LA VOCE DEGLI ULTIMI

Ecco perché l’Epifania ci parla di noi. La testimonianza di un missionario

Epifania del Signore: “Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra”. In Terris ha raccolto la testimonianza sul significato dell’Epifania del missionario scalabriniano padre Gaetano Saracino. “La ricerca di Dio è come un viaggio, al ritmo di una carovana, al passo di una piccola comunità– afferma a In Terris il sacerdote della Congregazione dei Missionari di San Carlo– Si cammina insieme, non solo attenti alle stelle ma anche attenti l’uno all’altro. Fissando il cielo e insieme gli occhi di chi cammina a fianco. Rallentando il passo sulla misura dell’altro, di chi fa più fatica”.

Nuovi cammini

“Come per i Magi, anche il cammino di una comunità può essere pieno di errori. Perdono la stella, trovano la grande città anziché il piccolo villaggio. Chiedono del bambino a un assassino di bambini; cercano una reggia e trovano una povera casa. Ma hanno l’infinita pazienza di ricominciare– osserva padre Gaetano Saracino-. Come per i Magi, anche per ciascuno di noi la stella non indica soluzioni immediate ma suscita nuovi inizi e nuovi cammini. Anche nella notte più nera, dopo un fallimento o un pericolo”. Ed ecco la meta. Sottolinea padre Saracino: “Il dono più prezioso che i Magi portano non è l’oro, l’incenso o la mirra. Ma è il loro stesso viaggio che permette di cercare e arrivare ad una luce che c’è. Ed è per ogni uomo, nessuno escluso. ‘Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra’, ripeteremo oggi nel Salmo responsoriale”.

Culla per tutti

“I Magi, e i nuovi popoli con loro, non sono già formati, indottrinati, perfetti, ma sono popoli, comunità, persone in cammino che cercano e portano al Figlio di Dio la vita, proprio nel suo ‘migrare’. Il ‘tutto’ degli uomini è preceduto dal ‘tutto’ di Dio”. La venuta di Dio è per tutti, la culla di Betlemme è per tutti. La mensa eucaristica è per tutti. Quel che conta non è arrivare prima ma arrivare tutti- aggiunge il missionario scalabriniano-. I Magi sono la nostra possibile risposta al Natale del Signore”. Papa Francesco testimonia con il suo pontificato della misericordia che “adorare è un gesto d’amore che cambia la vita”. La riflessione di Jorge Mario Bergoglio sulla solennità del 6 gennaio ruota intorno alle figure dei Magi ed Erode. Metafore di due diversi cammini. Il traguardo del percorso dei Magi è adorare Dio. Poiché questo è il senso di marcia della vita cristiana. Un cammino verso il Signore, “non verso di noi”. Erode, invece, adora solo sé stesso. 

Mistero dell’amore

Adorare, insegna Francesco, è farsi piccoli al cospetto dell’Altissimo. Per scoprire davanti a Lui che “la grandezza della vita non consiste nell’avere, ma nell’amare”. Adorare è riscoprirci fratelli e sorelle davanti al mistero dell’amore che supera ogni distanza. “E’ attingere il bene alla sorgente– spiega il Pontefice-. E’ trovare nel Dio vicino il coraggio di avvicinare gli altri. Adorare è saper tacere davanti al Verbo divino. Per imparare a dire parole che non feriscono, ma consolano”. Vedere la stella è il punto di partenza. “Ma perché, potremmo chiederci, solo i Magi hanno visto la stella? Forse perché in pochi avevano alzato lo sguardo al cielo- evidenzia Francresc Spesso, infatti, nella vita ci si accontenta di guardare per terra: bastano la salute, qualche soldo e un po’ di divertimento. E mi domando: noi, sappiamo ancora alzare lo sguardo al cielo? Sappiamo sognare, desiderare Dio, attendere la sua novità, o ci lasciamo trasportare dalla vita come un ramo secco dal vento? I Magi non si sono accontentati di vivacchiare, di galleggiare. Hanno intuito che, per vivere davvero, serve una meta alta e perciò bisogna tenere alto lo sguardo.

Giacomo Galeazzi

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