I diritti calpestati delle bambine e delle ragazze

Diritto all’istruzione calpestato, abusi, matrimoni forzati, mutilazioni genitali femminili e poi le nuove sfide del cyberbullismo fino ad arrivare agli aborti selettivi che negano il primo dei diritti di ogni persona, quello di vivere. La Giornata Mondiale delle bambine e delle ragazze, proclamata dalle Nazioni Unite nel 2011 e che si celebra ogni 11 ottobre, ci ricorda quanta strada ancora bisogna percorrere per dare piena attuazione ai diritti delle donne più giovani, per migliorare le loro condizioni di vita e dare loro pari opportunità nel campo dello studio e del lavoro.

Gli sforzi della comunità internazionale e dei singoli stati hanno consentito miglioramenti in termini di diritti individuali e sociali. Ma anche se aumenta la percentuale delle giovani donne che hanno accesso al sistema scolastico e al mondo del lavoro il gap con i ragazzi è ancora troppo alto. Secondo i dati riportati dall’Unicef nel 2020, oggi 2/3 delle ragazze nella fascia di età corrispondente sono iscritte alla scuola secondaria superiore, un deciso incremento rispetto al 50% del 1998. Tuttavia, quasi un quarto delle ragazze tra i 15 e i 19 anni è “neet”, ossia, non ha un’occupazione, né è iscritta a percorsi di istruzione o formazione. Questa condizione ricorre in 1 ragazzo su 10 nella stessa classe di età. Tra l’altro le ragazze in molti paesi del mondo affrontano enormi ostacoli anche dentro la scuola. Si calcola che circa 335 milioni di ragazze frequentano scuole primarie e secondarie prive di strutture igieniche separate, essenziali per gestire l’igiene mestruale.

La violenza è senza dubbio una delle questioni più urgenti da risolvere, senza la garanzia dell’incolumità viene meno infatti la possibilità di rivendicare molti altri diritti. Sempre l’Unicef stima che solo nel 2020 13 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni hanno subito una violenza sessuale. In totale le Nazioni Unite calcolano che una donna su tre nel mondo ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della sua vita. Finché le ragazze dovranno temere per la propria sicurezza, non potranno mai realizzare il loro pieno potenziale e saranno scoraggiate dal perseguire l’istruzione, il lavoro o qualsiasi altra opportunità sociale e politica. E ancora, tra i 31 Stati dei quali sono disponibili dati nazionali, l’incidenza della pratica delle mutilazioni genitali femminili è calata dal 47% di 25 anni fa al 34% di oggi. Ma i progressi sono ancora troppo lenti.

I dati diffusi dalla Fondazione Terre des Hommes nel Dossier dicono che anche in un Paese sviluppato come l’Italia la maggioranza dei reati contro i minori sono subiti da bambine e ragazze. Nel 2021 sui 6.248 casi di reati contro minori, per il 64% era ai danni di bambine e ragazze e alimentati dalla violenza sessuale, che registra anch’essa un record assoluto con 1.332 casi, di cui le giovani sono l’88% delle vittime.

Ma essere bimbe significa violenza e discriminazione fin dal grembo materno in alcune aree del mondo: negli ultimi 50 anni gli aborti selettivi hanno impedito a oltre 142 milioni di bambine di nascere. In Paesi come Cina e India il fenomeno degli aborti selettivi ha prodotto un profondo gap di genere che sta mettendo a rischio l’equilibrio di tutto il tessuto sociale.

Se il trend attuale proseguirà entro il 2030 altre 4,7 milioni di bambine potrebbero non venire alla luce. Questa strage silenziosa, che molti settori culturali non denunciano perché ritengono l’aborto un istituto incontestabile, è legata alla preferenza per i figli maschi alimentata dalle vecchie politiche del figlio, abolite di recente.

Le cose vanno sicuramente meglio nei Paesi Occidentali ma anche qui non mancano le diseguaglianze e soprattutto le difficoltà a conciliare le aspirazioni professionali con le prerogative femminili come il diritto alla maternità. Molte giovani donne sono infatti costrette a decidere tra il mantenimento del posto di lavoro e la genitorialità. La maternità è rinviata sempre più avanti negli anni e si allontana della prospettiva delle ragazze più giovani che sono costrette ad entrare nel mondo del lavoro in assenza di reali diritti sociali.

Serve quindi puntare sull’enpowerment delle ragazze senza snaturare le loro inclinazioni antropologiche e relazionali. Garantire la libertà di scelta significa offrire ambienti sicuri, pari opportunità e un welfare a misura di donna. Investire sulle giovani lasciando da parte ideologie e stereotipi avrà una ricaduta positiva su tutta la società.