Belletti: “Per la quarta Italia la pandemia è uno tsunami”

A Interris.it il professor Francesco Belletti, direttore del Centro internazionale studi famiglia (Cisf), analizza "l'impatto devastante dell'emergenza sanitaria sul 'cattivo lavoro' di centinaia di migliaia di italiani"

“C’è una quarta Italia, devastata dall’emergenza sanitaria“, spiega a Interris.it. Il professor Francesco Belletti vive a Milano con la moglie e i tre figli, insegna Politica sociale e Sociologia della famiglia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dirige il Cisf (Centro internazionale studi famiglia).

I lavoratori abusivi e in nero hanno pagato il prezzo più alto al lockdown provocato dalla pandemia di coronovarus?
“Sì, è così. Ce lo dicono le rilevazioni di ogni osservatorio laico e religioso. E’ la prima linea che ha subito il principale effetto della chiusura. Si tratta di centinaia di migliaia di situazioni di lavoro “cattivo”, cioè non regolamentato. Sono stati i primi a subire le conseguenze del lockdown e gli iniziali provvedimenti di sostegno del governo non li ha intercettati perché ufficialmente loro non esistono, sono degli invisibili e come tali non hanno accesso ad alcuna forma di aiuto pubblico”.

Cambia qualcosa nella fase due per questi “lavoratori invisibili”?
“Adesso si inizia a parlare di reddito universale e di copertura a prescindere dal lavoro svolto. Finora le misure varate dall’esecutivo hanno riguardato solo la cassa integrazione e le partite iva. Invece chi è fuori dal recinto del lavoro regolamentato, non ha avuto niente pur essendo la fascia sociale più colpita dagli effetti della pandemia”.

Perché le ricadute dell’emergenza ha colpito soprattutto loro?
“Un impatto così duro e distruttivo del lockdown si spiega ricostruendo le dinamiche che si sono verificate negli ultimi anni. Ciò che accade oggi è l’esito di una flessibilità che si è progressivamente trasformata in precarietà. E’ una questione di estrema rilevanza che si inserisce nello schema delle tre Italie tracciato dal sociologo e politologo Luca Ricolfi. A queste tre Italie, a mio parere, ne va aggiunta una quarta”.

Quali sono queste quattro Italie alla prova della pandemia?
“La prima Italia è quella del lavoro garantito, prevalentemente pubblico. Sono i lavoratori più tranquilli, dai parlamentari in giù. I loro stipendi non sono minacciati dall’emergenza sanitaria e il cambiamento può sfiorarli solo per le loro mansioni che svolgono da casa. La seconda Italia, poi, è quella del lavoro retribuito privato e della libera professione per la quale sono stati stanziati dal governo i fondi per la cassa integrazione e le partite iva: qui i danni economici del lockdown sono stati pesanti. C’è, inoltre, la terza Italia quella dell’illegalità. dei business criminali. Infine la quarta Italia che si compone del lavoro in nero e sommerso”.

Quali sono le caratteristiche del mondo del lavoro sommerso?
“Sono centinaia di migliaia di lavoratori dietro ai quali ci sono altrettante famiglie attaccate con le unghie e con i denti a piccole opportunità. E’ un’area di notevole fragilità, molto estesa ma poco conosciuta. Sono persone e famiglie che vivono di lavoro nero, senza protezioni, in una condizione di totale precarietà lavorativa e di strutturale insicurezza esistenziale. Sono gli invisibili che fanno fatica a rappresentarsi e a trovare un portavoce delle loro istanze”.

Foto © Reuters

Può indicarci il loro “identikit” sociale durante il lockdown?
“Sono i primi che in due mesi di pandemia hanno riempito le mense della Caritas e i centri di ascolto delle realtà di solidarietà mai così mobilitate come durante il lockdown. Sono persone che finora erano sempre riuscite ad affrontare da soli le difficoltà e che, prima della chiusura per pandemia, riuscivano in qualche modo a restare in linea di galleggiamento senza dover ricorre al sostegno di strutture assistenziali”.