Incendi che devastano il mondo: non dimentichiamo le emergenze secondarie

Foto di Matt Palmer su Unsplash

Gli incendi hanno distrutto decine di ettari di boschi in Sicilia. Ora le fiamme stanno bruciando in Sardegna. Ma non è solo l’Italia ad essere compita da questi eventi estremi: negli USA, in Canada, in Francia, in Spagna, in Algeria, in Tunisia e in Portogallo ampie aree sono devastate da fuochi incontrollabili (per una visione in tempo reale degli incendi più gravi è possibile consultare il sito dell’ESA ESA – Riaperto il nuovo catalogo mondiale degli incendi). In Portogallo, l’Istituto portoghese del mare e dell’atmosfera ha esteso a Lisbona e Setúbal l’allerta rossa per possibili incendi che era già stata lanciata per i distretti di Castelo Branco, Santarém, Évora e Portalegre. Un migliaio di vigili del fuoco sono entrati in azione nei dintorni di Odemira, Mangualde e Ourém. Sito, quest’ultimo non lontano da Fatima, dove solo pochi giorni fa, un altro incendio aveva coperto il cielo di una nube nera durante la visita di Papa Francesco in occasione della Giornata mondiale della Gioventù. Ora, altri incendi si sono sviluppati vicino Lisbona e in altre zone importanti. Siti spesso importanti anche dal punto di vista turistico. Ma incapaci di far fronte a simili emergenze.

Ogni volta, si registrano condizioni meteo avverse analoghe: temperature particolarmente elevate, forti venti e lunghi periodi di siccità che hanno favorito il diffondersi degli incendi qualunque sia stata la loro origine (naturale o dolosa). E ogni volta, i danni causati sono tremendi. In Sardegna, le fiamme hanno distrutto vaste zone residenziali: centinaia le famiglie che hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni. In Sicilia, è appena iniziata la conta dei danni.

In Grecia, gli incendi divampati sull’isola di Rodi hanno costretto i turisti a fuggire precipitosamente. Per cercare di ridurre almeno il danno d’immagine, il governo centrale ha offerto ai malcapitati nuove vacanze a costo zero. Ma solo dopo che gli incendi saranno stati spenti. (E per le popolazioni locali?)

Il punto è proprio questo: cosa troveranno i turisti dopo che le fiamme hanno trasformato tutto in cenere? Terra bruciata e arida. Come a Segesta, uno dei maggiori siti turistici siciliani con un ampio teatro greco (dove ogni estate si tengono rappresentazioni importanti) e un tempio meraviglioso. Pochi giorni fa, le fiamme hanno bruciato tutto ciò che li circondava. Ogni volta che si verifica uno di questi eventi estremi, il pensiero va all’emergenza primaria: a fuggire dalle fiamme. Esistono, però, altre emergenze, dette secondarie, ma non meno importanti, anzi: quelle che si verificano dopo che gli eventi calamitosi sono terminati. Edifici, strutture, aree comuni, infrastrutture danneggiate. Servizi idrici e reti elettriche e di telecomunicazioni interrotte. Per non parlare dei danni causati a edifici pubblici come scuole e ospedali. O alle foreste ridotte in cenere. Il Sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi (EFFIS, European Forest Fire Information System) ha detto che da gennaio al 29 luglio 2023, più di 234.516 ettari di terreno sono stati bruciati in tutta l’Unione Europea. EFFIS – Portale Statistiche (europa.eu)  A volte, i danni sembrano lievi e recuperabili in tempi ragionevoli (sebbene con costi che le autorità locali raramente sono in grado di sostenere). Altre volte, per riportare tutto alla normalità, sono necessari anni se non addirittura decenni. Per non parlare dei danni psicologici e sociali sulle persone. Specie sui più deboli: anziani e bambini.

I cambiamenti climatici in atto renderanno gli eventi estremi (non solo gli incendi ma anche terremoti, tsunami, uragani, inondazioni e altri) sempre più frequenti. Ecco, quindi, che appare fondamentale imparare ad essere più “resilienti” (per usare un termine oggi di moda) alle emergenze. Cosa fare per ridurre i danni in caso di una emergenza. Uno sforzo non indifferente che le Nazioni Unite e, in particolare, la loro agenzia specializzata in emergenze UNDRR compiono da anni. Ma senza ricevere la risposta sperata da parte delle autorità locali e nazionali. La risposta ai loro inviti è maledettamente insufficiente: basti pensare che al programma dell’UNDRR per rendere le città “resilienti” finora hanno aderito solo 1.576 città. Non in Italia. E nemmeno in Europa. In tutto il mondo. Una percentuale ridicola che copre una popolazione inferiore al mezzo miliardo di abitanti. E gli altri? Chi pensa a mettere in sicurezza gli altri miliardi e miliardi di persone? E a rendere resilienti le città in cui vivono? E chi pensa alle categorie più a rischio: durante gli incendi che hanno colpito la Sicilia e, in particolare, Palermo, sono morte alcune persone anziane che non sono riuscite mettersi in salvo.

Inutile prendersi in giro: eventi estremi come quelli che stanno colpendo ogni parte del pianeta saranno sempre più frequenti. Number of wildfires to rise by 50% by 2100 and governments are not prepared, experts warn (unep.org) Rendere i più deboli più “resilienti” è basilare. Se ne parlerà a Siracusa, durante i lavori del XIV Convegno di Sociologia dell’Ambiente che si svolgerà dal 14 al 16 Settembre, e che è patrocinato, tra gli altri, dalla Commissione Nazionale Italiana dell’UNESCO. In quella occasione, la Scuola Nazionale di Educazione Ambientale di Movimento Azzurro presenterà un report dal titolo “Resilienza dei minori alle emergenze secondarie”. Deadline extended _ XIV Convegno di Sociologia dell’ambiente.pdf – Google Drive Problemi noti. A volte risolvibili con sforzi, tutto sommato, limitati. Ma che, spesso, vedono le autorità restie a realizzarli. Anche dopo che si sono verificati eventi estremi come gli incendi che stanno devastando tante zone del pianeta. E dell’Italia.