L’arcolaio: un simbolo di libertà

Un mondo di dolcezze arriva dal carcere di Siracusa. Un progetto che favorisce il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti. Chiara Pota presenta ad Interris.it la cooperativa dell'Arcolaio

Dolci Evasioni

La detenzione è una fase della vita per chi commette delitti e contravvenzioni. La durata del periodo di detenzione cambia a seconda del delitto commesso, ma ad ogni modo il carcere rimane un luogo dal quale ripartire. Dietro le sbarre si nasconde un mondo che ti prepara a riaffrontare la società, un mondo fatto di persone che aiutano i detenuti a reinserirsi nel tessuto sociale attraverso vari progetti. Tra questi c’è l’Arcolaio, una Cooperativa sociale fondata nel 2003 per favorire l’inserimento lavorativo dei detenuti attraverso la gestione di un’attività produttiva all’interno del carcere di Siracusa di cui cura e avvia lo sviluppo commerciale.

“Inizialmente la cooperativa produceva pane biologico, ma ha incontrato parecchie difficoltà commerciali così questa scelta fu abbandonata privilegiando la realizzazione biologica, senza glutine e solidale di paste di mandorla e di altri dolci tipici della tradizione siciliana” racconta Chiara Pota, responsabile della comunicazione della Cooperativa.

Dolci Evasioni

Dall’Arcolaio nasce Dolci Evasioni

“La cooperativa nasce con l’obiettivo di offrire percorsi di inserimento socio-lavorativo ai detenuti della Casa Circondariale di Siracusa, dove già esisteva un grande spazio adibito a laboratorio per la produzione di pane biologico. Dopo aver preso in gestione il panificio, ben presto la Cooperativa decise di convertire il laboratorio in biscottificio senza glutine, puntando all’utilizzo di materie prime del territorio e del commercio equo-solidale per la produzione di dolciumi tipici della tradizione siciliana. Nascono così le nostre Dolci Evasioni. Il nostro nome si ispira all’insegnamento di Gandhi, che fece dell’arcolaio un simbolo di libertà, invitando alla riscoperta dei mestieri tradizionali e all’utilizzo coerente delle ricchezze della propria terra”.

La valorizzazione della diversità

“Sin dall’inizio uno dei tratti distintivi dei nostri prodotti è stato l’impiego di materia prima biologica, proveniente da reti collaborative di piccoli agricoltori locali e dal commercio equo e solidale (lo zucchero di canna, ad esempio), come segnale della dimensione planetaria della solidarietà. Ci impegniamo a prediligere ingredienti che provengono da filiere controllate che salvaguardano gli equilibri dell’ambiente e tutelano i diritti dei lavoratori. Il rispetto per la terra passa anche attraverso la valorizzazione della diversità naturale e culturale del territorio, che ci porta a prediligere la mandorla. Crediamo che le esperienze di economia sociale rappresentino un fattore evolutivo per riequilibrare i meccanismi del mercato e miriamo a sensibilizzare il pubblico verso il consumo critico e consapevole. In questo modo continuiamo a dare il nostro contributo all’evoluzione del sistema penitenziario verso una vera funzione rieducativa e decliniamo quotidianamente lo spirito di accoglienza in concreti progetti di inserimento lavorativo.

L’idea di sociale

“Il nostro concetto di “sociale” va oltre i detenuti e il carcere, abbraccia la comunità intesa come abitanti del nostro pianeta, e il pianeta stesso. Le nostre Dolci Evasioni sono il frutto di un modello di sostenibilità che rispetta e valorizza la nostra terra, le tradizioni e la crescita delle persone. Questi valori si traducono in tutti i passaggi del nostro operato, dalla selezione di fornitori “etici” allo studio del nuovo packaging, dai rapporti con i dipendenti alla relazione con la comunità locale”.

Dolci Evasioni

Cosa rappresenta Dolci Evasioni nel mondo del Made in Italy? Quali sono i vostri progetti odierni e quelli futuri?
“I nostri prodotti valorizzano l’artigianalità, la qualità e le tradizioni e rappresentano un esempio di eccellenza produttiva italiana. Ma si distinguono per i valori di solidarietà di cui sono ambasciatori. Come tutti i prodotti frutto di imprese sociali, il business non è speculativo, non mira al profitto di pochi, ma al benessere di molti”.

Cosa significa aderire a questo progetto?
“Dare un’opportunità a chi non ce l’ha, per le tante storture del nostro sistema. Restituire dignità a chi si sente messo in un angolo. Costruire percorsi di inserimento, di riscatto, di rivincita. Contribuire alla costruzione di un nuovo sistema di welfare, alternativo, più sostenibile e inclusivo rispetto al modello di sviluppo che, nonostante i tanti proclami e le debolezze messe in evidenza dagli ultimi accadimenti, continua a imperare”.

Quanto è importante essere inseriti in questa realtà per i detenuti?
“I detenuti acquisiscono una professionalità e ritrovano la piena dignità di lavoratori, nel rispetto del contratto nazionale di lavoro delle cooperative sociali. Oltre a consentire loro di avere uno stipendio con il quale potersi pagare le spese legate alla detenzione, questo permette loro di sperimentarsi come “lavoratore”. Per loro nella fase iniziale dell’assunzione la difficoltà maggiore è quella di distinguere il luogo di lavoro dal carcere, ciò perchè il biscottificio è interno al carcere. Quando arrivano in cooperativa vengono trattati da lavoratori (svantaggiati e con problematiche su cui lavorare, ma da lavoratori) e non da detenuti/operai. Per noi non sono il “loro reato” ma delle persone a cui dare una possibilità di riscatto e ciò per loro è molto importante e li aiuta a riappropriarsi della loro dignità e lavorare sulla loro autostima e le loro risorse. Tutto questo si traduce in una drastica riduzione del rischio che il detenuto, una volta fuori dal carcere, ritorni a delinquere, come dimostrato da diversi studi in Italia”.

Storie o aneddoti particolari che si possono raccontare?
“Una storia di successo che ci piace sempre raccontare è quella di Max, il nostro uomo “copertina”. Entrato in cooperativa come dipendente presso il biscottificio anni fa, ha trovato nel lavoro e nel rapporto con la cooperativa una vera chiave di volta nella sua vita. E pensare, come racconta lui, che quando iniziò a lavorare nel laboratorio non sapesse nemmeno cosa fosse il latte di mandorla, chiedendosi quale animale potesse produrre tale bevanda! Di strada ne ha fatta tanta. E L’Arcolaio è diventata la sua “famiglia”, come dice sempre. Nel progetto ha creduto così tanto da diventare socio lavoratore. Una volta passato in regime di semi-libertà, quasi due anni fa, è stato possibile offrirgli un incarico fuori dal carcere, ed essere inserito nel nostro progetto di agricoltura sociale Frutti degli Iblei. Ora Max è responsabile del laboratorio di essiccazione annesso al progetto e non perde occasione di testimoniare, con le parole e con il suo operato, l’importanza del percorso che gli è stato offerto dalla nostra cooperativa”.