Giornata prevenzione sfruttamento ambiente nelle guerre: su cosa dobbiamo riflettere

Gaza assalto cibo
Foto di badwanart0 da Pixabay

La Giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra e conflitto armato è stata istituita dall’Onu quando, ormai ventidue anni fa, a causa del conflitto allora in corso in Afghanistan, si era sentita la necessità di focalizzare l’attenzione della comunità internazionale sui pericoli della distruzione e dello sfruttamento ambientale insiti in ogni conflitto armato. Oggi però, a oltre quattro lustri di distanza, poco o nulla sembra cambiato nel grado di consapevolezza generale perché, in diversi luoghi d’Europa e del mondo, basti vedere la situazione dell’Ucraina o il conflitto israelo-palestinese, è in corso quella che, con grande acume, Papa Francesco ha definito “Terza guerra mondiale a pezzi”. Quest’ultima sta causando grandissime sofferenze alla popolazione civile e, nello stesso tempo, sta deturpando l’ambiente e gli ecosistemi, senza alcun riguardo per la nostra “Casa comune”.

L’ambiente, insieme alle persone, è un’altra vittima dell’insensatezza delle guerre. Il mio pensiero corre alla storia contemporanea e ai diversi conflitti che, nel recente passato, l’hanno costellata. La distruzione degli ecosistemi, spesso, ha fatto parte di una vera e propria strategia bellica infinitamente crudele per demoralizzare ancor di più l’avversario. In Vietnam, ad esempio, durante la guerra, intere foreste sono state incenerite dal napalm oppure, durante le guerre civili in Congo e Ruanda, intere specie di gorilla di montagna sono state brutalmente sterminate e, infine, arrivando ai giorni nostri, mi sovviene alla mente l’esplosione della diga di Kakhovka, in Ucraina, che ha lasciato oltre un milione di persone, di cui oltre trecentomila bambini senza risorse idriche potabili.

Questa Giornata internazionale deve farci riflettere e costituire il punto di partenza verso una pace duratura, che metta al primo posto la protezione delle persone e degli ecosistemi. Noi cristiani, in particolare, abbiamo il dovere morale di seguire  l’esempio di Papa Francesco che, con l’esortazione apostolica Laudate Deum, ha evidenziato la recrudescenza delle conseguenze dei cambiamenti climatici e le gravissime conseguenze sulla vita quotidiana delle persone a cui, attraverso una responsabilità comune e condivisa, ognuno di noi deve porre rimedio. Dobbiamo impegnarci, non solo per noi stessi, ma soprattutto per le generazioni future, a sforzarci per il trionfo della pace in ogni luogo, a cui deve seguire, senza alcuna scusa o tentennamento, una politica ambientale globale indirizzata verso la transizione energetica ed ecologica. Ciò può essere fatto solamente facendo ogni giorno a noi stessi la domanda che il Santo Padre ci pone nella Laudate Deum: “Qual è il senso della mia vita, qual è il senso del mio passaggio su questa terra, qual è in definitiva il senso del mio lavoro e del mio impegno?