Sinodo e “Laudate Deum”: appello alla condivisione

Gaza
Foto dal sito del Movimento Laudato si'

La Chiesa sta vivendo un momento molto importante del pontificato di Francesco. A otto anni dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato si’, Jorge Mario Bergoglio è tornato a condividere le sue preoccupazioni per la cura della nostra casa comune perché “il mondo che ci accoglie si sta sgretolando” e “si sta avvicinando a un punto di rottura“. L’impatto del cambiamento climatico danneggia sempre più la vita di milioni di persone e famiglie. E gli effetti si ripercuotono gravemente sull’umanità “in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate”.

Significativamente l’esortazione apostolica “Laudate Deum” è stata pubblicata nel giorno di San Francesco d’Assisi e rivolge un accorato appello a “tutte le persone di buona volontà “affinché prendano coscienza della crisi climatica. Al tempo stesso l’Ecclesia è impegnata nel Sinodo per il costante aggiornamento pastorale al quale è sempre chiamata. Il “camminare insieme” (senso etimologico e missione della sinodalità) non è, però, privo di incomprensioni proprio come accaduto allo stesso San Francesco nella seconda parte della sua missione, spesso motivo di incomprensione tra i suoi stessi seguaci. Nella vita pubblica, soprattutto quando si prendono decisioni che riguardano la tutela del creato e delle creature, il papa invoca “spazi di conversazione, consultazione, arbitrato, risoluzione dei conflitti, supervisione”. E, in sintesi, una maggiore “democratizzazione” nella sfera globale, per esprimere e includere le diverse situazioni. Altrimenti i diritti dei più forti avranno la meglio “senza occuparsi dei diritti di tutti”. La scelta di una Chiesa povera per i poveri, e in uscita, non è da interpretare come populismo. Francesco cita una immagine che a lui piace molto: il “sentire con la Chiesa” di cui scrive sant’Ignazio nei suoi Esercizi Spirituali. L’immagine della Chiesa che piace a Francesco è quella del santo popolo fedele di Dio. È questa la definizione che usa più spesso ed è poi quella della Lumen Gentium al numero 12.

Quello che traspare dall’esortazione apostolica “Laudate Deum” è come la generosa e lungimirante opera evangelizzatrice di Francesco si presenti umilmente come motivo d’ispirazione fuori e dentro la Chiesa. Dal suo predecessore San Giovanni XXIII, Jorge Mario Bergoglio riceve il mandato del dialogo e dell’inclusione. Il primo papa che non ha partecipato al Concilio Vaticano II si conferma il papa che considera il Concilio stesso come una tappa della vita della Chiesa dalla quale non solo non si torna indietro, ma sulla traccia della quale bisogna andare avanti. Per formare cristianamente le coscienze serve un’incessante e paziente opera di educazione, estesa ai “lontani” e a quanto non conoscono ancora Cristo. L’ecclesiologia di Francesco è quella del Concilio, espressa in modo magisteriale nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium. L’intero pontificato di Francesco è espressione realistica e concreta di come un vescovo possa essere in mezzo al suo popolo. Vescovo e popolo fanno un cammino insieme. Ecco il significato più intimo del Sinodo. Il pastore deve stare dunque vicino alle pecore, avere l’odore delle pecore. Papa Francesco ha chiesto a tutti i componenti dell’episcopato di essere non “piloti”, ma veri “pastori”. Più volte ha fatto appello ad essere “vescovi pastori, non prìncipi”, usando immagini che erano già sue sin da quando reggeva la sua precedente diocesi, quella di Buenos Aires.

Ai padri sinodali il Pontefice ha donato un volume scritto dal gesuita Diego Fares, “Il profumo del pastore”. Padre Fares non è solo uno studioso, ma è persona che frequenta Jorge Mario Bergoglio da quarant’anni. Si è assunto il compito di spiegare al lettore chi sia il vescovo nella visione di Francesco. Ed è lui che, sul tema dei vescovi pastori ha ricordato un episodio illuminante. Bergoglio, da rettore dello scolasticato dei gesuiti in formazione, stava aiutando una pecora a partorire. La pecora aveva rifiutato un agnellino dei tre che aveva partorito. Bergoglio chiese a uno studente di prendere l’agnello in camera sua per allattarlo e custodirlo. Questo giovane gesuita puzzava di odore di pecora e l’agnello lo seguiva per tutta la casa, fino in chiesa e nelle aule. “Se tu la custodisci, la pecora ti segue”, commentò padre Bergoglio. E’ attraverso questa condivisione che il “kerygma” (l’annuncio del Vangelo) diventa vita quotidiana. Solo “camminando insieme” si può diffondere la fede in Gesù Cristo morto e risorto.