Musacchio: “Come le nuove mafie si integrano nel sistema economico dei territori”

L’intervista al giurista e criminologo Vincenzo Musacchio sull’ultima relazione semestrale delle Direzione investigativa antimafia

Per gentile concessione del professor Vincenzo Musacchio

“Segui i soldi e troverai la mafia”. Una lezione sempre vera e sempre attuale quella del giudice Giovanni Falcone. Al mutare delle modalità e delle occasioni di fare profitto, le mafie aggiornano il proprio modus operandi. Gli atti violenti ed eclatanti lasciano sempre di più spazio a un’infiltrazione silenziosa nei gangli dell’economia legale, a livello nazionale ma anche internazionale. Le organizzazioni criminali, attirate dai nuovi settori d’investimento e dalla quantità di risorse immesse negli ultimi anni, adattano i loro disegni percorrendo meno la strada dell’azione diretta e cruenta, preferendogli quella della penetrazione in un tessuto produttivo in sofferenza mediante una strategia di ricerca del consenso basata su capacità relazionali. Attività criminali meno “visibili” di altre che rendono l’azione repressiva più complessa. Questo, e molto altro, emerge dall’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia (Dia). Interris.it ha intervistato il criminologo forense e giurista Vincenzo Musacchio, allievo e amico del giudice Antonino Caponnetto, su come le mafie cambiano nel tempo.

L’intervista

Cosa rivela l’ultima relazione della Dia?

“La relazione del secondo semestre 2022 fotografa una mafia silente, corruttiva e mercatistica che, da studioso del fenomeno criminale mafioso e delle sue evoluzioni, ho descritto già cinque anni fa. Si conferma la ‘ndrangheta, la mafia più potente d’Italia. La sua struttura granitica, la sua potenza economica e militare e il forte radicamento nel territorio, fanno della ‘ndrangheta una multinazionale del crimine con mire nazionali e transfrontaliere. Le nuove mafie hanno la capacità di saper cogliere e sfruttare celermente le trasformazioni politiche, economiche, sociali. Utilizzano abilmente le moderne tecnologie e dominano i mercati economico finanziari su scala globale sfruttando ogni opportunità di profitto e realizzando una notevole espansione speculativa transnazionale. Le moderne organizzazioni criminali di stampo mafioso hanno nel loro dna la capacità di adattamento alla variabilità dei contesti in cui operano. Godono di un importante tessuto relazionale anche a livello sovranazionale”.

Le organizzazioni criminali sempre più tecnologiche e attive sul web. Come contrastarle su questo campo?

“I nuovi mafiosi sono sempre al passo con le più avanzate tecnologie e sono in grado di attuare tecniche d’investimento riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dei fondi europei e internazionali. Nelle nuove strategie di lotta alla criminalità organizzata è necessario saper operare anche nel metaverso delle comunicazioni criptate e in generale del web, sia la rete internet, sia il dark web, sia il deep web. Occorre un’adeguata formazione delle forze di polizia e della magistratura per far fronte proprio a queste ultime metamorfosi mafiose”.

Come ha fatto la ‘ndrangheta a espandersi così tanto su tutto il territorio nazionale, sia adattandosi che mantenendo le proprie caratteristiche identitarie?

“Ha saputo alternare l’uso della violenza con le azioni di natura corruttiva facendo diventare la prima opzione sempre di più un’extrema ratio. Gli ndranghetisti hanno compreso che la corruzione e le azioni silenti e possibilmente legali o al limite dell’illegalità rendono molto di più e fanno meno rumore. La ndrangheta ormai è una multinazionale di tipo mercatistico e approfittando della disponibilità d’ingenti capitali accumulati con le tradizionali attività criminali investe e ricicla ovunque nel mondo. Il vincolo associativo oggi non si regge più sull’intimidazione ma sul profitto e sulle ripartizioni di grandi ricchezze.  Il consenso oggi è acquisito proprio creando il cd. ‘welfare mafioso’ approfittando della forte sofferenza economica che caratterizza alcune aree del Paese, in special modo in tempi di crisi economica mondiale. Gli ndranghetisti questo l’hanno capito benissimo e in anticipo su tutti gli altri attori mafiosi italiani”.

Nella relazione si parla della “capacità attrattiva” delle consorterie mafiose siciliane sulle giovani generazioni, come si spiega? Con quali strumenti ci riescono?

“Premetto che la mafia è nemica dei giovani perché toglie loro il futuro, perciò combatterla è una missione che dobbiamo assolvere proprio per impedire che le nuove generazioni ne siano attratte in maniera autodistruttiva. Le mafie attraggono perché offrono una bella vita, auto lussuose in cambio di una vita certamente migliore rispetto a quella cui chi è da loro attratto è abituato a condurre. Un ruolo deleterio lo offrono anche i social e una certa filmografia che esalta spesso il ruolo del mafioso come potente e vincente”.

In alcuni casi si usa la definizione di “imprese mafiose”, cosa s’intende?

“L’impresa ‘mafiosa’ presuppone la totale sovrapposizione con la consorteria criminale della quale condivide progetti e dinamiche operative con una conseguente commistione delle rispettive attività. Implica che l’intera attività d’impresa sia inquinata dall’ingresso nelle casse dell’azienda di risorse economiche provento di delitto di tal che risulti impossibile distinguere tra capitali illeciti e capitali leciti e che sia pur sempre direttamente sottoposta al controllo diretto o indiretto dell’associazione mafiosa. Questa dimensione oggi non è più solo nazionale ma ha travalicato i confini diventando sicuramente transfrontaliera”.

Come si spiega la pervasività nell’economia legale?

“Le nuove mafie hanno adottato nuove strategie d’infiltrazione, integrandosi nella società civile e nel sistema economico dei territori sfruttando in primis le complicità della cosiddetta ‘area grigia’ e della politica. Si sono impossessate delle risorse stanziate a livello nazionale ed europeo durante l’emergenza sanitaria, attuando metamorfosi impensabili e permeando tutti i settori colpiti dalla crisi. Uno degli stratagemmi più utilizzati è quello di accaparrarsi mediante il prestito usurario le aziende in crisi mantenendo all’interno i vecchi proprietari e garantendo così la piena legalità nella richiesta di sussidi e aiuti economici”.

Nel 2022 c’è stato il record del numero di segnalazioni di operazioni sospette, secondo l’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della Banca d’Italia. Che campanello di allarme è?

“Questi dati ci confermano, se ce ne fosse bisogno, che il riciclaggio di denaro è un problema diffuso nel settore bancario e finanziario ed è molto difficile da stanare poiché sta assumendo sempre più dimensione transnazionale. Occorrono nuove tecnologie antiriciclaggio e sanzioni più severe. Direi che il primo passo da fare dovrebbe essere quello di considerare il riciclaggio di denaro un delitto molto grave poiché vede uniti in un rapporto simbiotico mafie e colletti bianchi. Occorrerebbe trovare soluzioni per impedire ai criminali di utilizzare le istituzioni bancarie e finanziarie per riciclare i loro fondi illegali. Incidere sull’eliminazione del segreto bancario e sui cosiddetti paradisi fiscali. Rafforzare al massimo il sistema della segnalazione di operazioni sospette. Bisogna potenziare gli organi utilizzati per rintracciare i fondi illegali e la possibilità di confiscare i proventi delle organizzazioni criminali”.

Le mafie italiane fanno “rete”?

“Direi di sì e la fanno partendo dai famosi ‘pizzini’ ancora molto utilizzati, fino ad arrivare ai social media e ai social network. Basta accedere su Tik Tok, su Twitter, su YouTube o analizzare centinaia tra profili e pagine Facebook e Instagram per capire come questi social siano utilizzati in modo acuto e preciso dalle organizzazioni criminali moderne. Le nuove mafie sanno che il mondo virtuale è entrato prepotentemente nella nostra vita reale e si sono presto adeguate a questa nuova dimensione. Il loro linguaggio comune si è adattato, in una sinergia perfetta, al lessico e l’interattività dei social”.

In conclusione, oltre all’azione preventiva e repressiva, quale azione sociale e culturale serve per contrastare le mafie?

“Sono sempre più convinto che per un’efficace lotta alle mafie occorrano nuove politiche culturali, politiche sociali efficaci e soprattutto lavoro. La scuola è la medicina più efficace per provare a sottrarre le future generazioni dalle grinfie della criminalità organizzata. Tra i compiti della scuola c’è anche quello di fornire una cultura dello Stato e delle istituzioni che ripugni l’illegalità. Ognuno di noi può fare una parte di questa lotta, ricordando ad esempio le tante vittime di mafia, o magari pensando di vivere le loro esperienze di vita. Da inguaribile ottimista verso le potenzialità dei nostri giovani, spero tanto che tra le nuove generazioni vi sia un nuovo Peppino Impastato o un nuovo Giancarlo Siani o un nuovo Rosario Livatino”.