I nuovi requisiti per l’assegno mensile di assistenza

A seguito del messaggio n.3495 del 14 ottobre l'Inps ha espresso nuovi requisiti per l'ottenimento della provvidenza economica. In Terris ne ha parlato con Alda Cattelini di Aias

Il messaggio n. 3495/2021 dell’Inps del 14 ottobre scorso, ha modificato una linea interpretativa risalente al 2008 ed ha ritenuto di escludere dal beneficio dell’assegno mensile gli invalidi civili parziali, ossia coloro che hanno una percentuale di invalidità dal 74 al 99% – che svolgono attività lavorativa precaria o parziale ma comunque produttiva di reddito, anche se il reddito è inferiore a quello attualmente previsto – ossia 4.931,29 l’anno – per ottenere la prestazione assistenziale. In Terris ha intervistato su questo tema Alda Cattelini, presidente di Aias Sondrio.

L’intervista

Cosa pensa della modifica della linea interpretativa da parte di Inps su questo tema?

“Penso che, di tanto in tanto, certi eventi o cambiamenti, fanno diventare la già difficile vita delle persone con disabilità ancora più complicata. Per capire meglio quello che sta succedendo con questo ultimo messaggio dell’Inps è necessario risalire al 1971, quando è stata promulgata la legge 118, ossia la prima legge in Italia che riconosceva l’esistenza degli invalidi civili. In questa normativa erano previsti dei benefici economici, tra cui la pensione per coloro che avevano un’invalidità del 100% e l’assegno mensile di assistenza per chi aveva un grado di invalidità compreso tra il 74% e il 99%. Sia la pensione che l’assegno avevano lo stesso importo che veniva erogato per tredici mensilità. La differenza sostanziale tra le due prestazioni previdenziali stava nel limite di reddito. Tornando ai giorni nostri e al messaggio dell’Inps, occorre pensare alle molte persone che hanno una percentuale di invalidità tra il 74 e il 99%, che spesso non sono in grado di svolgere un’attività lavorativa a causa della disabilità da cui sono affetti ma, nonostante questo, l’assegno mensile percepito non supera i 287 euro mensili. Questo, già di per sé, ci pone di fronte ad una mancata inclusione in quanto, con questa somma, non è possibile vivere dignitosamente senza l’appoggio della famiglia. Rispetto a questo, il messaggio dell’Inps, ci riporta indietro di cinquant’anni, ossia alla legge 118 del 1971, che stabiliva il non lavorare quale presupposto per percepire la prestazione previdenziale”.

Come dovrebbe agire il legislatore in questo senso?

“È necessaria una modifica il più celere possibile della legge vigente in materia. Questi nuovi presupposti stanno facendo venire meno la tanto decantata inclusione delle persone con disabilità. Perde di incisività il diritto al lavoro per queste persone con disabilità e di conseguenza il concetto stesso di autonomia e vita indipendente di cui il lavoro – quando è possibile – rappresenta una parte fondamentale per la dignità della persona. Bisogna riaffermare con forza questi diritti. Molto spesso le persone con disabilità – anche parziale – necessitano di aiuto nell’espletamento delle necessità quotidiane quindi – almeno dal punto di vista economico – è fondamentale che possano essere indipendenti”.

Che appello vorrebbe lanciare alle istituzioni e alla società civile su questo tema?

“Vorrei dire a tutti i rappresentanti delle istituzioni e della società civile che il tema della disabilità è estremamente importante e deve essere trattato e dibattuto con estrema serietà ed empatia. Quando parliamo di persone con disabilità non stiamo parlando di entità astratte ma di persone con fragilità e bisogni specifici. Ogni cambiamento normativo su questo deve preservare la dignità e i diritti delle persone, non devono essere fatti ragionamenti di natura prettamente economica ma anche e soprattutto di natura umana. Le istituzioni e la società civile devono essere maggiormente consapevoli del diritto all’autodeterminazione delle persone con disabilità che – quotidianamente – sono già costrette a convivere con gravi difficoltà. Tutti devono riconoscere le persone nel loro essere e dargli la possibilità di vivere dignitosamente, per fare questo bisogna valorizzare la dignità del lavoro e rimuovere queste limitazioni reddituali che, di fatto, non lo permettono”.