Fontana: “Legge Mancino arma dei globalisti, va abrogata”

Sulla scia di un'altra campagna mediatica contro un presunto riemergere del razzismo, nel 1993, fu approvata in Parlamento la legge Mancino, finalizzata a sanzionare e condannare gesti, azioni e slogan riconducibili all'ideologia nazifascista. A venticinque anni di distanza, quella misura continua a far discutere. Spesso è stata accusata di essere uno strumento per reprimere opinioni scomode, non allineate al pensiero dominante di sinistra. Sembra pensarla più o meno così anche Lorenzo Fontana, ministro della Famiglia, che in un post su Facebook propone: “Abroghiamo la legge Mancino, che si è trasformata in una sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano“.

“L'identità dei popoli fa paura ai globalisti”

“I fatti degli ultimi giorni – scrive il ministro Lorenzo Fontana – rendono sempre più chiaro come il razzismo sia diventato l'arma ideologica dei globalisti e dei suoi schiavi (alcuni giornalisti e commentatori mainstream, certi partiti) per puntare il dito contro il popolo italiano, accusarlo falsamente di ogni nefandezza, far sentire la maggioranza dei cittadini in colpa per il voto espresso e per l'intollerabile lontananza dalla retorica del pensiero unico. Una sottile e pericolosa arma ideologica studiata per orientare le opinioni”. L'esponente della Lega ritiene che “tutte le prime pagine dei giornali montando il caso ad arte, hanno puntato il dito contro la preoccupante ondata di razzismo, per scoprire, in una tragica parodia, che non ce n'era neanche l'ombra. Se c'è quindi un razzismo, oggi, è in primis quello utilizzato dal circuito mainstream contro gli italiani. La ragione? Un popolo – aggiunge il ministro leghista – che non la pensa tutto alla stessa maniera e che è consapevole e cosciente della propria identità e della propria storia fa paura ai globalisti, perché non è strumentalizzabile“. “I burattinai della retorica del pensiero unico – conclude – se ne facciano una ragione: il loro grande inganno è stato svelato”.

Pd: “Governo è nero, non gialloverde”

Le parole del ministro Fontana suscitano polemiche. I primi ad insorgere sono esponenti del centro-sinistra, che agitano di nuovo lo spettro del fascismo. “Incredibili le parole del ministro Fontana che vuole abolire la legge Mancino. Più passano i giorni e più questo governo mostra la sua vera essenza, il suo vero colore: non gialloverde, ma nero”. Lo scrive su Twitter il senatore Pd, Ernesto Magorno. In forma di tweet arriva anche il moto di sdegno di Maurizio Martina, segretario del Pd, che scrive: “Altro che abrogare la legge Mancino. Da abrogare è il ministro Fontana. E con lui il governo dell'odio, sempre più pericoloso per gli italiani”. Insorge anche Leu, la cui senatrice Loredana De Petris ritiene che quella del ministro della Famiglia sia “una gravissima provocazione e una legittimazione del razzismo e della xenofobia”.

Insorgono Arcigay ed ebrei

Per l'Arcigay “non solo non va abolita, ma va da un lato estesa all'omotransfobia, dall'altro resa ancora più efficace e applicata, specie in questi anni in cui si moltiplicano i rigurgiti xenofobi e fascisti, in cui si spara allo straniero e si inviano proiettili perfino via posta elettronica, per intimidire chi dà voce all'antifascismo”. Così Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay. Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica romana, commenta: “Se si accetta l'incarico di Ministro della Repubblica di questo Paese lo si deve fare coscienti della storia e della responsabilità, evitando boutade e provocazioni stupide. Sopratutto a 80 anni anni dalle Leggi Razziali sarebbe bene comprendere come combattere le discriminazioni invece che strizzare continuamente l'occhio ai neofascismi”. La Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni aggiunge: “Sono parole che offendono profondamente quanto si è inteso difendere a seguito di gravissimi episodi neonazisti e neofascisti e di grave recrudescenza negli anni Ottanta”.

Salvini, Di Maio e Conte stemperano, FdI con Fontana

“Alle idee, anche le più strane, si risponde con le idee, non con le manette“, afferma Matteo Salvini appoggiando così la critica di Fontana nei confronti della legge Mancino. Tuttavia – aggiunge il vicepresidente del Consiglio – “priorità della Lega e del governo sono lavoro, tasse, giustizia e sicurezza. Evitare di processare le idee nel nome della libertà di pensiero è una battaglia giusta, ma certo non una priorità“. Getta acqua sul fuoco Luigi Di Maio, che scrive su Facebook: “La discussione sull'abrogazione della Legge Mancino può chiudersi tanto rapidamente quanto si è aperta. Prima di tutto non è nel contratto di governo. In secondo luogo è uno di quegli argomenti usati per fare un po' di distrazione di massa che impedisce di concentrarsi al 100% sulle reali esigenze del Paese: lotta alla povertà, lavoro e imprese”. Sollecitato ad intervenire, ha preso la parola sull'argomento anche il primo ministro Giuseppe Conte: “In questo momento il governo deve lavorare e impegnarsi su molti fronti caldi: rilancio dell'occupazione, riforme strutturali che consentano la crescita economica e lo sviluppo sociale del Paese. Concentriamo su questi obiettivi il nostro impegno”. A favore dell'abrogazione della legge Mancino è Giorgia Meloni, leader di FdI, che su Facebook ha scritto: “Fratelli d'Italia condivide la proposta del ministro Fontana di abrogare la legge Mancino. Siamo sempre stati contrari ai reati di opinione perché riteniamo la libertà di espressione sacra e inviolabile. Abbiamo già proposto l'abrogazione di questa norma nella scorsa legislatura quando il Partito Democratico e la sinistra hanno tentato di approvare in Parlamento la folle proposta di legge Fiano: siamo pronti a rifarlo oggi”.

Il ddl Fiano

La legge chiamata in causa dalla Meloni, primo firmatario Emanuele Fiano (Pd), è stata approvata a settembre alla Camera e prevede sanzioni nei confronti di chi richiami “pubblicamente la simbologia o la gestualità” del fascismo o del nazismo. Le pene, che si aggravano di un terzo se la propaganda è commessa attraverso pc e internet, vanno dai sei mesi ai due anni di reclusione. La misura, in attesa di approvazione in Senato, fu foriera di dibattito e perplessità simili a quelle che accompagnano ancora oggi la legge Mancino.