Manovra 2024: i punti principali

G7

Dopo il Senato la Camera ha approvato in via definitiva la legge di bilancio 2024. Chi ha seguito il dibattito che si è svolto nel corso della sessione di bilancio, alla fine sintetizzato nelle dichiarazioni di voto si sarà fatto un’idea di come sono andate effettivamente le cose. La maggioranza si è mossa nell’ambito di un quadro finanziario dove – come ha evidenziato l’Ufficio parlamentare di bilancio nella memoria presentata in audizione alla Camera – sono nettamente aumentati i rischi al ribasso per l’anno prossimo in un contesto che appare fragile e incerto, soprattutto con riferimento al quadro globale.

L’economia internazionale è scossa da una nuova guerra in Medio Oriente, che ha già avuto prime ripercussioni sui mercati e che espone il sistema economico internazionale a shock difficilmente prevedibili e potenzialmente molto rilevanti. Successivamente alla presentazione del Documento programmatico di bilancio (DPB), l’Istat ha rilasciato i dati preliminari sul PIL per il terzo trimestre del 2023, risultato stazionario rispetto al periodo precedente; la variazione acquisita per il 2023 è confermata allo 0,7 per cento, marginalmente inferiore rispetto alla previsione del MEF (0,8 per cento) per il PIL dell’anno in corso.  In questa situazione soggetta a rischi di natura interna e soprattutto internazionale, la manovra appare improntata a un’ottica di breve periodo. Per il secondo anno consecutivo, il Governo – sottolinea l’UPB  – ha previsto un aumento del deficit rispetto a quanto precedentemente stabilito e il rinvio del conseguimento di un disavanzo inferiore al 3 per cento del PIL all’anno finale dell’orizzonte di previsione. L’utilizzo dello spazio di bilancio disponibile espone al rischio di non disporre di risorse sufficienti per sostenere l’economia in caso di deterioramento delle condizioni cicliche e a fronte di eventi eccezionali. D’altro lato, la necessità di mantenere il debito in un sentiero discendente rispetto al PIL potrebbe richiedere sforzi di aggiustamento consistenti in condizioni cicliche più sfavorevoli di quella attuale. Inoltre, i margini di bilancio sono già fortemente compressi dall’onere per il servizio del debito, aggravato dal rialzo dei tassi di interesse e dal maggior ricorso all’indebitamento. Se il Governo ha dovuto agire lungo di linea di cautela apprezzata dalle istituzioni internazionali e dai mercati, le critiche delle opposizioni sono sembrate prescindere da questi scenari di difficoltà  sulla base di una linea che finiva per non tenere nel dovuto conto la disponibilità di risorse finanziarie.

L’aver accusato il Governo di cedimento alle politiche di austerità imposte dalla Cancelleria tedesca dimostra che ampi settori di forze politiche non hanno capito che la sospensione di  tutte le regole di bilancio e l’acquisto senza limite dei titolo di Stato da parte della Bce hanno confuso l’eccezionalità determinata dalla pandemia prima, dalla guerra poi, come se fosse  una nuova regola definita  dopo anni di insensato rigore. Si spiegano quindi le critiche alla linea di condotta di un Governo che sente di doversi mettere in linea con una disciplina  (è questa la parola usata dal ministro Giorgetti) e chiudere la fase del ‘’liberi tutti’’. Ed è una questione seria che questo equivoco si annidi  nelle opposizioni , le quali – seguendo queste dottrine – si rivelano sempre più inadeguate alla direzione del Paese.

La memoria dell’UPB si sofferma, poi, sugli impatti della manovra nei singoli anni del triennio 2024-26 in termini sia di soggetti, sia di settori destinatari. Nel 2024 beneficiaeranno maggiormente della manovra le famiglie, in particolare i lavoratori dipendenti pubblici e privati; al contrario l’impatto netto su imprese e lavoro autonomo è restrittivo. Per le famiglie i benefici netti ammontano a 16,2 miliardi, in ragione soprattutto della riduzione dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori. I benefici netti per i soli dipendenti pubblici ammontano a 3,3 miliardi e conseguono principalmente dallo stanziamento delle risorse per il rinnovo dei contratti. Interventi netti positivi, seppure di minore entità, sono previsti anche per i dipendenti privati e per finalità di carattere generale, mentre le misure rivolte alle imprese e ai lavoratori autonomi contribuiscono a migliorare il saldo (per 1 miliardo circa). Fra le misure a favore esclusivamente dei dipendenti privati si segnalano, in particolare, le risorse per il rinnovo degli accordi per il personale convenzionato del Servizio sanitario nazionale10 e il rifinanziamento del Fondo sociale occupazione e formazione. Fra quelle di carattere generale, si evidenzia in particolare la revisione dell’Irpef prevista dallo specifico schema di decreto legislativo. Le misure restrittive a carico di imprese e lavoratori autonomi consistono, principalmente, nel definanziamento del Fondo avvio opere indifferibili e nelle maggiori entrate connesse al contrasto all’evasione e alla razionalizzazione delle procedure di compensazione dei crediti. A beneficio di imprese e lavoratori autonomi si segnalano il credito di imposta a strutture produttive ubicate nella ZES unica del Mezzogiorno, i finanziamenti per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, il rifinanziamento del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche e delle misure di sostegno agli investimenti produttivi delle micro, piccole e medie imprese (cosiddetta Nuova Sabatini).

Nel 2025 permane, seppure in misura ridotta, l’impatto positivo per le famiglie, cui si aggiungono le finalità di carattere generale; si rafforza, inoltre, l’apporto al consolidamento di imprese e lavoratori autonomi. Per le famiglie (beneficio netto di 6,2 miliardi) rilevano, in particolare, il rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale, gli anticipi pensionistici di Quota 103 e dell’APE sociale, il sostegno alle rette degli asili nido e l’incremento del congedo parentale. Fra le misure di carattere generale per quanto riguarda l’anno in corso, le misure disposte dalla legge di bilancio hanno un impatto all’incirca simile sulle varie categorie di soggetti. Nel 2026 le famiglie, in particolare i lavoratori dipendenti pubblici, si confermano beneficiarie nette della manovra, mentre contribuiscono al miglioramento del saldo imprese e lavoratori autonomi e gli interventi di carattere generale. In particolare, i benefici netti per le famiglie ammontano a circa 6,8 miliardi, di cui 4,1 per i soli dipendenti pubblici. Il consolidamento a carico di imprese e lavoratori autonomi e agli interventi a carattere generale ammonta, rispettivamente, a circa 6,2 e 4,5 miliardi.

Alcune delle misure pensionistiche contenute nel DDLB sembrerebbero andare nella direzione di un cambiamento di visione rispetto agli ultimi anni: se da un lato vengono riproposti i canali temporanei di pensionamento con requisiti ridotti rispetto agli ordinari, dall’altro sono previste condizioni più stringenti e si introducono misure volte a incidere positivamente e strutturalmente sull’evoluzione futura della spesa pensionistica. In particolare la legge rinnova l’APE e Opzione Donna aumentando in entrambi i casi il requisito anagrafico di accesso e, nel caso dell’APE, restringendo la possibilità di cumulo con redditi da lavoro. Allo stesso modo, viene prorogato anche il canale di uscita con requisiti congiunti di età e anzianità (la nuova Quota 103: 62 + 41) ma corredandolo di limitazioni che ne riducono l’attrattività. Più che un’effettiva possibilità di pensionamento anticipato, la nuova quota sembrerebbe il primo passo verso l’introduzione generalizzata della possibilità di pensionamento flessibile condizionata al ricalcolo contributivo integrale dell’assegno. Come lo scorso anno, l’uscita con quota è riproposta in combinazione con un incentivo al posticipo del pensionamento (contribuzione  a carico del lavoratore dipendente liquidata in busta paga) che, tuttavia, non ha le caratteristiche per essere incisivo sulle scelte, ma sembrerebbe piuttosto rappresentare anch’esso un tassello, ancora non ben sistematizzato, di una possibile riorganizzazione futura del sistema.

Rispondono invece a finalità di contenimento strutturale della spesa il ricalcolo della quota retributiva delle pensioni degli iscritti ad alcune Casse di lavoratori pubblici in parte sfuggite al processo di omogeneizzazione delle regole avviato negli anni Novanta, l’anticipo dello sblocco dell’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di pensionamento anticipato , la revisione dell’indicizzazione delle pensioni ai prezzi per l’anno 2024  e l’eventuale revisione più generale del meccanismo di indicizzazione che potrebbe risultare dal 2027 dall’attività della Commissione di esperti prevista dalla legge. Si tratta di cambiamenti destinati ad accumularsi nel tempo e a generare effetti significativi tra la fine degli anni trenta e l’inizio dei Quaranta, proprio quando le proiezioni di spesa indicano che sarà raggiunto il picco di incidenza della spesa pensionistica sul PIL. Sebbene in aggregato e su più anni il ricalcolo della quota retributiva per alcune categorie di lavoratori pubblici abbia un impatto finanziario significativo, nei prossimi anni a livello individuale esso richiede un sacrificio che può trovare almeno parziale compensazione negli effetti di un posticipo del pensionamento di uno o due anni. L’incidenza del ricalcolo aumenta al diminuire dell’anzianità maturata pre 1996 e correzioni più significative saranno gradualmente richieste sino alla seconda metà degli anni Trenta, quando si pensioneranno gli ultimi lavoratori con un solo anno maturato pre 1996. L’anticipo dello sblocco dell’adeguamento alla vita attesa attualmente non ha impatto alla luce dei dati demografici Istat, ma segnala che il legame fra età di pensionamento e speranza di vita almeno in questa fase è importante e non sarà messo in discussione nel prossimo futuro. La Commissione di esperti, che dovrà valutare quale indicatore utilizzare in futuro per l’indicizzazione delle pensioni e delle altre prestazioni sociali, ha il delicato compito di agire nella consapevolezza del necessario bilanciamento tra obiettivi di sostenibilità del sistema e di adeguatezza delle prestazioni a fronte di scenari di tensione sui prezzi e dovrà considerare anche la possibilità di redistribuire i livelli di tutela tra fasce di reddito dando precedenza a quelle inferiori.

Infine, per i lavoratori “contributivi” sono stabiliti la riduzione dell’importo minimo per l’accesso alla pensione di vecchiaia ordinaria e l’aumento di quello per l’accesso alla pensione anticipata con requisiti di età64. Anche queste due misure denotano un cambiamento di visione perché, da un lato, permettono a chi arriva a 67 anni con una posizione pensionistica molto debole, difficilmente migliorabile tramite ulteriori sforzi lavorativi, di accedere comunque a dei redditi che seppure bassi possono alleviare i 63 Coloro che hanno versato i primi contributi pensionistici dopo il 1995. Si tratta del canale di uscita anticipata che i “contributivi” hanno in aggiunta a quello basato solo sull’anzianità contributiva. Sullo sfondo restano i problemi della bassa e discontinua contribuzione pensionistica delle generazioni giovani che, se nulla cambia, prelude alla maturazione di pensioni anch’esse basse. La complessità e la portata del fenomeno suggeriscono di non limitare il dibattito ai soli cambiamenti delle regole e dei parametri del sistema pensionistico, ma di abbracciare tematiche più ampie del mercato del lavoro, del rafforzamento degli altri istituti di welfare rivolti alle età più giovani, della fiscalità e della crescita, con specifica apertura inclusiva per i giovani. Soluzioni che puntino prevalentemente o esclusivamente a promettere reti di sicurezza in vecchiaia (a trenta, quarant’anni da oggi), oltre a rimanere costantemente esposte al rischio di mancanza di coperture finanziarie future, eludono l’aspetto più impellente che è quello della generazione oggi di redditi da lavoro con cui progettare e costruire i percorsi di vita dei singoli e delle famiglie. Il consolidamento del sistema pensionistico dovrebbe essere un auspicabile tassello di una agenda di lungo termine che muova in questa direzione.