Il “capitale naturale” del suolo che ci permette di vivere

In occasione della Giornata mondiale del suolo, Interris.it ha intervistato il responsabile affari legali e istituzionali di Wwf Italia, Dante Caserta

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Nei primi cinque centimetri di terreno è conservato il 90% della biodiversità terrestre, ma nel nostro Paese questo delicato equilibrio naturale è messo a dura prova dal consumo del suolo, che nel 2021 toccato il valore più alto degli ultimi dieci anni. Per consumo del suolo si intende l’aumento della copertura artificiale del suolo rilevato in un certo intervallo di tempo, quando una superficie naturale o semi-naturale viene coperta da edifici o infrastrutture.

La cementificazione del territorio italiano ha ripreso a crescere e nel 2021 ha superato i 69 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno, al “ritmo” di 2,2 metri quadri al secondo, 19 ettari il giorno. Sono 21.500 i km2 di suolo coperti dal cemento, il 25% dei quali – 5.400 km2, una superficie pari alla Liguria – occupati da edifici. E’ quanto emerge dal rapporto 2022 “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa). Nell’ultimo anno, nelle città a più alta densità, si sono persi 27 m2 per ogni ettaro di aree a verde, con l’effetto che nelle metropoli sentiamo sempre più caldo. La differenza di temperatura estiva tra le aree a copertura artificiale densa o diffusa e quelle rurali raggiunge, per via anche del fenomeno delle isole di calore, valori superiori a 3°C. Nell’arco di 15 anni, tra il 2006 e il 2021, l’Italia ha perso 1.153 km2 di suolo naturale o seminaturale per via dell’espansione urbana, rendendo così il suolo impermeabile e riducendo il verde, la biodiversità e i servizi ecosistemici, con un danno economico stimato in quasi otto miliardi di euro l’anno.

La Giornata

Data l’importanza del suolo per la vita sul Pianeta, già vent’anni fa l’Unione internazionale delle Scienze del suolo (Iuss) ha raccomandato che si istituisse una giornata internazionale per il suolo. Quasi un decennio dopo, la Conferenza dell’Organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) ha approvato la Giornata mondiale del suolo e ne ha chiesto l’adozione ufficiale all’Assemblea generale delle Nazioni Unite che, nel dicembre 2013, ha istituito la giornata ufficiale a partire dal 5 dicembre 2014.

L’intervista

In occasione della Giornata mondiale del suolo, Interris.it ha intervistato il responsabile affari legali e istituzionali di Wwf Italia Dante Caserta.

Cos’è il suolo?

“E’ una delle componenti principali dell’ambiente, ciò che ci permette di vivere. Nel dettaglio, è composto da elementi minerali e organici, tra cui quegli organismi viventi che regolano la disponibilità dei nutrienti da cui dipende la fertilità del suolo.  Un solo cucchiaino di terra può contenere anche un miliardo di cellule batteriche. I servizi ecosistemici del suolo sono il nostro capitale naturale”.

E qual è il suo “stato di salute”?

“Da un lato c’è un’occupazione continua del suolo, per via del numero di abitanti del pianeta che aumenta, dell’urbanizzazione e della necessità di coltivazioni da trasformare in mangime per gli allevamenti, dall’altro osserviamo processi di desertificazione – dovuti all’incremento delle temperature –  di aree che, se prima erano utilizzabili, ora non lo sono più. Ci troviamo quindi ad affrontare la crisi climatica e l’occupazione e l’utilizzo degli spazi che rendono la vita sempre più complicata in alcune parti del mondo”.

Qual è la situazione in Italia?

“Continuiamo a consumare una quantità incredibile di suolo. A oggi oltre 21mila chilometri quadrati di territorio italiano sono cementificati, la superficie occupata dai soli edifici è di 5.400 chilometri quadrati  – pari all’intera Liguria. Secondo l’ultimo rapporto sul consumo del suolo del Snpa nel 2021 sono stati coperti 70 chilometri quadrati di suolo, pari a 19 ettari al giorno, 2 metri quadri al secondo. E’ il valore più alto degli ultimi dieci anni. Sono numeri preoccupanti, data inoltre la condizione del nostro territorio, che è fragile e franoso, oltre a essere in larga parte anche sismico”.

Quali danni subiamo dalla cattiva gestione del suolo?

“Il consumo del suolo, oltre a trasformare in peggio il paesaggio, dato che in certe porzioni di tratti costieri di alcune regioni è tutto costruito senza soluzione di continuità, aumenta il rischio idrogelogico: un suolo cementificato è impermeabile e quindi avrà maggior difficoltà a resistere agli allagamenti, considerando oltretutto che oggi quando piove in poche ore cade la pioggia di un mese. La distruzione delle aree verdi rende meno sopportabili le ondate di calore, così nelle nostre città, dove le piante scarseggiano, sentiamo ancora più caldo. Continuando a consumare suolo abbiamo perso la possibilità di stoccare tre miliardi di tonnellate di carbonio, che sarebbe invece stato utile per contrastare i cambiamenti climatici.

Il suolo, dice la Fao, è “dove nasce il cibo”. Il nostro utilizzo di questa risorsa è sostenibile?

“Occorre razionalizzare le produzioni alimentari, basti pensare che produciamo soia che non usiamo per nutrirci ma per gli allevamenti. Il consumo di carne è cresciuto e con esso il suo impatto sui terreni e sul clima, bisogna invece favorire le diete con minor consumo di carne, come quella mediterranea che  tende a recuperare una serie di alimenti che il territorio mette a disposizione. C’è poi il problema dell’elevatissimo utilizzo dei pesticidi, che non scompaiono ma finiscono nelle falde acquifere. I terreni e le acque  impiegano tempo a disinquinarsi in maniera naturale e a volte si ritrovano ancora tracce pesticidi vietati da decenni. Occorre poi ripensare l’agricoltura perché ci sono delle colture che richiedono molta acqua e questo diventa un problema, a maggior ragione di fronte ai sempre più frequenti periodi secchi”.

Come invertire la tendenza del continuo consumo del suolo?

“Sarebbe innanzitutto fondamentale avere una legge quadro sul consumo del suolo, cosa che ancora manca al nostro Paese nonostante i tanti tentativi fatti negli ultimi dieci anni. Intanto le Regioni legiferano in autonomia ma una serve legge-quadro nazionale che fissi determinati temi. Nel novembre dello scorso anno la Commissione europea ha adottato la strategia per il suolo per il 2030, l’Italia dovrà necessariamente fare una legge nazionale e di conseguenza dovranno adeguarsi gli strumenti di pianificazione regionali e comunali. I comuni dovrebbero razionalizzare le città e pensarle in modo tale che sia tutto raggiungibile con i servizi pubblici, per fare usare sempre meno l’automobile. Inoltre, si potrebbero recuperare tantissime aree costruite ma ora abbandonate, per un’estensione complessiva di 310 chilometri quadrati – pari a Napoli e Milano insieme – senza gravare sull’economia pubblica e facendo anche lavorare il settore dell’edilizia”.