Non c’è democrazia senza responsabilità e partecipazione

L’impegno e le scelte dei cristiani nel mondo derivano dal mistero dell’Incarnazione, in cui l’umano e il divino sono uniti senza essere confusi e senza essere separati. Questo significa evitare due pericoli: da un lato la divisione che porta al laicismo, dall’altra parte la confusione tra fede e politica, che porta all’integrismo. Nel 1948 i vescovi italiani imposero ai cattolici l’obbligo di andare a votare, perché si trattava di difendere dei principi fondamentali, come quello della libertà, in particolare della libertà di culto e quindi della libertà della Chiesa. Poi dopo è venuta tutta la storia del partito della Democrazia Cristiana che in verità anche se era votato dalla maggior parte dei cattolici, non era il partito dell’unita politica dei cattolici. I cattolici già in quegli anni votavano per vari partiti, dal Partito liberale al Partito comunista e queste persone erano tuttavia convinte di essere cristiani all’interno di quei partiti ove militavano.

Benedetto XVI affermava che la politica è un compromesso nobile, cioè la politica deve cercare un accordo però c’è un compromesso a basso livello: quello di dire io ti dò qualcosa e tu cosa mi dai e in questo caso la morale non c’entra e c’è il compromesso nobile: io che devo guardare al bene comune di tutta la comunità per governare devo cercare un compromesso nobile perché la cosa funzioni. Quando pensiamo alla Dottrina sociale della Chiesa non dobbiamo pensare a qualcosa di statico, ma a qualcosa di dinamico che deve essere interpretato secondo i tempi e dentro la realtà. Tra i principi centrali della Dottrina sociale della Chiesa c’è la centralità della persona, creata a immagine e somiglianza di Dio.

Questa affermazione è importante perché il concetto di persona è maturato nel cristianesimo. Chi promette il paradiso in terra prende in giro. Chi lo ha fatto, come il regime sovietico dell’URSS, ha realizzato l’inferno. Quindi la politica ha dei limiti, non può dare la felicità piena. Su questo il pensiero cattolico è sempre intervenuto, la politica deve avere i suoi limiti e si realizza attraverso la democrazia. Se manca il dialogo, manca tutto. Don Luigi Sturzo da sindaco, prima di approvare il bilancio lo andava a discutere nei circoli di Caltagirone. Esistono storicamente vari modi di avvicinarsi alla politica. I partiti di ispirazione cristiana che ormai di fatto non esistono più anche se qualcuno ne conserva il nome. Ed è proprio questo ciò che ha fatto fallire la Democrazia Cristiana, quando cioè la gente ha compreso che non c’era più alcuna corrispondenza tra i valori cristiani e i contenuti del programma del partito. Bisogna ricordare le battaglie per i referendum su divorzio e aborto, sui quali la DC si impegnò poco. Ricordo personalmente di avere partecipato ad un dibattito sul divorzio in cui tranne alcuni di movimenti ecclesiali, i dirigenti del partito erano già rassegnati alla svolta che era in atto.

Oggi domina una concezione pragmatistica, di stile anglosassone, cioè: alla fine si sceglie di votare un partito o un altro secondo ciò che è più utile. Ma ormai partiti fondati su valori forti, che poi vengono applicati, non c’è ne sono. Sono partiti fondati sul trasformismo, militanti che passano da un partito all’altro perché il valore non esiste più, vale ciò che mi serve, che mi è utile.

C’è poi il moralismo. Secondo questa impostazione l’impegno politico è una cosa sporca da far fare solo agli sporcaccioni e quindi i cattolici devono limitarsi all’impegno religioso. Quindi l’impegno è riservato all’aspetto religioso: alcuni esempi si trovano in America Latina. Queste posizioni sono spesso sostenute dai governi perché ad essi fa comodo che gli aderenti si limitino a pregare evitando di giudicare la realtà. A tal proposito si può ricordare l’espressione che il cardinale gesuita Jean Daniélou che ha voluto mettere nel titolo di un libretto uscito a metà degli anni Sessanta: “L’orazione, problema politico”. Questa impostazione porta anche tanti cattolici a non votare. In questo modo si aiutano gli altri a fare ciò che vogliono. Come sottolineava don Sturzo: “Se i cristiani, invece di cooperare, si tengono in disparte per paura della politica allora partecipano direttamente o indirettamente alla corruzione della vita pubblica, mancano negativamente o positivamente al loro dovere di carità, e in certi casi di giustizia”.