“Pietà e solidarietà inghiottite da rigurgiti egoisti”

Attenzione alle chiusure, all’avidità, alle paure che rischiano di attanagliarci e di fronte alle quali la pietà e la solidarietà sembrano essere svanite, evaporate. E’ il monito lanciato oggi dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, durante l’omelia della Messa celebrata nella cattedrale di S. Stefano a Concordia Sagittaria, in provincia di Pordenone, in occasione della festa patronale. 

Come riferisce il Sir, il porporato ha sottolineato che “Missionari ed evangelizzatori non ci si improvvisa. Questo risulta tanto più vero nel mondo di oggi, che richiede cristiani convinti, formati, consapevoli della ricchezza che possono donare agli altri”. Rivolgendosi poi in maniera diretta ai sacerdoti, il cardinale ha aggiunto che “la più grande testimonianza è quella che viene non dalle parole, ma dalla vita, e da una vita spesa, come ha fatto Stefano, a servizio degli altri”. “Anche nel nostro tempo, la testimonianza del Vangelo passa non tanto dai proclami, ma attraverso il servizio ai poveri, ai fragili, agli indifesi, ai non potenti”. 

Il cardinale ha ricordato come “i modelli di pensiero e gli stili di vita dominanti spesso confliggono con l’esigenza della vita nuova in Cristo” e c’è il rischio di rimanere invischiati in questo atteggiamento, di assorbire quasi per osmosi dall’ambiente circostante una mentalità che non ha nulla a che vedere con il mandato evangelico. I cristiani non sono immuni da questi pericoli e la conseguenza è che “siamo tutti più chiusi in noi stessi, noi sacerdoti compresi, e forse meno disposti a venire incontro alle esigenze del prossimo; siamo tutti più avidi di beni; siamo sempre più indifferenti o impauriti di fronte a un mondo che continuamente ci interpella con le sue tragedie”. 

“Un male profondo sembra esser sorto all’interno della società come della Chiesa: un senso di smarrimento ci assale ogni giorno dinanzi ai drammi della violenza, della droga, del gioco d’azzardo, dell’immoralità e dell’arroganza diffusa, del disprezzo della vita e della dignità delle persone – ha proseguito il cardinale – La solidarietà e la pietà, che erano il collante delle nostre comunità, sembrano essere svanite, nella notte nera dei rigurgiti egoisti”, mentre “la partecipazione ai sacramenti e alla vita di Chiesa, fervente e generosa fino a qualche decennio fa, si sta affievolendo ovunque, e la precarietà economica di tante famiglie e di tanti giovani e anziani non favorisce quella attenzione generosa alla comunità”.

Uno scenario in cui l’arcivescovo di Perugia ha incoraggiato i sacerdoti a “seminare speranza tra i solchi di una terra forse a tratti arida, ma pronta a rivelarsi rigogliosa e fertile se irrorata dall’amore di Cristo”. L’esempio è quello di santo Stefano e dei santi martiri concordiesi: “Torniamo a testimoniare con coraggio il messaggio salvifico del Vangelo, capace, oggi come allora, di cambiare il male in bene, le tenebre in luce, la disperazione in gioia, la violenza in pace, la morte in vita”.