difficoltà non facile. Questi motivi hanno reso questa vittoria la più bella. La gioia è stata irrefrenabile da parte di tutti. Ogni partita ha le sue difficoltà e ogni giornata è diversa. La gestione è stata complessa e faticosa, con un ritiro vero e proprio che i ragazzi hanno affrontato in maniera perfetta dopo un lavoro di anni, senza improvvisare nulla”.

Trisome Games Pallacanestro (© Fransesini/Fisdir)

Quali sono i vostri auspici per il futuro? Che messaggio vorrebbe lanciare a un ragazzo con sindrome di Down che intende avvicinarsi alla pallacanestro?

“Guardando al futuro vorremmo continuare su questa strada, vincere, lavorare e crescere come movimento in tutta Italia. Quest’ultimo è l’elemento che ci porta a vincere sul piano internazionale. Se non c’è un movimento in Italia i giocatori non emergono e non hanno determinate caratteristiche per fare quello che vogliamo, ossia la pallacanestro. Lo sport di qualsiasi tipo aiuta le persone con le più diverse disabilità e condizioni. Ognuno deve capire qual è la disciplina che lo stimola maggiormente. Lo sport deve dare la possibilità di sognare e, nel caso della pallacanestro, ciò è possibile perché c’è una nazionale e significa che si può arrivare a quel livello. Lo sport, sia per i normodotati che per coloro che hanno una disabilità, è fondamentale nella vita in quanto aiuta a staccare dalla quotidianità e ad esprimersi in completa libertà”.