Vi spiego “il mirabile segno del presepe”

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“…Il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia. Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui…” (Papa Francesco, Admirabile signum).

Quella del presepe è una tradizione molto cara alle nostre famiglie; i bambini, in particolare, sentono ancora vivo il desiderio di vedere raffigurata una scena che molte volte hanno sentito raccontare. Nonostante le polemiche che qualche volta hanno toccato questa bella tradizione il presepe continua ad essere un elemento importante e una presenza stabile nelle nostre case e in altri luoghi pubblici. Non mancano presepi artistici, caratterizzati da tradizioni locali (vedi ad es. i presepi della tradizione napoletana).

Il presepe è presente nei negozi o, ancora, in qualche scuola, con la rappresentazione di ciò che è accaduto in quella straordinaria, magica notte a Betlemme, quando un uomo e una donna, chiamati in causa per un censimento da parte degli organi governativi, si trovarono a non avere nessun posto per dormire, in nessun albergo, nonostante le condizioni della donna in procinto di dare alla luce il proprio figlio. Questa vicenda trova in Francesco d’Assisi un primo, grande divulgatore, perché desiderava profondamente che gli occhi vedessero tutto ciò che in quella notte era accaduto e come il figlio di Dio fosse venuto al mondo, come tutti i bambini del mondo ma in una maniera particolarmente “disagiata”.

Alcuni elementi vengono aggiunti dalla tradizione non evangelica: il numero 3 riferito ai magi come anche la presenza del bue e dell’asino. Nonostante non ci sia un riferimento diretto nei vangeli dell’infanzia a questi due animali in ogni presepio ci sono sempre accanto a Gesù bambino. E’ il profeta Isaia a parlarcene per primo: “…Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue conosce il suo proprietario, l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende” (Is 1,2-3). I due animali sembrano messi lì per ricordare che il Creatore e Signore di tutte le cose è venuto tra i suoi, ma i suoi non l’hanno ricevuto. Ieri come oggi.

Il bue e l’asino testimoniano il rifiuto da parte di un popolo che si ribella nei confronti del suo Signore o non riesce a comprendere quel suo desiderio di rassicurare il loro cuore, dal momento che Lui, il Padrone è venuto a fare un tratto di strada con noi non chiamandoci più servi, ma amici. Il presepe è la rappresentazione della vita quotidiana, fatta di sorrisi e di lacrime, di gioie e di dolori, di volti e di cuori che vanno verso la grotta.

Quelli di una mamma che porta in braccio e per la mano i suoi figli, da sfamare con i viveri presi all’emporio dell’Arbia, da mandare a scuola, vestire; ma anche di quel ragazzino che in un villaggio africano ogni giorno fa cinque chilometri a piedi per trovare qualche tanica d’acqua. Nel nostro presepe non possiamo non mettere le mamme ucraine strappate con i figli al loro paese dalla guerra e anche i giovani pakistani che cercano proprio qui a Siena (e non sappiamo perché) una vita migliore.

Non possono mancare i detenuti di S.Spirito e di S.Gimignano con le loro condanne, uomini che hanno attraversato l’inferno ed ora sono soli con il loro passato e fantasmi troppo ingombranti da far tacere. Che cercano in quella grotta una via per sentirsi ancora liberi, ancora vivi. Che cercano da quel bambino il perdono che nessun altro può dargli. Ma accanto ad essi non possono non esserci gli angeli, quelli che danno da mangiare, da bere, che visitano, lottano per i diritti e la dignità. Quelli che amano.

I volontari che curano le mense, che distribuiscono vestiti, che portano coperte e pane sulle strade delle metropoli come anche alla stazione di Siena, i medici che hanno curato senza sosta i malati di covid, o che curano malati senza diritti…

Ognuno di noi dovrebbe diventare personaggio del presepe. Coscienti di essere in cammino verso la salvezza potremmo affrontare il percorso che porta alla grotta con la forza di chi sa che anche nel dolore Dio è con noi, e con il desiderio di essere in compagnia di quel Dio che si è rivelato nel volto di un bambino, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, per essere fin dal suo primo vagito dalla parte dei più piccoli.
 È un percorso lungo e faticoso quello che porta alla grotta. È un percorso difficile, ma chi lo fa con cuore sincero, quando arriverà ne sarà profondamente cambiato. Auguri di buon Natale a tutti.