Tutto quello che di nuovo ci aspettiamo con il nuovo passo di Draghi

L'ingresso di Palazzo Chigi durante la riunione della cabina di regia sul nuovo DPCM, Roma, 2 marzo 2021. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Formalmente è il primo della gestione Draghi. Politicamente, però, tutti sperano sia l’ultimo. Perché anche la forma, per il nuovo Governo, diventa sostanza. E la sostanza, a dire il vero, c’è. Il Dpcm sarà in vigore dal 6 marzo al 6 aprile 2021 e conferma, fino al 27 marzo, il divieto già in vigore di spostarsi tra regioni o province autonome diverse, con l’eccezione degli spostamenti dovuti a motivi di lavoro, salute o necessità.

Dunque niente riunioni notturne a Palazzo Chigi o annunci a sorpresa via social, con provvedimenti entrati in vigore dalla mattina alla sera. No, stavolta tempi certi e indicazioni chiare. Non è cosa da poco. Tutt’altro.

“Non è il Dpcm last minute, Draghi e tutta la maggioranza hanno voluto un cambio di passo nei tempi e nel metodo per non arrecare ulteriori disagi ai cittadini”, ha spiegato la ministra per gli Affari regionali e le Autonomie, Maria Stella Gelmini, in conferenza stampa a Palazzo Chigi.

La liturgia della politica, quando viene rispettata, merita di essere presa in considerazione. I governi Conte, con l’ossessione per la comunicazione e l’immagine del suo portavoce, Rocco Casalino, avevano portato il Governo a spiaggiarsi sui social, inseguendo like e consensi.

Draghi, ribaltando la prospettiva, guarda oltre la rete, puntando al cuore del problema. Siamo onesti: i cambiamenti, i cambi di passo, richiedono tempo. E Mattarella, a Draghi, il tempo lo ha concesso, mettendogli attorno un’ampia maggioranza politica.

“I tempi sono fondamentali per non arrecare nuovi disagi ulteriori ai cittadini: la bozza era pronta da venerdì. C’è un cambio nel metodo, perché il Dpcm è improntato alla massima condivisione possibile. La risoluzione del Parlamento è la stella polare, poi la condivisione si è estesa alle Regioni, province, comuni. Abbiamo cercato di acquisire il punto di vista degli amministratori: abbiamo accolto alcune proposte come la partenza delle misure restrittive dal lunedì”, ha spiegato la Gelmini.

Merito e metodo dunque. Non improvvisazione, tanto meno ideologizzazione del tema. Ecco, chi va insistendo sul nodo della discontinuità dal governo precedente, accusando Draghi di essere un Conte sotto altri colori, evidentemente non vuol vedere la realtà. E, se la vede, osserva solo ciò che interessa. Oppure, ed è il tratto saliente della mozione contro Draghi, mal sopporta il ritorno della Lega in maggioranza, corroborato dal cambio di passo di Salvini, perfetto controcampo alla crisi strutturale del Movimento 5 Stelle.

In questa fase, a prevalere, deve essere l’interesse del Paese, non il particolare. E Draghi si sta muovendo in quella direzione. La prossima mossa del premier? Sicuramente Alitalia. E poi il Monte dei Paschi di Siena. Per non dire dell’Ilva. La traduzione è semplice: tappare le falle che il governo Conte, impegnato a comunicare per piacere alla gente, non ha nemmeno preso in considerazione. Risolvere problemi, non aggirarli. Compresa la completa riscrittura del piano per la gestione dei fondi europei, il famoso Recovery plan. Un nodo cruciale questo. Modesto paragone.

Le nomine di Curcio alla Protezione civile e Figliuolo a Commissario per l’emergenza Covid sono state rese note con un comunicato. Simile la formula per gli uscenti Borrelli e Arcuri: a Borrelli vanno “i ringraziamenti per l’impegno profuso e il lavoro svolto in questi anni”; ad Arcuri “i ringraziamenti del Governo per l’impegno e lo spirito di dedizione con cui ha svolto il compito a lui affidato in un momento di particolare emergenza per il Paese”. Immaginate solo cosa avrebbero fatto Conte e Casalino.

Immaginate. Ecco, allora il, primo Dpcm di Draghi, o l’ultimo della serie, sono comunque un segnale importante per il Paese. Del quale bisognerà valutare gli effetti nel lungo periodo. Non possiamo scordarci il convitato di pietra di tutto questo argomentare. Senza la vaccinazione di massa, senza un’operazione seria, rischiamo non solo il futuro, ma anche il presente. E Draghi questo lo sa bene. Per questo preferisce lavorare invece di parlare. In conferenza stampa andrà quando sarà necessario. Se questa non è discontinuità, al di là del primo o dell’ultimo Dpcm.