Quel confine sottile tra discriminazione e reato

Approdato in  Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, il testo base della legge contro l’omotransfobia è ora al vaglio della Camera e potrebbe entrare in vigore entro la fine dell’estate.

In realtà non si avverte la necessità di alcuna nuova legge in proposito, posto che  i dati dicono che l’Italia non è affatto un paese omofobo, ma al contrario tollerante e inclusivo. A conferma di ciò, l’Osservatorio sugli atti di natura discriminatoria del Ministero dell’Interno (OSCAD) ha denunciato infatti che i casi registrati di aggressione per motivi di discriminazione dell’orientamento sessuale sono stati soltanto 66 in due anni.

Attualmente la legge italiana già garantisce, infatti, giuste condanne nei confronti di coloro che istigano o commettono atti discriminatori o di violenza nei confronti di altri.

Tale reato difatti, normato dall’art. 604-bis del c.p., prevede pene fino a sei anni di reclusione per: “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa“; quando si ravvisi poi l’aggravante di: odio etnico, nazionale, razziale o religioso”, la condanna, normata dall’art. 604-ter del c.p., è aumentata fino alla metà.

Il ddl Zan-Scalfarotto include come atti discriminatori anche quelli basati “sul genere, orientamento sessuale o identità di genere”, prevedendo alcune modifiche aggiuntive agli articoli in vigore sia al 604-bis: “…o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere” che al  604-ter: “…o fondato sull’omofobia o transfobia”.

Proprio in base alle leggi già esistenti, anche la CEI si è pronunciata affermando che: “un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui, più che sanzionare la discriminazione, si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione”.

A tale presa di posizione ha fatto eco il Cardinale Camillo Ruini che, riprendendo il concetto di “dittatura del relativismo” elaborata da Papa Ratzinger, ha messo in evidenza come : «In nome di alcune idee si ritiene non solo di poterle affermare, ma di criminalizzare idee diverse. E quindi un relativismo che diventa in realtà un assolutismo».

Perché proprio questo è il punto, quali sarebbero i parametri per dimostrare la colpevolezza? Nel testo manca, infatti, una definizione giuridica precisa del reato, per cui nel caso specifico l’eventuale condanna verrebbe lasciata all’interpretazione  dei giudici.
Se passasse questa legge infatti potrebbe essere condannato, a discrezione del magistrato, per reato di omofobia chiunque esprima opinioni come: il matrimonio è solo tra uomo o donna o che l’identità sessuale è un’unità anatomo biologica o ancora, non sarebbe possibile dissentire dalla pratica della gestazione per altri, come anche opporsi all’educazione Gender nelle scuole.

Il reato di opinione è oggetto giuridico assai complesso ed è assai difficile, infatti, stabilire il confine tra il diritto alla libertà di espressione e il pericolo di una limitazione sproporzionata e incostituzionale dell’autonomia delle proprie idee. Il rischio è rappresentato quindi dal fatto che, se non ci si allinea col “pensiero unico”, si rischia realmente di esser passibili di condanna, oltreché di isolamento.

Del resto è quanto accaduto all’autrice di Harry Potter J. K. Rowling, che ha dovuto bloccare il suo account twitter per aver affermato che i transessuali non possono esser considerati donne, essendo il sesso, biologico. Si è arrivati finanche al punto che, sempre in funzione del “pensiero unico“, addirittura l’associazione “Arcilesbica” è stata contestata dalla comunità LGBTQ per aver assunto posizioni contrarie all’identità di genere, alla maternità surrogata, alla prostituzione e alla pornografia.

Nel caso in cui passasse la legge Zan-Scalfarotto relativa al reato di omotransfobia, sarà censurato e dovrà quindi essere cambiato anche il catechismo della Chiesa cattolica? Relativamente all’omosessualità, l’art. 2358 infatti precisa: “Devono essere accolti con rispetto, compassione e delicatezza, a loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”, affermando però all’art. 2357: “non sono il frutto di una vera complementarietà affettiva sessuale”, complementarietà uomo/donna.

O ancora dovranno essere evitati alcuni passi della Bibbia come quello relativo a San Paolo: “Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri…” (Rm 1,26-27)? E ancora, il Santo Padre sarà sempre libero di poter affermare: “Se c’è il dubbio di omosessualità meglio non far entrare in seminario” esortando poi i Vescovi ad un “attento discernimento”. (25.5.2018 -Vatican Insider)?!

Il problema dell’omosessualità credo vada affrontata non tanto attraverso l’inasprimento delle pene, come già dimostrato nel reato di femminicidio dove non si è osservato un reale calo significativo dei delitti pur con l’aumento delle condanne, quanto piuttosto con la cultura del rispetto dell’altro indipendentemente dal colore della pelle, dal sesso o dallo schieramento politico. Occorre però che questa “cultura” abbia inizio fin da bambini in casa, per poi proseguire nella scuola e completarsi sui luoghi di lavoro.

Far comprendere il rispetto del diverso non significa insegnare nelle scuole la cultura Gender o cambiare le favole dove non esistono più Biancaneve e il Principe, significa piuttosto far capire che il concetto di famiglia si raffigura nell’unione di un uomo e una donna e che il fine di questa unione è rappresentata dalla procreazione che assicura la prosecuzione della specie, ma nel contempo significa anche educare al rispetto dell’altro, chiunque esso sia.

Ecco quindi che una società così educata ridimensionerà l‘odiosa piaga dell’aborto, non perseguirà più il “diritto” ad avere sempre e comunque un figlio attraverso la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) di qualsiasi tipo, con neonati con due mamme o due papà, spesso frutto del mercimonio dell’utero in affitto, attraverso lo sfruttamento di donne quasi adolescenti.

Il rispetto deve mirare quindi a educare i giovani alla “cultura della vita” e non a quella della morte che oggi si cerca di leggittimare attraverso la legiferazione sull’eutanasia. Solo così credo si possa giungere a limitare qualsiasi tipo di reato, compreso quello che, determinate lobby LGBTQ, vorrebbero perseguire con l’approvazione di questa dannosa legge sulla omotransfobia.