La prova spirituale del Covid. Testimonianza a Interris.it di un Pastore guarito dal virus

Intervista di Interris.it al vescovo di Jesi, monsignor Gerardo Rocconi: "I miei, più che giorni di malattia grave, sono stati 20 giorni di isolamento totale che, però, ho cercato di sfruttare al meglio", racconta il Pastore dopo la guarigione dal Covid

Testimonianza spirituale a Interris.it di un Pastore guarito dal Covid. “I miei, più che giorni di malattia grave, sono stati 20 giorni di isolamento. Isolamento totale che, però, ho cercato di sfruttare al meglio. Il pensiero che più mi ha accompagnato non poteva essere che questo. Cosa sta dicendo il Signore a me personalmente e alla Chiesa in questo tempo che sembra non finire mai?“, racconta a Interris.it monsignor Gerardo Rocconi. Il presule marchigiano (che guida dal 2006 l’antica diocesi nella provincia di Ancona) è il delegato regionale per la pastorale vocazionale.Pastore

La preghiera del Pastore

“Credo che come comunità cristiana dobbiamo riscoprire il valore della preghiera. Una preghiera perseverante. Una preghiera di intercessione che presenti tutti i fratelli al Signore. Una preghiera adorante”, evidenzia a Interris.it monsignor Gerardo Rocconi.Vescovo Rocconi, lei ha personalmente conosciuto la prova del Covid. Quale insegnamento se ne può trarre?

“A dire il vero il Covid mi ha appena sfiorato. Male veramente lo sono stato un giorno solo. Gli altri giorni sono assomigliati piuttosto a giorni di normale influenza. In questi giorni ho avuto la grazia di poter celebrare quotidianamente la S. Messa nella mia cappellina privata. E ho avuto la grazia di poter passare un tempo prolungato in adorazione davanti alla SS Eucaristia. Vi assicuro che la SS. Eucaristia ha riempito i miei giorni di isolamento, ha dato senso a quello che poteva sembrare tempo buttato via. Per questo mi sento di raccomandare: riportiamo la gente in Chiesa. Facciamo di tutto perché si ritrovi il gusto dell’Eucaristia. Diciamolo forte che senza Eucaristia non esiste vita cristiana. Pensare di poter fare a meno dell’Eucaristia è segno di grave malattia spirituale”.In che modo?

“Ma certo, ‘riportiamo la gente in chiesa con consapevolezza’. Sapendo che non si va a fare un rito o a pagare un tassa, ma a realizzare un incontro con il Crocifisso Risorto e con la comunità dei fratelli. Ecco allora la seconda cosa che mi sembra il Signore dica alla sua Chiesa: ‘Imparate ad accogliere la Parola di Dio’. Riscopriremo il valore dei sacramenti e in particolare dell’Eucaristia solo se il Signore potrà parlarci, educarci, dirci tutto il suo amore”.PastorePuò farci un esempio?

“Questi giorni di ascolto sereno e docile della Parola del Signore sono stati giorni di pace. Non ho mai sentito l’insofferenza o il bisogno che finissero. Veramente la Parola di Dio riempie la vita ed è luce. E poi la preghiera. Nel mio isolamento quante persone mi sono passate per la testa, quante situazioni difficili. E la preghiera è diventata via di comunione. Una preghiera da vivere anche nelle case: anche la famiglia, infatti, merita il titolo di Chiesa. Tutto questo sento di dirlo, ovviamente dopo aver sottolineato l’insegnamento del Papa che ci parla di solidarietà, di prossimità e di fratellanza”.PastoreIn pandemia i fragili pagano il prezzo più alto alla crisi sanitaria e sociale. Da sempre la Dottrina Sociale della Chiesa mette i deboli al centro. Chi sono i più esposti alle sofferenze provocate dal Covid?

“E’ sempre così. Ad ogni crisi sono i più fragili a pagare il prezzo più alto. I più fragili da tutti i punti di vista. dal punto di vista economico, dal punto di vista della salute, dal punto di vista morale. Non c’è bisogno che approfondisco quello che sentiamo tutti i giorni dai telegiornali, ma non ci sfugge la fatica terribile nel mondo del lavoro. Il dramma degli anziani: quanti morti e quanta angoscia. La crisi delle famiglie: i disagi e le violenze all’interno delle famiglie sono aumentate”.A chi si riferisce in particolare?

“In questo momento il mio pensiero va soprattutto ai giovani. Forse erano i meno pronti ad affrontare questa situazione. Magari abituati al benessere, non  sono stati capaci di affrontare una fatica enorme come questa. L’impossibilità di socializzare, la fatica con la scuola, la lontananza dagli amici  li fa letteralmente impazzire. Tanti hanno puntato il dito contro i giovani  per le  trasgressioni, gli assembramenti ecc. Non voglio giustificare nulla, ma il peso del distanziamento l’hanno sentito in maniera violenta. E oggi sono tanti quelli che si trovano negli ospedali”.PastoreE’ il valore della testimonianza?

“Nella nostra diocesi  sette infermiere più il cappellano, fuori orario di lavoro rientrano nei reparti Covid del nostro ospedale per portare la Comunione, pregare con gli ammalati, portare una parola di conforto. Una di queste sere, dopo questa visita di consolazione,  una di queste infermiere mi scriveva un messaggio così: ‘C’erano nei reparti diversi giovani con casco e maschera per ossigeno. Tutti tatuati e palestrati. Tutti hanno pregato per davvero. E c’erano persone morenti e un vecchietto che dopo aver fatto la Comunione ha detto che più in là, in un’altra stanza c’era sua moglie che avrebbe anche lei desiderato la Comunione. Non sapeva ancora che la moglie era morta poco prima. Giovani che lottano, anziani che muoiono’.  Questo è un esempio, ma i numeri sono enormi”.

San Settimio Martire, patrono di Jesi

Su quali basi dottrinarie e pastorali la Chiesa richiama l’attenzione del mondo sui poveri?
Basta prendere il vangelo per accorgersi che spesso che gli interlocutori  più preziosi per il Signore erano i poveri e i piccoli. E questo basta per dire cosa dobbiamo fare noi. Spesso i vangeli mettono in risalto la compassione di Gesù”.Soprattutto in quali momenti?

“Vedendo le folle, Cristo ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore (Mt 9,36). Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati (Mt 14,14). Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: ‘Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino’ (Mt 15,32). Vedendo l’intoccabile ed emarginato lebbroso, Gesù lo accarezzò e, continua l’evangelista Marco: “Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!»” (Mc 1,41)”.

Una sala del Museo Diocesano di Jesi

Poi?

“L’evangelista Luca ci riferisce di un incontro di Gesù con una donna che accompagnava alla sepoltura il figlio: ‘Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: ‘Non piangere!’ (Lc 7.13). Nella parabola del buon samaritano Gesù apprezza la risposta dello scriba che identifica la carità con la compassione: ‘Gesù dice: ‘Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?’. Lo scriba: ‘Chi ha avuto compassione di lui’. Gesù: ‘Va’ e anche tu fa’ così’ (cfr Lc 10,36-37)”.Qual è l’autentica compassione?

“Ovviamente la parola compassione è da prendersi nel senso più profondo: partecipazione, coinvolgimento nella sofferenza di un altro. Compassione che indica vittoria sulla indifferenza che porta a vedere gli ultimi non come scarti, ma fratelli preziosi. Abbiamo sentito più volte Papa Francesco ripetere e scrivere:  “Nessuno può salvarsi da solo. Se non si riparte dagli ultimi, il progresso non può essere vero, sicuro, giusto, e, comunque, anche chi pensa di vivere tranquillo, in realtà è seduto su una polveriera”.Stiamo vivendo una Quaresima in pandemia. Quale segnale di rinascita e di speranza può derivarne per l’uscita dalla pandemia?

“Dopo la quaresima arriva la Pasqua, Pasqua di resurrezione, Pasqua di gioia. E in questa sofferenza con forza dobbiamo annunciare la speranza che nasce dalla Pasqua di Gesù. Noi siamo certi che il Signore porta avanti la sua storia, non ostante le nostre battute di arresto. Il Signore è il Dio della vita, il Dio che ama. E la sua parte la fa. Ma è importante che noi, poi, ci rendiamo conto dell’opera sua. Vivere la Pasqua, allora, vuol accorgersi che il Signore agisce, è presente con tutto il suo amore nella nostra vita. E se abbiamo un occhio attento e penetrante e un cuore contemplativo  è possibile vedere il Vivente all’azione”.Buon PastoreA chi pensa?

“La mia piccola riflessione di questi giorni mi conduce ad una consapevolezza, oserei dire ad alcune certezze. Il risorto non è mai lontano dagli uomini. Nelle due  tempeste sul lago che gli evangelisti ci raccontano,  vediamo che Gesù, il vincitore, è sempre presente nel mezzo della tempesta. E anche oggi non lascia mai soli gli uomini. Lo aveva detto: ‘Sono sempre con voi’. Non nel senso che subito calma la tempesta o subito solleva da ogni fatica, ma nel senso che Egli c’è ed è fonte di pace e di forza, e con il suo aiuto non si soccombe. Egli è il buon compagno di viaggio, ormai, così come lo è stato per i discepoli di Emmaus, i quali, senza ancora averlo riconosciuto ‘sentivano già il loro cuore ardere’ (Lc 24,32). La vicinanza dolce e forte del Signore il primo segno della vittoria pasquale di Gesù”.PastoreCosa ne deriva?

“Dalla Pasqua, che è vittoria di Dio sulla morte, nascono tutti i segnali di vita che oggi possono spuntare nel nostro deserto: dalla riconciliazione fra i popoli alla riconciliazione nella famiglie; dalla ricerca della giustizia all’attenzione ai piccoli e agli ultimi;  dalla vittoria sul nostro egoismo alla solidarietà  verso chi soffre; dalla chiusura e dal piangersi addosso alla premura verso chi è solo. E’ la novità che la Pasqua porta a chi accoglie il Risorto!. Un altro frutto della Pasqua lo vedo altrove”.Dove?

“Nelle comunità cristiane che, forse, dopo questa pandemia numericamente saranno più piccole, ma sicuramente vivranno in una consapevolezza maggiore, riscoprendo il valore della Parola di Dio, dei Sacramenti, della preghiera, della testimonianza, della solidarietà. E in questa testimonianza pasquale si dovrà avere il coraggio di portare speranza a chi ha perso  un familiare o un amico. Si dovrà avere il coraggio  di dire che gli oltre centomila morti in seguito al covid partecipano anch’essi alla festa del Risorto, cioè  non sono perduti o finiti; anche a loro arriva la potenza della resurrezione di Gesù, per cui non sono annientati; anche loro sono nella vita, perché hanno raggiunto  quella dimora che è il cuore di Dio”.Cosa ci trasmette la Pasqua in lockdown?

“Ricordate quella parabola del buon grano in mezzo al quale il nemico ha seminato zizzania? Certo, l’erbaccia c’è ed è tanta. Ma non dimentichiamo che il campo, nel suo insieme, resta pur sempre campo di buon grano”.