Mike Pompeo in Vaticano, dopo l’articolo che ha irritato la Santa Sede

Il Segretario di Stato americano, Michael Pompeo, è atteso a Roma per incontrare rappresentanti del governo italiano. Ma andrà anche in Vaticano. Fino a pochi giorni fa si pensava che avrebbe incontrato Papa Francesco e il cardinal Parolin. Ora sembra certo che non vedrà il Papa e non si sa se incontrerà sia Parolin sia Gallagher o solo quest’ultimo che, formalmente, è il suo omologo.

C’è stata infatti una novità che ha fatto molto rumore. Pompeo ha pubblicato sulla rivista americana “First Things” un articolo pesantemente critico sull’Accordo firmato nel 2018 tra la S. Sede e la Cina, che a suo avviso non deve essere rinnovato perché altrimenti “il Vaticano metterà a rischio la sua autorità morale”. Sui motivi per cui Pompeo ha scritto questo articolo– che contiene anche grossolane forzature –  sono state fatte molte ipotesi. Che l’Amministrazione Trump, impegnata in una nuova “guerra fredda” anticinese, sia contraria al dialogo tra S. Sede e Cina non è una novità. Probabilmente però ha influito anche l’infuocata campagna in corso negli Stati Uniti per le elezioni presidenziali del prossimo novembre. Joe Biden è un cattolico e Trump ha il problema di attirare a sé l’elettorato cattolico più conservatore, sensibile alle ragioni della nuova “guerra fredda”. Qualunque sia la motivazione che ha mosso Mike Pompeo, comunque, resta il fatto che pubblicando quest’articolo, il Segretario di Stato americano ha compiuto una grave interferenza e, secondo qualcuno, un gesto addirittura intimidatorio (anche se tardivamente la diplomazia americana ha precisato che le scelte della S. Sede spettano solo a quest’ultima).

Da questa non è venuta alcuna reazione ufficiale, ma tale silenzio ha evidenziato ancor più l’irricevibilità del messaggio di Mike Pompeo. In Vaticano, l’articolo del Segretario di Stato americano ha irritato ma non turbato: si è proseguito infatti serenamente con la Cina sulla strada intrapresa da tempo. Il dialogo con le autorità cinesi, infatti, è iniziato con Giovanni Paolo II e l’intesa poi approvata nel 2018 è stata messa a punto già durante il pontificato di Benedetto XVI. L’Accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi tra S. Sede e Repubblica popolare cinese sarà rinnovato nei prossimi giorni.

Le ragioni di questo accordo sono chiaramente ecclesiali. E’ stato stipulato per mettere fine alle ordinazioni illegittime di vescovi cattolici, creare la piena unità nella Chiesa cattolica cinese a lungo divisa tra “clandestini” e “patriottici” e permettere a questa Chiesa di trovare un nuovo slancio per evangelizzare questo grande Paese. Proprio le finalità religiose perseguita dalla S. Sede hanno convinto le autorità di Pechino, sempre molto gelose della sovranità cinese, ad accettare un’intesa che contribuisce a migliorare la stabilità interna e la pace sociale. Naturalmente, l’Accordo non risolve tutti i problemi ed è intenzione dei responsabili vaticani continuare a premere perché in Cina le condizioni dei cattolici – e degli altri credenti – migliorino sensibilmente. Ma anche per questo è necessario continuare il dialogo: non rinnovare l’Accordo servirebbe solo a peggiorare – e di molto – tali condizioni.

In questo contesto, la visita di Mike Pompeo in Vaticano avverrà inevitabilmente in tono minore e difficilmente la sua improvvida iniziativa lascerà un segno profondo. Ma si tratta di una novità che fa riflettere. Rappresenta infatti qualcosa che non accadeva più da molto tempo: un intervento politico esplicito da parte di uno Stato per limitare la libertà del Papa e l’indipendenza della S. Sede. Ciò accadeva abitualmente nell’Europa delle grandi potenze e all’inizio del Novecento il veto dall’Imperatore d’Austria impedì l’elezione del card. Rampolla a Sommo Pontefice. Ma, fino a poco tempo fa, tali interferenze sembravano appartenere ad un passato ormai tramontato. Può darsi invece che l’attuale instabilità internazionale le renda di nuovo possibili. Ad esse, la Chiesa può contrapporre solo la sua forza disarmata. La libertà del Papa e l’indipedenza della S. Sede possono contare veramente solo sul sostegno di più di un miliardo di cattolici sparsi in tutti i paesi del mondo. La loro unità assume in questo senso un valore in più: è una responsabilità di cui prendere più coscienza.