Maria, la donna da sempre pensata e sognata da Dio

Foto di José Manuel de Laá da Pixabay

“Nata da un pensiero d’amore e da un sogno di bellezza”. Il verso dedicato da Pascoli a Pienza mi sembra ancor più vero pensando a Maria, l’Immacolata, la donna da sempre pensata e sognata da Dio!

Il dogma, proclamato da Pio IX nel 1854, esprime con chiarezza il mistero: in Maria, fin dal concepimento, non c’è macchia di peccato; è Lei il grembo da sempre sognato per generare il Figlio, “nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5).

Ma vorrei, in questo breve pensiero di meditazione, guardare a noi, guardando Maria. Perchè anche noi siamo nati dal sogno e dal pensiero di Dio! Con le parole del salmista: “Signore, sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda, meravigliose sono le tue opere, le riconosce pienamente l’anima mia” (sal 139,13-14).

Ciò che in modo insuperabile è accaduto in Maria, accade – pur nella distanza insuperabile – in ciascuno di noi: la luce d’amore che è Dio ha preceduto Maria e l’ha preservata per pura grazia dall’oscurità del peccato; ma anche noi siamo preceduti da un Amore: “tu ci hai amati per primo, o Dio…Continuamente, di giorno in giorno, per la vita intera, tu ci ami per primo” (Kierkegaard). Dio è colui che sempre precede: questa la bella notizia della festa di oggi, che anche Papa Francesco spesso ci ricorda!

L’amore di Dio crea in Maria (e anche in noi!) uno spazio di accoglienza, e chiede a Lei (e ancor più a noi, fragili come siamo!) di custodire questo spazio. Lo aveva capito Zaccheo che, incontrato da Gesù, si decide, finalmente, a fare spazio: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto” (Lc 19,8).

Perchè Maria, la Tutta Pura, è chiamata a diventare Madre, e anche in questo ci indica la strada: l’ho intuito più di quarant’anni fa, quando ascoltai per la prima volta una parola di Sant’Ambrogio che mi ha segnato in profondità: “Ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere”. Che bello!

Con le parole piene di verità di Pasternak, nel Dottor Zivago: “Mi è sempre sembrato che ogni concepimento sia immacolato, e che nel dogma su quello della Madre di Dio si esprima l’idea universale della maternità. In ogni donna che genera si trova lo stesso di solitudine, di distacco, di abbandono a se stessa…La donna è sola a mettere al mondo la propria creatura, sola con lei si ritira su un altro piano di esistenza, dove c’è più silenzio e si può tenere senza paura una culla… Il suo Dio è nel bambino”.

Scrivendo queste parole, porto però in cuore la tragedia dei bambini e delle madri di Gaza e dei kibbutz, e le notizie – che schiacciano il cuore! – dei femminicidi nel nostro Paese. E penso anche alla nostra Chiesa, che finalmente riconosce con chiarezza, in questo tempo sinodale, che, “nelle molteplici forme in cui si realizza, l’alleanza tra l’uomo e la donna è al cuore del progetto di Dio per la creazione” (dalla Relazione di sintesi della Prima sessione del Sinodo dei Vescovi, al n. 9).

Riscoprire, anche come Chiesa, l’ordine simbolico materno significherà allora ritrovare concretezza, e capacità di generare alla fede e alla vita. Perchè “parlare in lingua materna significa pretendere che nelle parole ci siano almeno un po’ le cose, credere che il sentire sia degno di espressione e aspettarsi dagli altri il bene” (Lucia Vantini).

Celebrare l’Immacolata diventa allora qualcosa di molto concreto e attuale, che porta in sé il germe del futuro.