Eutanasia: impossibile tacere davanti ad uno scempio culturale e legislativo

Il tempo in cui il Signore ci sta dando da vivere non è peggiore di altre epoche storiche che ci hanno preceduto, ma è caratterizzata da una particolarità, complice la parte negativa e deteriore del processo di globalizzazione: falsi profeti e falsi maestri stanno ordendo una nefasta trama, una vera e propria congiura contro la vita, dal suo nascere al suo tramonto. L’ossessiva quanto irrazionale dilatazione dei cosiddetti “diritti civili” fa sì che “delitti abominevoli” – dall’aborto all’eutanasia – vengano promossi come “beni”, tutelati per legge, in nome di un’umanità divenuta moderna ed adulta, che si scrolla di dosso i “retaggi” valoriali del passato, in particolare del Cristianesimo.

Questa operazione culturale, si spinge fino a proporre un “nuovo umanesimo”, privo di ogni trascendenza, orgogliosamente immanente, che abolendo Dio pone al centro della storia l’uomo, con tutti i suoi capricci, i suoi egoismi, le sue pretese, alla ricerca di una felicità che ogni avverte sempre più lontana, irraggiungibile, allucinatoria e, quindi, insaziabile e fonte di “non senso”.

Come ebbe a dire Friedrich Hoelderlin “Ciò che fa della nostra vita un inferno, è la nostra pretesa di farne un paradiso”. In questo tragico delirio di onnipotenza cade ogni limite, ogni confine, ogni barriera: tutto è lecito, tutto è possibile, tutto è diritto e pretesa. Nel nostro Paese, in particolare, stiamo assistendo ad una drammatica accelerazione di provvedimenti legislativi contrari ai pilastri della società civile, la vita e la famiglia.

Il più elementare dei diritti – se si vuole evitare la barbarie sociale e la dittatura politica – il diritto alla vita, viene conculcato già dal seno materno, e viene cancellato nelle fasi finali del nostro percorso terreno. Aborto ed eutanasia sono le due facce della medesima medaglia, il cui nome è cultura della morte e dello scarto. Non è un caso che, proprio in questi ultimi tempi, quasi non passi giorno che la nostra bella Italia venga annichilita da leggi e proposte di leggi che incrementano questi “abominevoli delitti”, come li ha definiti il Concilio Vaticano II (G.S.51).

La Lettera “Samaritanus Bonus” va letta dentro questo contesto storico. Oltre che essere un prezioso strumento di discernimento – personale e sociale – rappresenta un vero e proprio raggio di luce in mezzo alle tenebre della confusione morale e civile che ogni giorno ci avvolgono, rendendoci tragicamente deboli e vulnerabili. Mentre tutto l’armamentario culturale, informativo, mediatico, educativo, finanziario, commerciale ci dipinge come segni di progresso e di conquista di libertà, inquinando la mente e la coscienza, oggi l’autorevole voce della Chiesa si fa sentire con toni capaci di coniugare forte condanna del male dell’eutanasia, e grande misericordia per le persone vittime di questo indottrinamento.

La saggezza della Chiesa – “esperta in umanità” e illuminata dalla Grazia – da sempre ci ha insegnato a distinguere fra “peccato” e “peccatore”: condanna rigorosa e forte contrasto del primo, infinita misericordia per il secondo. Le “strutture di peccato”, strumenti di questa ateizzazione programmata della società, che “oscurano il valore sacro di ogni vita umana”, vanno affrontate e combattute proprio in nome del bene di chi ne cade vittima.

L’immagine del samaritano, sapientemente assunta da questa lettera, è più chiara di ogni parola. Sono molteplici gli aspetti che sarebbe utilissimo esporre e commentare, contenuti in questa Lettera, assolutamente precisa ed esaustiva in tema di eutanasia, suicidio assistito, obiezione di coscienza, ruolo del cristiano nel mondo, in perfetta continuità, armonia e coerenza con tutto il magistero che l’ha preceduta. Dal Concilio Vaticano II, alla Lettera “Iura et Bona” del 1986, alla Evangelium Nuntiandi di S. Giovanni Paolo II. Per evidenti limiti di spazio, dobbiamo limitarci ad una semplice enunciazione degli aspetti fondamentali, lasciando a ciascuno di noi il doveroso compito di studiare e far proprie le linee di indirizzo che il testo propone. Dunque, poche righe ma con il massimo sforzo di chiarezza:

  • “la Chiesa ritiene di dover ribadire come insegnamento definitivo che l’eutanasia è un crimine contro la vita umana … è un atto intrinsecamente malvagio in qualsiasi occasione o circostanza .. è una grave violazione della legge di Dio;
  • “Qualsiasi cooperazione formale o materiale immediata ad un tale atto è un peccato grave contro la vita umana
  • “Il rispetto della vita dell’altro è lo stesso che si deve alla propria esistenza … una persona che sceglie in piena libertà di togliersi la vita rompe la sua relazione con Dio e con gli altri e nega sé stessa come soggetto morale”
  • Aiutare il suicida è un’indebita collaborazione ad un atto illecito … la natura dell’atto omicida rimane sempre inammissibile”
  • “Dinnanzi a leggi che legittimano l’eutanasia o il suicidio assistito si deve sempre negare qualsiasi collaborazione formale o materiale immediata … Non esiste il diritto al suicidio né all’eutanasia … Questa cooperazione non può mai essere giustificata, né invocando il rispetto della libertà altrui, né facendo leva sul fatto che la legge civile la prevede … è una responsabilità morale a cui nessuno può mai sottrarsi e sulla quale ciascuno sarà giudicato da Dio stesso ”
  • “E’ necessario che gli Stati riconoscano l’obiezione di coscienza in campo medico e sanitario … dove questa non fosse riconosciuta, si può arrivare alla situazione di dover disubbidire alla legge, per non aggiungere ingiustizia ad ingiustizia … “

Risulta fortissimo l’eco delle parole di San Giovanni Paolo II: “Nessuna circostanza, nessuna finalità, nessuna legge al mondo potrà mai rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito, perché contrario alla legge di Dio, scritta nel cuore dell’uomo, riconoscibile dalla ragione stessa, e proclamata dalla Chiesa” (EV. 62).

Il silenzio di fronte a questo scempio culturale e legislativo sarebbe colpevole tanto quanto i delitti che si vogliono legittimare come diritti. Questa Lettera ha l’enorme valore non tanto della novità – perché come detto non fa che riprendere e ribadire tutti i principi propri del patrimonio della Tradizione e del Magistero della Chiesa –  quanto di essere, oggi, nel nostro mondo e nella nostra Italia, “fiamma che arde” per evitare ad ogni uomo di cadere nella trappola dell’errore.

Dopo questa “luce”, noi cristiani in particolare, non abbiamo più alibi: dobbiamo scegliere da che parte stare. Se piacere al mondo, come figli delle tenebre, o “non conformarci alla mentalità di questo secolo”, accogliendo con responsabilità l’invito “i laici, secondo la misura dei loro talenti e della loro formazione dottrinale, e seguendo il pensiero della Chiesa, adempiano con diligenza la parte loro spettante nel difendere e rettamente applicare i principi cristiani ai problemi attuali … con animo generoso … animando e perfezionando con lo spirito cristiano l’ordine delle realtà temporali … cercando di piacere  più a Dio che agli uomini, sempre pronti a lasciare tutto per Cristo e a soffrire persecuzione per la Giustizia” (Apostolicam Actuositatem, 6). Anche quando si tratta di seggi in Parlamento o di prestigiose cariche di partito.