Agricoltura in rosa: le under 35 le nuove imprenditrici

Nel giorno in cui si celebrano le donne rurali, Interris.it ha intervistato Silvia Bisco, responsabile di Donna Impresa, realtà che riunisce le imprenditrici aderenti a Coldiretti

fattorie
Female farmer analyses the soil before planting and wearing a protective mask against coronavirus

Riconoscere il ruolo decisivo delle donne nello sviluppo e nella sicurezza alimentare, questo lo scopo della Giornata internazionale delle donne rurali, istituita nel 2007 dalle Nazioni Unite e che si celebra ogni 15 ottobre.

Un tema cruciale

Il tema è di cruciale importanza per i destini del nostro pianeta e dell’umanità, poiché il lavoro femminile e più in generale l’apporto delle donne nell’agricoltura e nella gestione delle aree rurali può essere uno degli elementi più importanti per la lotta alla povertà.

La Fao sottolinea infatti che “nelle aree rurali dove vive la maggior parte delle persone che soffrono la fame, le donne producono la maggioranza degli alimenti consumati sul posto”. “Il loro contributo potrebbe essere maggiore se avessero un adeguato accesso alle risorse e ai servizi essenziali, come la terra, la disponibilità di credito e la formazione – scrive ancora l’agenzia dell’Onu -. L’eliminazione degli ostacoli che bloccano le donne potrebbe essere la chiave per raggiungere l’obiettivo del Vertice mondiale sull’alimentazione; ma per questo sono indispensabili politiche ispirate da una maggiore conoscenza delle difficoltà e aspirazioni femminili, e anche dalla partecipazione delle donne contadine”. In sintesi le donne, soprattutto nei paesi Poveri, hanno in mano la produzione alimentare ma non ancora il management delle politiche agricole.

L’intervista

Un modello vincente, che può tracciare la strada per uno sviluppo sostenibile ed inclusivo, è quello italiano dove, secondo i dati Unioncamere 2020, sono 207mila le imprenditrici agricole e il 40% dell’intera forza lavoro è costituita da donne. Per capire le ragioni di questa rivoluzione rosa, Interris.it ha intervistato Silvia Bisco, responsabile di Donne Impresa, realtà che riunisce le imprenditrici aderenti alla Coldiretti.

Le donne sempre più protagoniste nell’agricoltura, cosa muove questo impegno crescente?

“Da venti anni a questa parte le imprese agricole al femminile sono cresciute esponenzialmente, questo grazie alla Legge di Orientamento del settore agricolo del 2001 che ha messo in condizioni gli imprenditori di diversificare le opportunità aziendali. Le aziende sono andate oltre la semplice coltivazione di ortofrutta e hanno potuto sviluppare diverse attività: agriturismo, vendita diretta, fattorie didattiche, agricoltura sociale, innovazione. In questo contesto le imprese al femminile sono quelle che hanno guardato meglio al futuro. L’imprenditrice donna ha un alto livello di scolarità. Ora circa il 30% delle imprese è guidato da donne, un percentuale in linea con la media europea”.

Terra, natura, agricoltura sono tutte parole declinate al femminile e che rimando alla generazione della vita…lo sguardo femminile può essere un valore aggiunto in questo settore?

“Assolutamente sì, come Donne Impresa ci occupiamo educazione, accompagniamo le nuove generazioni ad un consumo consapevole e alla sostenibilità, questo significa avere consumatori del domani che apprezzano il cibo di qualità. Valorizziamo la funziona educativa che hanno le donne. Il progetto cammina a gradi passi, siamo presenti in molti istituti scolastici, facciamo servizio sociale e offriamo una visione d’insieme sull’utilizzo delle risorse della terra”.

Cercate di esportare questo modello?

“Recentemente Roma ha ospitato una food summit edition, dove abbiamo potuto rivolgerci alla vice segretaria dell’Onu, Amina J Mohammed, con la quale abbiamo allacciato rapporti e opportunità per dare attenzione al mondo femminile. La pandemia ha rappresentato una battuta d’arresto di questo processo di sviluppo ma le aziende non hanno perso la fiducia. Ma quello che voglio sottolineare è la ritrovata dignità e orgoglio nel fare agricoltura. Donne che studiano e si laureano poi tornano nelle loro terre di origine per fare le imprenditrici agricole”.

Affianco alle opportunità di sbocco professionale di alto livello c’è ancora la piaga dello sfruttamento e del caporalato. Le donne sono coinvolte da questo fenomeno?

“Coldiretti ha sempre combattuto le agromafie e il caporalato, le nostre aziende sono molto attenzionate, lo sfruttamento non è un fenomeno avvezzo alle donne. Nelle nostre fattorie sociali abbiamo anche persone con percorsi difficili e disabili. Le aziende al femminile hanno una particolare vocazione di cura dei loro dipendenti. Le donne sanno bene che il valore aggiunto dell’impresa sono le persone che ci lavorano e bisogna fare in modo che siano trattare nel miglior modo possibile”.

Possiamo dire che grazie alle donne il mondo rurale può riscoprire le sue radici più profonde e guardare al futuro con ottimismo?

“Sì, avvertiamo una nuova sensibilità, un’energia che rinnova tutto il settore. Fino a venti-trenta anni fa si cercava a tutti i costi il posto in fabbrica o in ufficio, oggi c’è l’orgoglio e il piacere di rimanere o entrare nell’agricoltura. Le donne under 35 sono il più nutrito gruppo di nuovi imprenditori. Posso portare decine di esempi eccellenti. In uno dei webinar che abbiamo organizzato per la Giornata indetta dall’Onu interverrà una ragazza calabrese che ha studiato a Londra e lavorato in Amazon e che poi è tornata a Rosarno dove ora conduce un’azienda agricola all’avanguardia, la prima del centro sud in termini di sostenibilità”.