I risultati della tutela dei minori nei conflitti armati

Il 4 giugno si celebra la Giornata internazionale dei bambini innocenti vittime di aggressioni. La decisione di dedicare una giornata internazionale a questo tema risale al 19 agosto 1982: durante una sessione speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata alla questione palestinese, i partecipanti, “sconvolti dal grande numero di bambini palestinesi e libanesi innocenti vittime degli atti di violenza perpetrati da Israele”, vollero sottolineare la necessità di dedicare ai bambini un’attenzione particolare. Specie in caso di guerra. Per questo, con la risoluzione ES-7/8, decisero di dedicare a questo tema una giornata, un momento per sensibilizzare e prendere atto del numero impressionante di bambini vittime di abusi fisici, mentali ed emotivi in tutto il mondo.

Qualche anno dopo, nel 1996, il Rapporto Machel (dal nome dell’autrice Graça Machel, incaricata dall’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite, Boutros Ghali) fornì uno spaccato di quelli che sono gli effetti delle guerre e dei conflitti sulla vita dei bambini.  E non solo in Palestina ma in tutto il mondo. I dati riportati misero in luce che poco o niente era cambiato dal 1982, nonostante, nel frattempo, il 20 novembre 1989, fosse stata approvata la Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC). Per far fronte a queste criticità, il 12 dicembre 1996, l’Assemblea Generale adottò una nuova risoluzione, la 51/77, che prevedeva la nomina di un Rappresentante Speciale del Segretario Generale per i bambini e i conflitti armati, il cui mandato è d’indagare sulla condizione dei bambini coinvolti nelle guerre.

Nonostante questo ulteriore sforzo, pochi sono stati i miglioramenti. Dal 2010 al 2019, il numero di bambini che vive in zone di conflitto è aumentato. E così il numero di gravi violazioni verificate nei confronti dei bambini, dalle uccisioni alle mutilazioni al reclutamento nelle forze armate a varie forme si sfruttamento e di violenza sessuale. Nel 2019, si stimava che almeno 142 milioni di bambini vivevano in zone di guerra. Di questi, ben 24 milioni presentavano gravi conseguenze di questa situazione sulla propria salute mentale: 7 milioni erano a rischio di disturbi mentali acuti, come sintomi di depressione, ansia, atti di autolesionismo, fino ad arrivare a tendenze suicide. A loro si aggiungono le centinaia di migliaia i bambini separati dalle loro famiglie a causa delle guerre.

Vittime innocenti che sono solo l’ennesima dimostrazione (se mai ce ne fosse bisogno) che regole, tutele sui diritti umani e accordi internazionali non contano nulla quando si è in guerra. Che fine ha fatto l’articolo 38 della Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia che riguarda proprio il (non) coinvolgimento dei minori nei conflitti armati? Che fine ha fatto il Protocollo opzionale della CRC approvato nel febbraio 2002 (e ratificato da ben 172 paesi delle Nazioni Unite) che riguarda il divieto di reclutamento dei minori e la loro tutela e ha innalzato il limite di età per la partecipazione ai conflitti da 15 a 18 anni? E che fine ha fatto la Risoluzione 1882 del 2009 contro le mutilazioni infantili, infanticidi e stupri anche durante i conflitti armati? Nel 2007, durante la “Free Children from War Conference” che si tenne a Parigi, fu Fosca Nomis, portavoce della Coalizione italiana, a doverlo ammettere: “L’impegno della comunità internazionale nel porre fine a questo dramma non può essere messo in dubbio, tuttavia questo sforzo non ha prodotto i risultati attesi: leggi, politiche e prassi devono tradursi in cambiamenti concreti, affinché non accada mai più che dei minori siano coinvolti in guerre e conflitti armati”.

Basta guardare cosa avviene oggi, non solo in Ucraina, ma in tutto il mondo, per capire che questi sforzi non hanno prodotto i risultati sperati. Gli ultimi dati forniti dalle Nazioni Unite parlano di almeno 20 conflitti in 13 paesi (eppure, oggi si parla solo di Ucraina e Russia) in cui sono coinvolti in diversi modi “decine di migliaia di bambini” (ormai si preferisce non dare più i totali). Quello che forse impressiona di più è il dato circa l’arruolamento di bambini di 8 o 9 anni. Per questi bambini la vita finisce prima di cominciare. Per loro e per le decine di migliaia di adolescenti che hanno dovuto rinunciare alla propria famiglia o una istruzione di base o sono stati in qualche modo vittime di violenza durante guerre che non sanno nemmeno perché vengono combattute.

E nonostante le oltre 400 pagine di leggi, politiche e regolamenti scritte per proteggere i bambini dalle violenze subite nelle guerre o dalle conseguenze che questi conflitti possono avere sulla loro salute, nel mondo milioni i bambini continuano ad essere vittime innocenti di reati quasi sempre impuniti.