Il lavoro è una delle fonti principali per favorire l’inclusione e la partecipazione di ogni persona nella comunità in cui vive. In Italia però, allo stato attuale, secondo gli ultimi dati diffusi da Eurostat, il tasso di occupazione femminile delle donne in età lavorativa, è pari a poco più del 55 %, contro una media europea che si attesta ad oltre il 69%. Questi numeri devono farci riflettere: nonostante i progressi sperimentati negli ultimi due lustri, il divario di genere nel mondo del lavoro continua a persistere. Ciò rende più evidenti le disuguaglianze e accentua le preesistenti tensioni sociali che stanno alla base del divario economico sussistente tra uomini e donne il quale, stando così le cose, è destinato ad acuirsi.
La parità salariale e l’inclusione lavorativa rappresentano due pilastri fondamentali per il raggiungimento dell’uguaglianza di genere, ovvero il presupposto irrinunciabile per ogni società avanzata autenticamente democratica. Occorre quindi che, le istituzioni ad ogni livello insieme alla società civile nel suo complesso, diano il via ad un nuovo modo di vedere il lavoro che metta al centro la dignità delle persone e la possibilità di armonizzare la vita familiare con quella professionale. Le donne non devono essere costrette a scegliere tra lavoro e famiglia, ma devono poter sviluppare le loro attitudini a 360 gradi attraverso un sistema di welfare più completo. Tutto ciò rappresenta non solo un dovere morale ma anche un passo ulteriore verso la promozione di uno sviluppo maggiormente inclusivo nonché socialmente ed economicamente sostenibile a cui siamo chiamati per preservare la nostra “Casa comune”.
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