Penalizzare il settore scolastico vuol dire precludere opportunità per le generazioni future

L’istruzione, concetto che in gran parte del mondo occidentale viene quasi dato per scontato e che è considerato non solo un diritto inalienabile ma addirittura un dovere, viene definito “l’arma più potente da utilizzare per cambiare il mondo” da uno dei più grandi difensori dei diritti umani che il mondo abbia conosciuto, il Presidente del Sud Africa Nelson Mandela.

Negli ultimi tempi si è perso il senso profondo che ha la scuola e il perché sia così importante tutelare l’istruzione dei nostri ragazzi. Con l’arrivo della pandemia, poi, molti equilibri, che già vivevano in bilico, sono andati rovinosamente a deteriorarsi, fino ad arrivare a un quasi totale abbandono della cultura e dell’istruzione, spesso considerata come qualcosa di superfluo. Basti pensare a cosa è successo nella prima ondata di Covid-19, con la chiusura per oltre quattro mesi degli istituti scolastici, quanto nemmeno le due guerre mondiali avevano fatto.

Il dibattito odierno messo in campo da alcuni governatori delle regioni italiane e dalla maggior parte della classe politica nazionale verte non sulle ricadute che la chiusura delle scuole e dei luoghi di cultura hanno sui cittadini e sui nostri ragazzi, ma sempre più sul consenso personale o ancor peggio, sulla cultura di uno Stato assistenzialista che priva di dignità ogni individuo, tanto che il Governo e la gran parte dei Governatori regionali considera la scuola come problema di diffusione del contagio e preferisce chiuderla e oscurarla piuttosto che mettere in campo misure per garantire lo svolgimento delle lezioni in sicurezza.

Eppure senza crescita culturale non può esserci crescita economica e sociale e, inoltre, penalizzare il settore scolastico significa precludere opportunità future alle nuove generazioni, costrette già a pagare il prezzo più alto in questa crisi.

Ad oggi in Italia ci sono 57.831 scuole di cui 44.896 statali e 12.935 paritarie per un totale di oltre 8 milioni di studenti. Gli stessi che durante il lockdown di marzo hanno pagato un costo altissimo ora rischiano di ritornare in pochi giorni in isolamento domiciliare davanti ad uno schermo a seguire le lezioni a distanza. Anche perché se non si attuano misure concrete e immediate per alleviare la pendenza della curva dei contagi, c’è un serio rischio di un nuovo lockdown con la conseguente chiusura di tutte le scuole in presenza, anche per le medie inferiori, dove le lezioni frontali sono fondamentali per la crescita socio pedagogica dei bambini (d’altronde già qualche Governatore in preda al panico sta già adottando queste misure), con il rischio di compromettere l’intero anno scolastico 2020-2021.

Non c’è dubbio che una nuova chiusura totale porterà serie ripercussioni sociali, le prime avvisaglie le stiamo già vedendo in questi giorni con le manifestazioni di piazza, oltre che incentivare l’abbandono scolastico e l’impoverimento culturale, soprattutto per i bambini e gli adolescenti che più di altri hanno bisogno di socializzare con i propri coetanei per formare il proprio carattere e la propria personalità. Dopotutto, non è un mistero che in un mondo dominato dalla tecnologia, dove si interagisce sempre di più attraverso un pc, un tablet o lo smartphone, la scuola rimanga il baluardo per la crescita sociologica e relazionale di bambini e ragazzi.

Bisognava organizzarsi prima, è da maggio che dico che occorreva riorganizzare gli spazi per la didattica e aiutare le famiglie per consentire la giusta distribuzione di sussidi per la DAD in maniera tale da evitare che nessun ragazzo rimanesse indietro e poi lavorare per i licei e gli Istituti Tecnici su un’adeguata combinazione tra lezioni frontali e didattica a distanza, mentre privilegiare per le scuole medie ed elementari le lezioni frontali.

Ma, purtroppo, il Governo non ha dato il giusto peso al settore scolastico, concentrandosi sull’acquisto dei banchi a rotelle ipertecnologici e confidando forse nella bontà dei tanti dirigenti scolastici e docenti che, durante i mesi estivi, hanno cercato con ogni mezzo di organizzarsi al meglio per consentire un’apertura in sicurezza e il rientro in classe di milioni di studenti, attuando tutte le misure necessarie per garantire il distanziamento fisico e lo scaglionamento degli ingressi.

Oggi non dobbiamo disperdere questo e non dobbiamo in alcun modo penalizzare una generazione che sarà la classe dirigente del futuro del Paese.

Anche perché l’aumento dei contagi è causato dal fallimento del sistema di Contact Tracing, l’App Immuni è rimasto un logo sui nostri cellulari, il sistema di tracciamento con i tamponi è andato in crisi considerati i tempi lunghi e i pochi tamponi e infine la gestione delle quarantene è alquanto confusionaria. Per non parlare del sistema dei trasporti pubblici del tutto inadeguato visto che si viaggia, nelle grandi metropoli, spesso ammassati gomito a gomito e in questi casi la semplice mascherina può fare ben poco. E pure bastava scaglionare gli ingressi degli uffici pubblici, dove non è possibile aumentare o utilizzare lo smartworking e utilizzare bus scolastici esclusivi senza interferire con i lavoratori pendolari.

Inoltre, poi, implementando la DAD per i licei e le scuole superiori, si poteva anche pensare all’utilizzo di alcuni ambienti di questi plessi scolastici per la classi pollaio delle scuole medie o elementari, anche perché, trovo difficile immaginare come una famiglia con minori sotto i 14 anni possa coniugare il lavoro e la gestione dei figli avendo le scuole chiuse. Per questo mi auguro che, se ci sarà un nuovo lockdown, almeno questa volta si faccia in maniera intelligente, privilegiando la scuola, la cultura e la gran parte delle attività lavorative. Garantendo allo stesso tempo un adeguato e celere ristoro invece a tutte quelle attività che dovranno necessariamente rimanere chiuse.

Ad ogni modo, tutto questo non esclude né escluderà in futuro che dovremo lavorare per un’attività di sensibilizzazione della popolazione e un’attività di controllo, punendo severamente chi non rispetta le regole.

Ora più che mai è necessario sia da parte dei cittadini che delle Istituzioni una presa di coscienza su quanto stiamo vivendo e per ciò è opportuno che si inizino ad attuare politiche che siano in grado di tutelare al meglio sia i lavoratori che i milioni di studenti che ogni giorno si riversano nelle scuole.

E’ nostra responsabilità dare alle nuove generazioni gli strumenti per crescere, dargli la speranza e i mezzi per realizzarsi e formarsi come individui. Facciamo in modo che si istruiscano al meglio e diventino uomini e donne liberi di scegliere, di lavorare ma soprattutto rendiamo possibile ai bambini e ai ragazzi che vivono in questo difficile periodo, le stesse opportunità che i loro coetanei hanno avuto prima della pandemia.