Difesa della vita, la rotta che ci indica il Papa

E’ sempre difficile tradurre in parole i moti più profondi del proprio animo. Non a torto Giacomo Leopardi, nella poesia “A Silvia”, si affidò al notissimo versetto: “Lingua mortal non dice quel ch’io nutriva in core”, completando questo tentativo di descrizione del proprio animo nello Zibaldone, con le meno note ma non meno efficaci parole “.. un non so che di divino, che niente può agguagliare”. Le moderne neuroscienze descrivono questo “stato mentale” con il termine di “coscienza fenomenica”, indicando una profonda condizione interiore sostanzialmente incomunicabile o, quantomeno, assai difficilmente comunicabile.

Ho voluto fare questa piccola premessa per dire, con sincerità, quanto mia moglie ed io abbiamo vissuto e provato in occasione dell’udienza che il Santo Padre Francesco ci ha concesso lunedì 14 febbraio. Il Papa già mi aveva onorato di un colloquio privato nell’aprile 2016, ed ora i problemi che stanno affliggendo il nostro Paese – aborto, suicidio assistito, eutanasia, legalizzazione della droga, educazione gender nelle scuole (“colonizzazioni ideologiche” le ha efficacemente definite il Santo Padre) – richiedevano ancora una condivisione schietta e coraggiosa. Per questo ho chiesto e ottenuto udienza. Il Papa ci ha dedicato un tempo lungo, in un clima di grandissima affabilità e benevolenza, trattandoci (senza retorica) da discepoli-collaboratori della Sua missione apostolica. Molte sono le espressioni usate dal Papa che mi hanno colpito; ma ne voglio ricordare una, in particolare. Parlando dei temi suddetti, ha esplicitamente dichiarato che l’autore primo di tutto è il diavolo, “che esiste, anche se il mondo non lo crede più”, e “con il diavolo non si dialoga, non si fanno patti, o se si dialoga lo si fa con la Parola di Dio, come ha fatto Gesù”.

Il Papa ci ha voluto indicare una concreta linea di azione, come un timoniere che indica la giusta rotta: coraggioso contrasto alla “cultura dello scarto”, dal bimbo “scartato” nel seno materno, al profugo, all’anziano, al disabile, al malato terminale. L’imperativo morale che ha indicato è il prendersi cura, il farsi compagno di viaggio con chiunque soffra, il combattere insieme il dolore e la sofferenza – senza mai dimenticare però che dolore e sofferenza fanno parte del vivere di ogni persona, e sono ineliminabili dalla nostra esistenza. Combattere insieme, appunto, evitando quelle brutte scorciatoie che invocano la “morte volontaria medicalmente assistita”, dietro l’ipocrisia di aiutare ad una morte “dignitosa”. E’ una falsa pietà o, peggio, una vergognosa ipocrisia, quella che spinge a evocare il “diritto di morire”.

Ho illustrato, quindi, al Santo Padre il progetto di una “Manifestazione per la Vita”, che si sta organizzando per il 21 maggio prossimo a Roma. E’ nostro vivo desiderio che sia il segno concreto, visibile, pubblico che il popolo della vita è sempre vivo e pronto all’impegno, rifuggendo sentimenti di rassegnazione e di delusione. Non si tratterà di un evento politico, non ci saranno comizi di partito, e neppure sarà un evento strettamente cattolico, perché il valore della sacralità della vita è scritto nel profondo del cuore di ogni uomo, e solo “colonizzazioni ideologiche” possono tentare di sradicarlo.

Se è vero, come è vero, che le politiche contro la vita e la famiglia stanno marciando a grandi passi nel nostro Paese, è altrettanto vero che – come ci ha insegnato San Giovanni Paolo II – noi “ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata …”. Il Papa ci ha ricordato che “la fede in Cristo Risorto” e “l’amore per l’uomo” devono sempre essere le luci che orientano la nostra azione. Quindi, concludendo: “Grazie per quello che fate, e fate bene. Andiamo avanti e tenetemi aggiornato”. E’ un mandato cui vogliamo ottemperare con grande fedeltà, e con la promessa che ogni giorno ci sarà una preghiera speciale per il Santo Padre.