Il discorso del Papa agli Ambasciatori: la summa del pensiero sociale e morale della Chiesa

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Il discorso di Papa Francesco al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, che viene pronunciato ogni inizio di anno, può essere considerato la summa del pensiero sociale e morale della Chiesa sull’attualità e le sfide del nostro tempo, dalle guerre al rispetto della vita umana, dalle colonizzazioni ideologiche all’intelligenza artificiale. Parlando ai 184 ambasciatori Francesco elenca tutte le principali crisi che scuotono lo scacchiere mondiale e incomincia la sua riflessione dalla parola “Pace” che risuona “in modo particolare nelle due principali feste cristiane”. La Pace che manca nelle aree martoriate su cui volge lo sguardo il pontefice a partire dalla Terra Santa. “Non posso in questa sede non ribadire la mia preoccupazione per quanto sta avvenendo in Palestina e Israele – afferma Francesco -. Tutti siamo rimasti scioccati dall’attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro la popolazione in Israele”. Il Papa ribadisce quindi la condanna per ogni forma di terrorismo e ricorda che la “risposta militare israeliana a Gaza che ha portato la morte di decine di migliaia di palestinesi, in maggioranza civili, tra cui tanti bambini”. Nell’auspicare la soluzione dei due Stati, il Santo Padre mette in evidenza anche le ripercussioni su tutto il Medio Oriente, “una regione fragile e carica di tensioni”. In particolare il Papa si sofferma sulle sofferenze del popolo siriano, afflitto da oltre un decennio di guerra e di sanzioni internazionali, e del popolo libanese colpito da una crisi economica e politica senza precedenti. Sono nazioni che hanno visto i primi passi del cristianesimo e nelle quali la comunità cristiana può ancora contribuire alla pacificazione e alla tenuta del tessuto sociale.

Poi il Papa osserva che la parola pace non è riuscita a trovare posto dopo nel conflitto tra la Russia e l’Ucraina. E poi ancora il Caucaso meridionale dove proseguono le tensioni tra l’Armenia e l’Azerbaigian. Non è un caso l’appello a “rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose ivi presenti”, visto che le distruzioni che hanno subito le comunità cristiane del Nagorno Karabach perseguitate dalle forze armate azere.

Francesco punta i riflettori anche sull’Africa e snocciola tutte le crisi che insanguinano il continente, come in “Sudan, dove purtroppo, dopo mesi di guerra civile, non si vede ancora una via di uscita; nonché le situazioni degli sfollati in Camerun, Mozambico, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan”. E infine “sebbene non vi siano guerre aperte nelle Americhe”, vi sono forti tensioni sociali con fenomeni di polarizzazione. Il Papa è scosso dalla situazione in Nicaragua dove il governo sandinista continua a perseguitare anche la Chiesa cattolica con arresti arbitrari e chiusure di strutture religiose.

Insomma nel discorso agli ambasciatori ci sono tutte le tessere di quel mosaico complesso che è la terza guerra mondiale a pezzi denunciata da Francesco. Un 2024, questo appena avviato, “che vorremmo di pace e che invece si apre all’insegna di conflitti e divisioni”, spiega il Papa. Dietro i numeri di questi conflitti il Papa ricorda che ci sono vite e persone: “Forse non ci rendiamo conto che le vittime civili non sono “danni collaterali”. Sono uomini e donne con nomi e cognomi che perdono la vita. Sono bambini che rimangono orfani e privati del futuro. Sono persone che soffrono la fame, la sete e il freddo o che rimangono mutilate a causa della potenza degli ordigni moderni”. E se queste guerre continuano è anche grazie all’enorme disponibilità di armi, evidenzia il Pontefice che chiede di perseguire una politica di disarmo.

Le guerre incombono sui popoli tanto quanto altre sfide determinanti per il futuro dell’’umanità come le migrazioni, i cambiamenti climatici, la tutela della vita dal concepimento alla morte, le colonizzazioni ideologiche, la libertà religiosa, le persecuzioni delle minoranze e lo sviluppo delle tecnologie. Francesco esprime un’ulteriore presa di posizione su questioni antropologiche di cruciale importanza e, come affermava Santa Madre Teresa di Calcutta, chiarisce che “la via della pace esige il rispetto della vita”, “di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio”. Il Papa condanna quindi la pratica della maternità surrogata che definisce “deprecabile”, “fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre”. “Un bambino è sempre un dono – sottoliena – e mai l’oggetto di un contratto”. Tale pratica andrebbe proibita “a livello universale”, secondo il successore di Pietro. Il Santo Padre è netto anche nel condannare “una cultura della morte, che, in nome di una finta pietà, scarta bambini, anziani e malati”. La vita umana va rispettata sempre, insiste, perché essa è via di pace.

E la pace è minacciata anche dalle colonizzazioni idelogiche che provocano ferite e divisioni tra gli Stati, anziché favorire l’edificazione della pace. Si tratta di teorie che cancellano le differenze nella “pretesa di rendere tutti uguali”.

Sul tema delle migrazioni Francesco chiede che queste siano regolamentare nel rispetto della cultura, della sensibilità e della sicurezza dei Paesi che si fanno carico di accoglienza e integrazione. D’altra parte, occorre pure richiamare “il diritto di poter rimanere nella propria Patria”. L’importante, aggiunge il Pontefice, è che dinanzi a questa sfida nessun Paese venga “lasciato solo”. Infine il Papa si sofferma anche sull’importanza della liberata religiosa messa a repentaglio da modelli di controllo sempre più pressanti. Allo stesso tempo denuncia la crescita di persecuzione e discriminazione nei confronti dei cristiani, oltre 360 milioni quelli che subiscono forme di vessazione a causa della propria fede. Infine l’appello affinché ci sia un “uso etico delle nuove tecnologie” ed un impegno perché “lo sviluppo dell’intelligenza artificiale si mantenga al servizio dell’uomo”.