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Vignarca: “Come leggere correttamente i dati sugli spostamenti di armi nel mondo”

“I dati presentati oggi dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) sui trasferimenti di armi hanno un valore molto forte per indicare le tendenze legate agli spostamenti di armamenti in tutto il mondo, non tanto per stabilire quanto sia il controvalore della produzione di armi. Tant’è vero che non sono indicati in controvalori di vendita, ma in trend indicator values.

Così a Interis.it Francesco Vignarca, Coordinatore delle Campagne di “Rete Italiana Pace e Disarmo“, commentando il rapporto odierno del SIPRI secondo cui le importazioni di armi in Europa sono quasi raddoppiate nel 2022, soprattutto – ma non solo – a causa delle massicce forniture all’Ucraina, diventata in breve tempo la terza destinazione mondiale.

L’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma è un istituto internazionale indipendente che si occupa di peace studies. E’ stato fondato nel 1966 per commemorare i 150 anni di pace ininterrotta in Svezia. Attraverso le sue ricerche il SIPRI rende accessibili informazioni imparziali su: sviluppo degli armamenti, spese militari, produzione e commercio di armi, controllo degli armamenti e disarmo.

L’incontro di Francesco Vignarca con Papa Francesco, a margine del Simposio in Vaticano “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale” – 10 novembre 2017

L’intervista a Francesco Vignarca di Rete Italiana Pace e Disarmo

Cosa indicano i Trend Indicator Values usati da SIPRI?

“Il SIPRI usa i Trend Indicator Values (TIV) che rappresentano il trasferimento di risorse militari piuttosto che il valore finanziario del trasferimento stesso. Valuta il controvalore delle armi indipendentemente dalla vendita. Un esempio: nel rapporto sono state considerate anche le armi verso l’Ucraina (non a caso l’Ucraina è tra i principali importatori di armi del 2022) ma senza che questo abbia costituito una ‘vendita’. Queste armi sono infatti state cedute dai Paesi che stanno sostenendo l’Ucraina dopo l’invasione della Russia”.

Cosa ci dicono questi trend?

“Che si sta verificando uno spostamento verso una crescita di acquisti di armi diretta interna. E’ questa dunque la novità. I dati SIPRI sulle principali aziende produttrici dimostrano che sta aumentando il volume delle vendite, dunque del fatturato, ma vediamo al contempo che c’è una diminuzione complessiva del commercio”.

Cosa significa?

“Significa che i Paesi comprano direttamente dalle proprie aziende nazionali. Conseguentemente, sono sempre più Paesi produttori di armi. Facendo un confronto, come ha fatto il SIPRI, in quinquenni, l’ultimo quinquennio ha visto crescere l’importazione da parte di Paesi europei del 47%”.

Quindi non c’è una diminuzione complessiva del commercio di armi, come sembrerebbe ad una prima lettura dei dati?

“No. C’è una diminuzione dei trasferimenti: un’arma viene mandata da un Paese produttore a un Paese ricevente che non è di solito in grado di produrre armamenti. Non è un caso che negli ultimi anni siano anche diminuite le spese militari del Medio Oriente che negli ultimi anni avevano evidenziato una grande crescita e quindi una grande importazione. Non è neppure un caso che nei primi posti abbiamo India, Arabia Saudita, Qatar e poi, dopo l’Australia, anche Cina, Egitto, Sud Corea e Pakistan”.

Perché non è un caso?

“Perché significa che il mercato si sta spostando una situazione di acquisto diretto. Altrimenti non si comprenderebbe come mai ben il 40% delle importazioni viene dall’Asia e dall’Oceania e pochissime dall’Europa e dall’America. Questo perché Europa e America non hanno bisogno di trasferimenti di armi da altri Paesi poiché se le producono ‘in casa’. Interessante poi notare che sono alcuni paesi dell’Europa Occidentale e degli Stati Uniti ad essere protagonisti delle vendite, oltre alla Russia”.

Quali sono i Paesi esportatori?

“Gli Usa sono i primi con ben il 40% dei trasferimenti di armi; poi c’è Russia con il 16% e la Francia con l’11%. I primi 10 Paesi – tra cui c’è l’Italia che ha aumentato la propria quota di esportazione al 3,8% – sono responsabili di oltre il 90% delle esportazioni di armi nel mondo. Questo implica che la produzione di armi è concentrata solo in alcuni luoghi della Terra e che ad acquistare e ricevere queste armi sono invece altri luoghi del Pianeta che di solito sono quelli più in turbolenza per i conflitti interni o per la situazione politica precaria”.

Quale impatto ha avuto la guerra in Ucraina?

“Il SIPRI non registra in queste dinamiche un forte impatto dovuto alla guerra in Ucraina – tranne ovviamente per l’Ucraina stessa – perché le analisi sono globali e quinquennali e l’invasione è iniziata solo un anno fa. Per l’Ucraina però è cambiato molto perché essa non importava armi prima del 24 febbraio: aveva già una produzione interna rilevante che permetteva di gestire il proprio fabbisogno interno, eccetto che per i droni. Nel quinquennio 2013-2017 la spesa era meno dello 0, 05% dell’import totale di armi del mondo; nell’ultimo quinquennio – e soprattutto nel 2022 – è passata al 2%. Questo significa che è aumentata dell’8.000%. Nei prossimi anni presumibilmente vedremo l’Ucraina risalire ancora di più in questa classifica, ma non perché compra delle armi, ma perché le vengono trasferite”.

Milena Castigli

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