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Dietro le sbarre “si misura il livello di civiltà”

Secondo Voltaire “il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri“. E’ necessaria, quindi, l’implementazione delle risorse per la medicina penitenziaria. Il direttore Regina Coeli avverte: “Per molti detenuti il reato è l’ultimo dei problemi. A volte per la privacy non riusciamo a sapere di quali disturbi soffrono”. Su carcere e salute è intervenuto al convegno all’università Lumsa il Garante dei detenuti: “Dall’inizio dell’anno 4283 atti di autolesionismo, 32 suicidi e 668 tentativi”. L’ appuntamento scientifico, coordinato dalla professoressa Letizia Caso (associato di Psicologia sociale e giuridica, Università Lumsa), è stata un’occasione di incontro tra discipline diverse. E’ sempre più evidente l’urgenza di ragionare sulle istanze di fragilità che attraversano la popolazione dei detenuti. Tenendo presente le peculiarità e gli strumenti che contraddistinguono gli istituti penali per adulti e per minori.

Penitenziario di Kingston, Canada. Immagine di repertorio. Foto di Larry Farr su Unsplash

Civiltà in carcere

Si è tenuto all’Università Lumsa il convegno Carcere e salute mentale. Tra i temi discussi l’intervento con adulti e minori autori di reato. Il primo contributo scientifico del Centro di ricerca sui sistemi sociali e penali “Diritto alla speranza”. Il Das è stato recentemente costituito nell’ateneo romano e diretto dal professor Filippo Giordano (ordinario di Economia aziendale). Si tratta di una iniziativa nata dall’esigenza di un ampio confronto sul tema del diritto alla salute. E sui profili di maggior criticità rilevati nella sua realizzazione all’interno degli istituti penitenziari. Particolarmente rilevanti gli interventi di Felice Maurizio D’Ettore (presidente del collegio del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale). E di Claudia Clementi (direttore Casa Circondariale Regina Coeli di Roma). “I detenuti presenti nei nostri istituti in questo momento sono 61356. La capienza regolare è di 51157 posti. E i posti regolarmente disponibili sono 47247- afferma D’Ettore -L’indice di affollamento è 129,86. In alcuni istituti quest’ultimo dato è molto più altro, purtroppo. Gli atti di autolesionismo dall’inizio dell’anno sono 4283, +177 rispetto allo scorso anno. I suicidi sono 32, i tentati suicidi 668″.

Foto di Larry Farr su Unsplash

Emergenza

“Le aggressioni fisiche al personale di Polizia Penitenziaria sono 666 dall’inizio dell’anno, quelle al personale amministrativo 27 – prosegue D’Ettore-. Stiamo andando verso le mille aggressioni. Questi sono tutti dati che dimostrano quanto c’è da fare, ma allo stesso momento quanto si sta facendo con le risorse attuali. In questo momento c’è una situazione di difficoltà all’interno degli istituti, combattuta e attenuata dalle persone che vi operano e che però ha bisogno di un’implementazione di risorse molto importante. Per avere la medicina penitenziaria ci vogliono le risorse”. Ora, aggiunge D’Ettore, “il Dap sta tentando, attraverso il ministero della Sanità, di supplire ad alcune carenze che ci possono essere sui territori regionali”. E racconta: “Io vado a parlare con presidenti di Regione per cominciare a trovare delle soluzioni. In Campania, Veneto, Calabria, ora vedremo se anche nel Lazio e altre, stiamo proponendo una serie di protocolli. Non vogliamo sostituirci al Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ndr), ma qualche stimolo ogni tanto può essere utile. Ci sono dei protocolli che addirittura il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri aveva proposto con le Asl locali nel tentativo di affrontare il disagio psichico, non solo la malattia, anche il disagio“.

Foto di Ehteshamul Haque Adit su Unsplash

Regina Coeli

“Stiamo aspettando che il parere del Dap su questi protocolli, ma nel frattempo alle regioni li proponiamo, perché penso che sia opportuno arrivare ad una soluzione. Così come, stiamo proponendo al ministero della Sanità di dare delle prestazioni che si aggiungono a quelle delle regioni che si sono rese disponibili- afferma il Garante dei detenuti-. La malattia diventa una problematica più ampia con la situazione di detenzione e il diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione, vale per tutti, quale che sia la condizione del soggetto. Un tema che non è compreso facilmente”. Claudia Clementi è il direttore della Casa Circondariale “Regina Coeli” di Roma: “Oramai c’è una situazione di disagio e di patologia mentale molto diffusa. L’area del disturbo è così elevata, ovviamente per chi è detenuto si associa a tutta una serie di altre difficoltà, che oramai il carcere non può essere più la risposta unica a queste situazioni. E’ vero che i detenuti sono soggetti, in custodia cautelare o che hanno commesso dei reati e quindi debbono giustamente scontare una pena, però in alcuni casi la problematica relativa al disturbo mentale, pur non determinando un’incapacità d’intendere e di volere, prevale sulla commissione del reato“.

Foto di Ye Jinghan su Unsplash

Collaborazione

La storia del carcere di Regina Coeli è un episodio curioso dell’urbanistica romana. Fu costruito al posto del quartiere residenziale previsto dal Piano Regolatore del 1873, in una posizione “fuori porta”, che in pochi anni sarebbe divenuta centralissima. Era abitudine delle suore recitare ad un’ora fissa il “Regina Coeli” – da cui derivò appunto il nome dell’Istituto penitenziario – ricordato dall’immagine della Madonna nella Rotonda principale. Il carcere venne aperto nel 1890. Precisa Clementi, “oggi l’unica cosa che si può fare è dare una risposta integrata che preveda una collaborazione tra le vari professionalità. Quella degli operatori penitenziari e quella degli operatori sanitari“. A volte “noi non conosciamo i dati sanitari dei detenuti, perché a causa della normativa sulla privacy, non sappiamo quali sono le persone all’interno dei nostri istituti che hanno dei disturbi diagnosticati e chi sono le persone che assumono terapie prescritte dagli psichiatri. Non sappiamo quali sono e quanti sono i detenuti che risultano tossicodipendenti. E quando parliamo di dipendenze oggi, non parliamo di quelle tradizionali, ma di polidipendenze, da sostanze che non sono ancora classificate. Oggi c’è l’allarme fentanyl e siamo tutti preoccupati per questa cosa”.

Foto di Colin Davis su Unsplash

Disagio

“Ma non è solo questo, ci sono tante altre situazioni dove il disturbo si assomma a disturbo e il disagio si assomma a disagio- sottolinea Clemente-. Io dico sempre una frase: per molte delle persone che sono in carcere, la commissione del reato è l’ultimo dei problemi. A Regina Coeli c’è una forte attenzione sulla sanità in carcere. Ci sono molti professionisti sanitari, certo sempre meno rispetto a prima perché la carenza di risorse esiste per tutte le amministrazioni a vari livelli, ma ci sono strumentazioni diagnostiche. E c’è la vicinanza a strutture esterne d’eccellenza del territorio romano. Quindi è un’esperienza che, seppur a volte connotata da una difficoltà di dialogo perché capita di ‘parlare lingue diverse’. Avendo obiettivi comuni e grazie alla buona volontà di tutti consente di superare le complicazioni. Ma ci sono situazioni che non possono essere trattate in un ambiente come quello del carcere. Hanno bisogno di altre strutture”

Giacomo Galeazzi

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