Le contraddizioni della politica

Garantisti o colpevolisti: il bivio quando si parla di inchieste è sempre lo stesso, e l’Italia si spacca inevitabilmente nei due diversi punti di vista. Ma quando ad essere indagato è un parlamentare, si aggiunge un terzo elemento: l’opportunità politica, intendendo con essa non solo il possibile coinvolgimento del partito di riferimento in termini di immagine, ma la stessa fiducia alla base del rapporto tra eletto ed elettore. Come può – ci si domanda – un politico esercitare a pieno il proprio mandato se sulla sua condotta morale gravano delle ombre? Con quale serenità può legiferare? E come si fa ad essere sicuri che non abbia interesse a far passare questa o quella norma?

E’ una vecchia storia, più volte evocata quando al governo c’era Berlusconi, contro il quale sono stati censiti dall’opposizione almeno 37 provvedimenti cosiddetti “ad personam”; ma il Cavaliere – nel frattempo – non ha mai pensato neanche un attimo a dimettersi perché indagato. Ovviamente il centrosinistra gridava al complotto, ed è proprio per questo che la frase choc di Renzi pronunciata ieri – “Ho sempre detto che non ci si dimette per un avviso di garanzia. Per me un cittadino è innocente finché la sentenza non passa in giudicato. Del resto, è scritto nella Costituzione” – sa tanto di ritorno a ciò che la cultura popolare definiva “il teatrino della politica”.

Perché se è vero che si è gridato allo scandalo quando personaggi del centrodestra restavano incollati alla poltrona nonostante le inchieste di cui erano oggetto, è altresì vero che il garantismo del centrosinistra rispetto ai quattro esponenti del governo (erano 5, ma Lupi nel frattempo si è dimesso) sotto indagine per peculato o per abuso d’ufficio, risulta davvero difficile da digerire. Non per gli uomini e le donne coinvolti – innocenti fino a prova contraria e sentenza definitiva – ma per la funzione che ricoprono.

Sarà per il fatto che sono circa cento i parlamentari condannati, imputati, indagati e prescritti che siedono tra Montecitorio e Palazzo Madama, ma l’incoerenza su questo tema regna sovrana: forcaioli contro l’avversario, ipergarantisti verso i propri amici di partito o sodali. Per anni siamo stati abituati ad assistere a finti litigi, prese di posizioni aspre al punto da essere considerate irrimediabili e successive repentine retromarce; una recita a soggetto, nulla di più, che ha progressivamente allontanato le persone dalle urne.

Eppure, una volta, il “teatrino” veniva almeno aperto solo per i grandi eventi, per gli spettacoli – diciamo così – di gala; oggi, al contrario, il sipario è alzato tutti i giorni dalla mattina alla sera, e va in scena un varietà – senza soluzione di continuità – ad uso e consumo esclusivo dei media (che amplificando solo questo tipo di informazione danno all’estero un’immagine dell’Italia che è ben poca cosa).

Chi paga il biglietto di questo triste spettacolo? I cittadini, naturalmente, e “salato” anche. Inchiodati in una legge elettorale che non consente loro di nominare un proprio parlamentare di riferimento, frastornati da governi che si sono succeduti senza essere stati votati e mancando di una vera maggioranza o un’opposizione riconoscibile, schiacciati dal peso di una crisi che non dà la possibilità di pensare.