Foraging: una biodiversità da scoprire

La salvaguardia dell’ambiente può realizzarsi anche attraverso il suo consumo, con la pratica dell’“andar per erbe”: un approccio sano, responsabile e rispettoso

Foto di Rasa Kasparaviciene su Unsplash

Il “Foraging” è l’arte, antica e diffusa in tutto il mondo, di raccogliere frutti, erbe, bacche selvatiche nei boschi e nei prati per nutrirsi. È un fenomeno in netta ripresa, visto anche il costo elevato di questi prodotti nei supermercati. Si ritorna, quindi, all’antico e a un passato non tanto remoto, basti pensare alle persone che, nei decenni scorsi, lungo le strade, erano dedite a raccogliere cicoria e altre erbe: l’“andar per erbe” dei nonni. Si tratta di un cibo del quale l’essere umano si è sempre nutrito, sin dai tempi antichissimi. Nei secoli, è stato l’alimento tipico (e, a volte, esclusivo) delle popolazioni meno abbienti, soprattutto nei periodi di carestia e di minor disponibilità di cibo.

Le capacità curative delle erbe erano note nel passato e lo sono tuttora. L’economia povera e di sussistenza favoriva tale attenta ricerca. Il termine inglese rende questa pratica, antica e ancestrale, una tendenza, la nobilita (rispetto al passato) e la rende “moda”. Alcune pratiche antiche, infatti, sono riscoperte solo grazie all’inglesismo che seduce, ammicca e contagia. Il fine (racchiuso nella tutela e nel rispetto del verde, nel turismo, nel risparmio, ecc) potrebbe, in questo caso, giustificare i mezzi.

Dopo decenni di consumismo esasperato e incontrollato, di sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, ora la tutela del pianeta scorre attraverso un “uso” più consapevole e rispettoso. Se, nei decenni scorsi, vi era stato un abbandono per un’attività poco trendy, ora si assiste a una decisa inversione di tendenza. Il corrispondente termine italiano, “alimurgia”, non sembra presentare l’effetto di “foraging”. Si tratta, tuttavia, della scienza che studia l’utilizzo delle erbe alimentari.

Nel web è possibile trovare diverse opportunità per corsi specifici sull’argomento, a prezzi accessibili. L’obiettivo è quello di formare chi effettuerà foraging, fornendogli, sul campo e con un abbigliamento adeguato, le informazioni necessarie, al fine di coniugare il rispetto per l’ambiente e la raccolta delle piante commestibili (evitando rischi per la salute). Un esame e un attestato finale certificano la competenza professionale. L’elevata preparazione aiuta e protegge chi raccoglie le erbe senza, tuttavia, eliminare il senso semplice dell’avventura e il piacere genuino della scoperta.

I boschi attirano i nuovi appassionati del foraging ma è sempre opportuno un atteggiamento prudente, dimenticando le frenesie cittadine. Si tratta anche di una pratica che riconcilia umore e paesaggi. Si coniugano saperi, sapori, risparmio, natura, relax, valorizzazione e conoscenza del territorio nonché il turismo.

Le riscoperte del territorio, attraverso pratiche di foraging, di foliage (ammirare il cambiamento dei colori della vegetazione) e altre pratiche strettamente legate alla natura e agli animali, iniziano a essere canalizzate e incrementate a favore di un beneficio reciproco: le attività ricettive da un lato e gli appassionati dall’altro. È importante sottolineare anche l’aspetto relazionale che l’alimurgia sviluppa: la pratica è accessibile a tutti, non ha costi particolari e permette di socializzare, di andare in gruppo per aiutarsi e confrontarsi. Esistono diverse app e gruppi social dove il forager può ricavare informazioni utili per caratteristiche delle erbe, corsi e luoghi più incontaminati.

La questione ambientale, argomento di grande attualità, richiamato spesso da Papa Francesco, prosegue ormai da tempo, poiché da decenni il Creato è vittima di azioni umane sconsiderate. Giova ricordare, in questo senso, l’inizio: l’appello di San Paolo VI, già nel 1971. Si tratta di parole di una forte valenza nel mondo attuale, al punto che sembrano scritte in questi mesi “Mentre l’orizzonte dell’uomo si modifica, in tale modo, tramite le immagini che sono scelte per lui, un’altra trasformazione si avverte, conseguenza tanto drammatica quanto inattesa dell’attività umana. L’uomo ne prende coscienza bruscamente: attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione. Non soltanto l’ambiente materiale diventa una minaccia permanente: inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale; ma è il contesto umano, che l’uomo non padroneggia più, creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile: problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l’intera famiglia umana”.

Valeria Margherita Mosca, ricercatrice ambientale ed esperta di etnobotanica, è l’autrice del volume “Alla ricerca della natura selvatica” (sottotitolo “Guida pratica al foraging conservativo”), pubblicato da Fabbri nel marzo scorso. L’estratto recita “Il foraging conservativo – cioè la raccolta di erbe, radici e qualunque vegetale commestibile e invasivo che cresca spontaneo – è un’attività che ci permette non solo di lasciare un’impronta minima sull’ecosistema, di vivere al suo interno con rispetto e consapevolezza e di immergerci nella natura, ma anche di scoprire sapori nuovi da portare in tavola”. L’autrice sottolinea l’aspetto “conservativo” del foraging, proprio per ricordare l’importanza del rispetto e della salvaguardia della natura in cui ci si immerge.

Le accortezze riguardano anche l’osservanza di tempi e calendari delle piante, per cogliere le stesse nel momento più opportuno. Il foraging, inoltre, non significa “deforestazione” ma una moderata raccolta, più misurata nel caso siano presenti pochissimi esemplari. Complice, in questi anni, è stata la notevole diffusione mediatica di programmi a carattere culinario e alimentare che ha sviluppato una particolare sensibilità al tema e a tutte le possibili ricerche, alternative, proposte salutiste ed economiche.

Le piante alimurgiche possono essere commestibili nel fiore, nel gambo, attraverso radici o bacche. Tali piante sono innumerevoli, ne possono essere citate alcune. Per esempio, la borragine è utilizzata per i suoi semi che, lavorati, producono un olio antinfiammatorio; le foglie e i fiori, un tempo cucinate e consumate, oggi si sono rivelati non salutari. La cicoria è nota, da sempre, sia per il suo sapore sia per le proprietà depurative a livello di reni e apparato digerente. Per l’apparato diuretico è utilizzata pure l’ortica; quest’erba, ricca di minerali e vitamine, è impiegata anche in cucina. Il tarassaco, utilizzato a livello diuretico ed epatico, conosce anche un uso alimentare piuttosto variegato. Le erbe selvatiche, cercate nei posti incontaminati, soddisfano non solo a livello di cibi; vi sono, infatti, diversi preparati, a livello di tisane, bevande e liquori. Il ricettario è molto ampio e vario. L’Italia, con il suo territorio così articolato può, a differenza di altri Paesi, con climi più rigidi o aridi, sfruttare l’ennesima risorsa interna, quella della biodiversità. Occorre ricordare come questo tipo di raccolta si sviluppi nelle aree verdi e pubbliche la cui dimensione sta diminuendo sempre più, sotto la spinta di un’incalzante (spesso sottovalutata) urbanizzazione.

Il “Report sul consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi eco sistemici” (edizione 2022), pubblicata da SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) nel luglio dello scorso anno, visibile al link https://www.snpambiente.it/2022/07/26/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici-edizione-2022/, infatti, fornisce molti dati eloquenti, fra questi si legge “Il consumo di suolo, con le conseguenze analizzate approfonditamente in questo rapporto, non solo non rallenta, ma nel 2021 riprende a correre con maggiore forza, superando la soglia dei 2 metri quadrati al secondo e sfiorando i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno, un ritmo non sostenibile che dipende anche dall’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale. […] Nell’ultimo anno, le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 69,1 km², ovvero, in media, circa 19 ettari al giorno. […] Una crescita delle superfici artificiali solo in parte compensata dal ripristino di aree naturali, pari quest’anno a 5,8 km²”.

Nei Paesi tecnologicamente avanzati e a elevata urbanizzazione, si è prodotto un tipo di gap generazionale: non si è verificata, su vasta scala, la trasmissione dei saperi e delle tradizioni, riguardanti erbe e coltivazioni, da parte degli anziani ai loro figli e così via. I giovanissimi attuali, infatti, sono privi di tale formazione, anche a livello visivo; a esempio, molti di loro non hanno visto, dal vivo, una pianta di cicoria. È importante far conoscere ai bambini tale patrimonio di biodiversità, nonché le proprietà nutritive e curative delle erbe. Tutto questo affinché le giovani leve possano offrire un contributo alla tutela dell’ambiente, partendo dalle erbe più semplici, nascoste, belle, sane, gratuite e accessibili.

In altre realtà del pianeta, più agricole, più povere, meno urbanizzate e sviluppate, l’alimentazione poggia quasi del tutto su erbe, frutta e verdura. In questo caso, i bambini conoscono bene le insidie e i vantaggi delle piante. Praticano un foraging di necessità, non di scelta, come i loro genitori e i loro nonni, non essendo cambiata la situazione negli ultimi decenni. Nel mondo che involve, il Creato lascia ancora terreni liberi per sfamarsi ma siccità, alluvioni, brama e cecità umana ne riducono sempre più l’ampiezza.