Compie vent’anni la Giornata internazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro che si celebra il 28 aprile di ogni anno. L’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), osserva questa ricorrenza per sensibilizzare l’opinione pubblica, le parti sociali e i soggetti deputati a prendere le decisioni sull’importanza della prevenzione degli infortuni e delle malattie sul lavoro.
“Celebriamo un risultato importante nel percorso verso la realizzazione dell’obiettivo di assicurare la salute e la sicurezza sul lavoro per tutti: l’inclusione di un ‘ambiente di lavoro sicuro e salubre’ fra i principi e i diritti fondamentali del lavoro”, recito uno dei passaggi del messaggio del Direttore generale dell’Oil Gilbert H. Houngbo.
In occasione della Giornata mondiale per la salute e sicurezza sul lavoro di quest’anno, Interris.it ha intervistato Liliana Ocmin, componente del Consiglio di amministrazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro.
Ci spiega l’importanza di questo riconoscimento?
“Tale decisione è una pietra miliare ed è stata raggiunta durante la Conferenza internazionale del lavoro dello scorso anno, quando si è riconosciuta questa integrazione ai principi e ai diritti fondamentali del lavoro, in cui sono richiamate sia la Convenzione 155 sulla salute e sicurezza sul lavoro del 1981 che la 187 del 2006 sul quadro promozionale per la salute e la sicurezza sul lavoro. Gli Stati che l’hanno ratificata sono obbligati a rispettare e a tenere conto dei contenuti di questi documenti per promuovere un ambiente di lavoro sicuro e salubre, un quadro giuridico completo e coerente, la collaborazione tra management e lavoratori e dare vita a un sistema nazionale notifica degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Una grande occasione per i Paesi per dotarsi di strumenti fondamentali per le norme sui risarcimenti. Nel mondo, milioni di lavoratori perdono la vita per infortuni sul lavoro e questa è la grande occasione per tanti Paesi per dotarsi anche di strumenti fondamentali per varare norme sui risarcimenti”.
A quali misure attenersi per un ambiente di lavoro salubre e sicuro?
“In particolare dalle due convenzioni emergono alcuni criteri. Ci devono essere un’autorità nazionale responsabile della salute e della sicurezza sul lavoro e un organismo nazionale tripartito in materia, per consentire alle parti di incontrarsi e regolamentare. Occorrono una legislazione nazionale basata sulla prevenzione e un comitato congiunto per la salute e la sicurezza sul lavoro nel posto di lavoro per consentire la massima collaborazione tra le parti. Va riconosciuto il diritto dei lavoratori di allontanarsi da una situazione di lavoro pericolosa senza conseguenze ingiustificate – cosa che c’è in quasi il 70% dei membri dell’Oil. Bisogna sviluppare una politica e un programma nazionale su questi temi e creare un sistema nazionale di registrazione e notifica degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali”.
Quali parti del mondo sono più in ritardo nell’adeguarsi a questi criteri?
“Nei Paesi economicamente più ricchi ci sono maggiori investimenti in questo ambito e quindi si ottengono maggiori risultati in sicurezza e prevenzione. L’85% ha varato disposizioni normative a tutela dei lavoratori. Percentuale che scende invece al 44% nei Paesi a basso reddito, dove hanno previsioni legislative più generiche. Nelle realtà più povere non esistono nemmeno i riconoscimenti o i risarcimenti per le vittime di infortuni sul lavoro o per i loro parenti. L’Europa e l’Asia centrale sono le regioni che più spiccano per l’impegno su salute e sicurezza, mentre nei Paesi africani e nei Paesi arabi ci sono meno probabilità di trovare programmi nazionali su questo. Dove ci sono aree di sfruttamento o tante persone sono coinvolte nell’economia informale tanti diritti sono inesistenti, per questo l’Oil ha raddoppiato i suoi impegni nella decade 2020-2030 per raggiungere gli obiettivi 3, 8 e 16 dell’Agenda per lo Sviluppo sostenibile anche per raggiungere maggiore giustizia sociale”.
Quali sono le altre questioni urgenti sul tavolo del mondo del lavoro?
“Il salario giusto, il lavoro dignitoso, il contrasto alle discriminazioni di genere e di origine etnica e la lotta alla segregazione lavorativa. Nel post-pandemia abbiamo una crescita delle disuguaglianze e osservato l’aumento dei working poors, questo comporta il rischio che i poveri siano ancora più poveri e a sottoposti a sfruttamento, così come stanno subendo battute d’arresto le politiche contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Un altro tema è quello dei cambiamenti climatici, i cui effetti hanno impatto rilevante sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori”.
Nel nostro Paese sono garantite a sufficienza la salute e la sicurezza dei lavoratori?
In Italia ci sono uno scarso numero di ispettori del lavoro e sacche di lavoro irregolare, per esempio in agricoltura o nel lavoro domestico – quest’ultimo subisce inoltre i limiti della definizione di luogo di lavoro. Nel nostro Paese ci sono circa un milione di lavoratrici domestiche regolari che sviluppano malattie professionali. Le assistenti familiari risentono in termini di stress del lavoro di cura prestato per lungo tempo. Gli esperti hanno studiato la cosiddetta ‘sindrome Italia’, che colpisce le lavoratrici domestiche provenienti dai Paesi dell’Est Europa una volta che vi fanno ritorno. Potrebbe essere utile allora uno strumento per la tutela della salute e della sicurezza di queste persone, insieme alla lettura reale di un fenomeno non ancora del tutto approfondito”.
Tra pochi giorni è l’1 maggio e si celebra la Festa internazionale dei lavoratori. Qual è il suo auspicio?
“Spero in un mondo più giusto, capace di valorizzare tutte le potenzialità di tutte le sue realtà oggi meno considerate, soprattutto i giovani e le donne. Spero in un forte impegno nel rispetto del buon lavoro e nel contenimento dei rischi cui sono esposti i lavoratori, come la povertà, e i vari rincari. La dignità passa dal lavoro che dà sostentamento e la ricchezza di un Paese sta nelle persone che lo compongono. Spero anche nell’impegno a scardinare ogni forma di discriminazione per mettere al centro la dignità delle persone e la giustizia sociale”.
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