Vivere del proprio lavoro

Il Papa in questi giorni è tornato a chiedere politiche di sviluppo che mettano al centro la persona e che non siano basate sull’assistenzialismo. “La crescita inclusiva trova il suo punto di partenza in uno sguardo non ripiegato su di sé, libero dalla ricerca della massimizzazione del profitto. La povertà non si combatte con l’assistenzialismo, no. La anestetizza ma non la combatte”, ha detto nell’udienza ai partecipanti al convegno della Centesimus Annus. “Aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze. Il vero obiettivo – ha rimarcato Papa Francesco – dovrebbe essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro. Il lavoro è la porta della dignità“.

Queste parole così significative e forti di sapienza e verità cristiana, possono essere per i cattolici e persone di buona volontà un riferimento assai decisivo per riportare al giusto valore e significato la carità verso chi è povero ed ha bisogno di attenzione da parte delle singole persone come della comunità. Infatti le affermazioni di Papa Francesco vanno considerate seriamente in un Paese come il nostro che da tempo ha trascurato i fondamenti della efficienza dell’economia per assicurare benessere a tutti e alimentato contemporaneamente una beffarda strumentalizzazione della povertà. È noto agli europei, che gran parte della politica italiana trascura da tempo i suoi doveri verso l’economia, mentre per recuperare consenso ha dato vita alla più diffusa politica assistenziale fine a se stessa mai praticata nella nostra storia, con Bonus, redditi di cittadinanza, pensioni di cittadinanza che stanno contribuendo a squalificare il principio di solidarietà, la stabilità dei conti dello Stato, il principio che è tanto sacro di aiutare chi è povero, ma in una dinamica di rispetto della sua dignità che si riconquista con le sue capacità di provvedere a sé stesso con il sudore della sua fronte.

A monte di questa esigenza basica per le persone, servirà fare chiarezza sul come lottare contro la povertà, capovolgendo la logica che l’ha animata sinora. Non più il soccorso paternalistico e diseducativo dell’offerta di soccorso senza invece mettere in moto quell’aiuto che permetta un sostentamento autoprodotto con l’impegno personale e collettivo. La proverbiale potente logica della carità che offre la “canna da pesca” a chi ha bisogno di procurarsi da vivere in alternativa alla effimera logica diseducativa dell’offerta del pesce che annichilisce la volontà di reagire alla propria condizione, è fondamentale per rimuovere finalmente la logica perversa dei bonus per ogni momento ed in ogni occasione, che sta logorando l’Italia persino più delle avversità da fronteggiare giacché anestetizzano la realtà che ha bisogno di cambiare condotta e logiche di intervento.

Pare che il nuovo governo voglia provocare già nelle prime sue mosse il coinvolgimento delle parti sociali per precisare gli obiettivi di crescita del paese. Qualora si procedesse davvero in tempi rapidi, potrebbe essere un eccellente segnale che si darà agli italiani. La produttività del paese, sostenuta da un accordo tra politica e sociale, non può che essere la vera innovazione italiana in alternativa all’Italietta del l’assistenzialismo e dei bonus senza limiti, ed una prospettiva rassicurante per arginare la povertà e dare a tutti un nuovo indirizzo per riprendere un cammino di benessere. Mai più assistenza senza lavoro, diritti senza doveri. Dalla riaffermazione in Italia di questi concetti elementari per un paese industrializzato, non solo è legata la possibilità di rialzarsi dall’eccessivo debito prodotto dalla scarsa produttività concomitante alla sfrenata spesa improduttiva e subcultura assistenziale, ma dipende anche la fedeltà alla Repubblica del sistema attuale dei partiti ed alla conseguente efficienza della Democrazia italiana.