Il dramma delle famiglie di persone scomparse. L’intervista ad Annalisa Loconsole

Interris.it ha intervistato Annalisa Loconsole, Vice Presidente Nazionale di Penelope Odv, sulle problematiche legali, burocratiche ed economiche delle famiglie di persone scomparse

La vita di ognuno di noi è troppo preziosa per credere che un uomo possa venir risucchiato in un buco nero e sparire per sempre. Questo pensiero crea uno smarrimento tale da far tremare la terra che calpestiamo. É il rimbombo dei passi delle migliaia di famiglie di persone scomparse che ogni giorno convivono con la sensazione di cercare un ago in un pagliaio.

L’intervista

Interris.it ha intervistato Annalisa Loconsole, Vice Presidente Nazionale di Penelope Odv, associazione che dal 2002 opera accanto alle famiglie che vivono questo dramma. Parlare con lei ha un valore importante. Annalisa da 16 anni vive in prima persona questo miscuglio fatto di angoscia, attesa e speranza. Era una calda mattina di agosto quando suo padre settantunenne, Antonio Loconsole, ha chiuso la porta di casa senza farvi più ritorno. 

Annalisa, cosa è successo quel giorno?

“Nulla di diverso rispetto agli altri. Mio padre, ex sommozzatore dei vigili del fuoco, già da un anno soffriva di Alzheimer. Era un giorno molto caldo e lui come sempre è uscito per una passeggiata, ma stavolta è cambiato qualcosa e lui non è più ritornato. Solo nel pomeriggio, quando abbiamo fatto la denuncia di sparizione, ci siamo scontrati con la triste realtà che il caso di un malato di Alzheimer che si allontana da casa viene considerato come allontanamento volontario”.

Qual è la prima sensazione?

“In questi anni ho incontrato tantissime famiglie che affrontano lo stesso dramma e tutti noi abbiamo un denominatore comune, lo sgomento che si prova non appena si capisce che si tratta di una sparizione. É contro natura pensare che una persona con cui fino al giorno prima hai condiviso la quotidianità, improvvisamente possa svanire nell’oblio, come se mai fosse esistita.  Ricordo che quella sera del 4 agosto 2006 promisi a mia madre che le avrei riportato a casa papà ed invece eccomi qui, dopo sedici lunghi anni, ancora non ho mantenuto quella preziosa promessa”.

Il momento più brutto?

“Il ticchettio delle lancette, lo scorrere dei giorni, il passare dei mesi. La vita corre veloce, e nonostante tutto ci si accorge che nulla cambia, che il telefono non squilla e che la porta non si riapre. Ecco che emerge la frustrazione e l’angoscia per non sapere che cosa sia realmente accaduto. E poi, ad un certo punto arriva una segnalazione e allora improvvisamente il cuore torna a battere forte e si riaccende la speranza”.

Da come parla possiamo capire che quello che vivete non ha nulla a che fare con un lutto. É davvero così?

“Sono d’accordo con questa considerazione. Noi non abbiamo una lapide dove piangere e darci una risposta. Noi viviamo nella continua attesa che qualcuno o qualcosa risolva il nostro rebus. Purtroppo però, man mano che scorre il tempo la soluzione diventa più difficile. La nostra è una vita sospesa come lo è quella del caro scomparso e non trascorre un solo giorno senza pensare a lui o a lei, per non parlare quando durante le festività quel posto vuoto a tavola diventa una vera e propria voragine”.

Annalisa, le sparizioni vengono trattate tutte nella stessa maniera?

“Noi, anche se con sfumature diverse, viviamo il medesimo dramma, ma purtroppo agli occhi della società non è così. Se per esempio a scomparire è una persona anziana c’è meno attenzione e anche i media spesso danno meno visibilità. Al contrario, se si tratta di un giovane i riflettori si alzano. Una cosa è certa, i numeri dicono che dal 1974 gli scomparsi in Italia ammontano a 79.535. Di questi 60.000 sono minori e 40.000 stranieri. Un dato del genere è inquietante e fa tremare la società in cui viviamo”.

Perché un ragazzo o una ragazza si allontana?

“Fino a qualche decennio fa, quando scompariva un minore nella maggior parte dei casi si trattava di rapimenti legati alle adozioni illegali. Oggi invece, il giovane che si allontana è più grande e lo fa perché sollecitato da un susseguirsi di stimoli che possono indurre anche alla violenza e ad atti estremi. Mentre in passato i ragazzi cercavano i propri modelli di vita all’interno della propria famiglia, ora non è più così. Internet e i social hanno avviato un cambio di rotta e la quotidianità di questi giovani è scandita da un click, da un ‘mi piace’, da una foto con più o meno filtri. E se, poi qualcosa va male, ecco l’oblio, ecco la depressione, ecco la voglia di scomparire nel nulla”.

Di cosa si occupa Penelope?

“La nostra associazione è composta da tutti noi che viviamo questo dramma e nasce dalla volontà di aiutarci in questo estenuante cammino di attesa e di ricerca. Per questo Penelope, oltre a fornire un supporto psicologico, si occupa anche dell’aspetto burocratico e legale, mettendo a disposizione dei professionisti che operano nell’ambito civilistico, penale e amministrativo. Uno dei problemi che bisogna affrontare è che tra gli scomparsi si annoverano molte persone affette da patologie psichiatriche. La legislazione dovrebbe garantire a chi soffre di questi malattie una adeguata assistenza anche quando vengono trasferiti negli ospedali. Da un punto di vista burocratico invece, ci stiamo battendo perché, almeno durante il primo anno di ricerca vengano concessi dei permessi retribuiti di astensione dal lavoro. Questa esigenza nasce dal fatto che quando arriva una segnalazione di avvistamento è necessario recarsi sul posto e accertarne la reale veridicità. Non è fantascienza che molti di noi, avendo totalizzato un numero elevato di assenze, sia stato licenziato e si sia trovato ad affrontare una situazione economica molto delicata. Inoltre, stiamo chiedendo che la dichiarazione di morte presunta venga ridotta da 10 a 5 anni in modo tale che, in caso lo scomparso sia in età pensionabile, si possa accedere anticipatamente alla pensione di reversibilità e che, in caso di conti bancari cointestati, ci sia una legge che ne impedisca il totale ‘congelamento’ e la successiva nomina di un tutore”.